18 ottobre, 2017
Chung esalta Weber alla Scala
10 ottobre, 2017
I tiratori tornano alla Scala

Quanto alla forma, l’opera è un classico Singspiel, con numeri musicali alternati a parlati, tipo Serraglio o Flauto o Fidelio, ecco. E quindi si ripropone il solito dilemma: quanto tagliare di ciò che non suona? Staremo a sentire (a proposito: Radio3 trasmette in diretta venerdi 13).

Le note riquadrate in rosso coprono un intervallo di nona (da dominante a sesta) con ricaduta sulla dominante: una cellula di una bellezza davvero sbudellante. E riappaiono più volte, nello strumento e nella voce, nel corso della cavatina.
Andando a ritroso al primo atto, ecco che ritroviamo quelle cinque note (tonalità a parte) a costituire l’incipit del Walzer, n°3, come certificato di seguito:

Certo, mentre con Agathe eravamo in un sognante adagio, qui manca ogni indicazione agogica, così il walzer può essere attaccato con diverso piglio: abbastanza letargico per essere abbordabile da due solerti bambinette allieve di pianoforte nel Baden-Württemberg; oppure come un comodo Ländler dal compaesano Rafael Kubelik; o anche come una rincorsa di bersaglieri (toh!) dietro un indiavolato Carlos Kleiber! Sentiremo poi Chung...
Ma non finisce qui, perchè, con tempo ancora più lesto (Molto vivace) quella cellula era apparsa ancor prima, proprio alla fine del primo coro Victoria, Victoria! (qui Sinopoli a 59”):

Sì, va bene, qui la terzina iniziale è sull’arpeggio di dominante e non di tonica... ma di fatto è la stessa cellula (che appena dopo viene precisamente replicata) degli altri due riferimenti.
Un discorso a parte merita l’Ouverture, che è una mirabile sintesi del cuore filosofico dell’opera, la lotta fra il bene e il male, che abitano l’animo umano nello scenario della natura, a sua volta splendente o minacciosa. Seguiamola dalla bacchetta del grande Giulini (che diresse l’opera alla Scala nel lontano 1955) qui con la New Philharmonia nel 1970.
Insomma, la grande musica c’è, quindi ci sono tutte le premesse per potersi godere anche un dignitoso spettacolo.
24 marzo, 2009
In viaggio col cacciatore...
Giorni fa, dovendo fare una trasferta giornaliera di 300Km (all’andata neh, + altrettanti per tornare a casa) ho scelto, come al solito, un CD da infilare nel player per aggiungere un po’ di dilettevole all’utile. La scelta, quel giorno, è caduta su Der Freischütz, due ore e poco più (con tale Birgit Nilsson, non so se mi spiego...)
Di passaggio: chi - non so chi, lo ammetto - ha tradotto in italiano il titolo con “Il franco cacciatore” doveva essere un raffinato davvero. Escluso che franco stia per “francese”, ma nemmeno per “francone” (chè la vicenda si svolge in Boemia) nè certo per “schietto”, o “sincero” (Max non pare proprio un tipo così irreprensibile) nè si può proprio concludere che significhi “bravo”, “preciso”. In realtà è franco nel senso di libero (non incarcerato!) E poi cacciatore non è certo la traduzione letterale di Schütz, che sta per “tiratore” (di doppietta).
Ma non è del titolo che voglio parlare, bensì della musica, natürlisch! Anzi, di un piccolo, quasi microscopico particolare della partitura weberiana.
Allora, ascolto purtroppo con una certa superficialità - bisogna prima di tutto guidare, anzi... frenare, per evitare i postumi rimbrotti del tutor - e così arrivo al terzo atto, e a quella celestiale aria di Agathe “Und ob die Wolke sie verhülle“, introdotta e poi accompagnata dalla calda melodia del violoncello. Ecco qui:
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Le note riquadrate in rosso coprono un intervallo di nona (da dominante a sesta) una cellula di una bellezza davvero sbudellante. E riappaiono più volte, nello strumento e nella voce, nel corso della cavatina.
Chissà perchè, mi ricordano qualcosa, ma al momento non riesco a far mente locale (devo anche badare al tutor, accipicchia!) Così alla sera, tornando a casa (i tutor sono già a nanna... almeno stando ai board, che si limitano a suggerire soste con sconto-caffè) ascolto più attentamente e cosa ti scopro? Che quelle cinque note costituiscono anche l’incipit del walzer, n°3 del primo atto! Come certificato di seguito:
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Certo, mentre con Agathe eravamo in un sognante adagio, qui siamo in un comodo andante, ma la materia prima è proprio la stessa (tonalità a parte).
Ma non finisce qui, perchè adesso mi rendo conto che, con tempo ancora più lesto (“Molto vivace”) quella cellula era apparsa ancor prima, proprio alla fine del primo coro “Victoria, Victoria!”:
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Sì, va bene, qui la terzina iniziale è sull’arpeggio di dominante e non di tonica... ma di fatto è la stessa cellula (che difatti appena dopo viene precisamente replicata) degli altri due riferimenti.
Insomma: non è certamente un leit-motiv, almeno in senso stretto wagneriano. Ma è pur sempre un segno, una traccia, quasi un’impronta che ricompare in momenti e contesti diversi e con diversi accenti: un piccolo “tema con variazioni” nascosto fra le pieghe di questo capolavoro.
(oh, ma i tutor erano davvero a nanna? ...dico: in caso, i punti vanno decurtati a Carl Maria, chiaro vero?!)
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