intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

24 marzo, 2009

In viaggio col cacciatore...

Giorni fa, dovendo fare una trasferta giornaliera di 300Km (all’andata neh, + altrettanti per tornare a casa) ho scelto, come al solito, un CD da infilare nel player per aggiungere un po’ di dilettevole all’utile. La scelta, quel giorno, è caduta su Der Freischütz, due ore e poco più (con tale Birgit Nilsson, non so se mi spiego...)

Di passaggio: chi - non so chi, lo ammetto - ha tradotto in italiano il titolo con “Il franco cacciatore” doveva essere un raffinato davvero. Escluso che franco stia per “francese”, ma nemmeno per “francone” (chè la vicenda si svolge in Boemia) nè certo per “schietto”, o “sincero” (Max non pare proprio un tipo così irreprensibile) nè si può proprio concludere che significhi “bravo”, “preciso”. In realtà è franco nel senso di libero (non incarcerato!) E poi cacciatore non è certo la traduzione letterale di Schütz, che sta per “tiratore” (di doppietta).

Ma non è del titolo che voglio parlare, bensì della musica, natürlisch! Anzi, di un piccolo, quasi microscopico particolare della partitura weberiana.

Allora, ascolto purtroppo con una certa superficialità - bisogna prima di tutto guidare, anzi... frenare, per evitare i postumi rimbrotti del tutor - e così arrivo al terzo atto, e a quella celestiale aria di Agathe “Und ob die Wolke sie verhülle“, introdotta e poi accompagnata dalla calda melodia del violoncello. Ecco qui:

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Le note riquadrate in rosso coprono un intervallo di nona (da dominante a sesta) una cellula di una bellezza davvero sbudellante. E riappaiono più volte, nello strumento e nella voce, nel corso della cavatina.

Chissà perchè, mi ricordano qualcosa, ma al momento non riesco a far mente locale (devo anche badare al tutor, accipicchia!) Così alla sera, tornando a casa (i tutor sono già a nanna... almeno stando ai board, che si limitano a suggerire soste con sconto-caffè) ascolto più attentamente e cosa ti scopro? Che quelle cinque note costituiscono anche l’incipit del walzer, n°3 del primo atto! Come certificato di seguito:
















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Certo, mentre con Agathe eravamo in un sognante adagio, qui siamo in un comodo andante, ma la materia prima è proprio la stessa (tonalità a parte).

Ma non finisce qui, perchè adesso mi rendo conto che, con tempo ancora più lesto (“Molto vivace”) quella cellula era apparsa ancor prima, proprio alla fine del primo coro “Victoria, Victoria!”:


















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Sì, va bene, qui la terzina iniziale è sull’arpeggio di dominante e non di tonica... ma di fatto è la stessa cellula (che difatti appena dopo viene precisamente replicata) degli altri due riferimenti.

Insomma: non è certamente un leit-motiv, almeno in senso stretto wagneriano. Ma è pur sempre un segno, una traccia, quasi un’impronta che ricompare in momenti e contesti diversi e con diversi accenti: un piccolo “tema con variazioni” nascosto fra le pieghe di questo capolavoro.

(oh, ma i tutor erano davvero a nanna? ...dico: in caso, i punti vanno decurtati a Carl Maria, chiaro vero?!)
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5 commenti:

mozart2006 ha detto...

Sí,la traduzione del titolo oggi suona un po´ridicola,allo stesso modo del Crepuscolo degli Dei,letterariamente piú corretta ma che sa di arcaico...Io comunque adoro quest´opera,e vado sempre con piacere a rivedermela qui a Stoccarda,dove ce n´é un bell´allestimento in repertorio da anni.E che ne pensi di Euryanthe?Per me,é di pari livello.
Ciao

daland ha detto...

Considero Euryanthe - di cui si suona praticamente solo l'ouverture - musicalmente "più avanti" del Freischütz (wagnerianamente parlando). Forse la debolezza del libretto l'ha relegata in seconda fila (Oberon ha fatto la stessa fine).

A presto!

gabacca ha detto...

Il Freischutz è l'unico dei massimi titoli diretti da Carlos Kleiber che non abbiamo avuto alla Scala. Mi accontento del suo disco... Alla Scala ci hanno propinato Fourniller... Per l'Oberon se non sbaglio ci fu Osawa e la regia di Ronconi.
L'Euryanthe confesso che non la conosco per intero e dal vivo.
Sarebbe ora che la mettessero in cartellone, se non altro per l'influenza che esercitò sulla drammaturgia del Lohengrin, sicuramente maggiore di quella del Freischutz, che Wagner ammirò a Dresda da bambino. Il vecchio Sawallisch ci fece ascoltare in concerto l'Ouverture (e non era certo il Weber di Kavakos, imprudentemente messosi a confronto nell'Ouverture dell'Oberon con Fabio Luisi e la Staatskapelle Dresden).
Bisogna riconoscere che almeno una volta all'anno Lissner mette un titolo raro e interessante in programma (quest'anno il Sogno di Britten e il Caso Makropoulos nell'ambito del ciclo Janacek, oltre ai due titoli barocchi).
Chissà se verrà anche il turno di Euryanthe, in lista d'attesa con il Moses und Aron, Le Grand Macabre e tanti altri, che meriterebbero sicuramente di più del 1984 di Maazel.

Marco ha detto...

Ringrazio sia Mozart 2006 che Gabriele Baccalini per la loro perorazione in favore di Euryanthe. E' un'opera che mi sta terribilmente a cuore e di cui deploro l'ingiusto oblio, la cui causa in genere viene vista nella debolezza del libretto. Ora, questo può essere vero, ma soltanto in parte. Testi confusi,rapsodici e privi di autentica presa teatrale non hanno impedito ad alcuni capolavori di passare indenni il vaglio del tempo. Basta pensare alla Forza del destino, ai Vespri Siciliani, allo stesso Trovatore, anche se in quest'ultimo caso la forza brada delle situazioni, considerate in sé e per sé e nel loro carattere estremo, è sufficiente a scatenare l'inventiva torrenziale del Verdi maturo. Quest'ultima poi dà senso alla successione dei quadri ed impone loro la logica ferrea dell'esaltazione eroica e sentimentale. Nulla di tutto questo accade in Euryanthe. Ma, a mio parere,le colpe del libretto si limitano a non rimarcare in maniera sufficiente i contrasti che stanno alla base dell'evolversi della vicenda. E forse si può parlare di colpe solo assumendo il punto di vista verdiano al tempo della trilogia romantica, un punto di vista al cui interno prendono corpo la lotta delle passioni generose e la loro idealizzazione come archetipo di un personaggio. Il libretto della Von Chézy invece stende sull'intera vicenda un velo di uniforme tristezza, causata da quella stessa inverosimiglianza che nel Trovatore al contrario dà luogo allo scontro delle posizioni e alla loro stagliata nettezza. Euryanthe è innocente di quanto le si imputa ma non capisce; Adolar la ama ma gli basta poco per crederla colpevole. La bontà dei personaggi positivi è flebile, insicura, piena di rimorsi e di pensieri segreti. D'altra parte i due cattivi Lysiart ed Eglantine (in loro è anche troppo facile riconoscere i progenitori di Telramund ed Ortrud)sono mossi da una sorta di infermità psicologica. Amano l'uno Euryanthe, l'altra Adolar; ma il loro amore è troppo forte per sublimarsi nella rinuncia e troppo debole per affrontare l'oggetto del desiderio e tentare di portarlo a sé. Scelgono la soluzione più facile, la vendetta; decidono di amarsi, ma il loro amore ha un oggetto sbagliato e non riesce a non guardare di straforo a quello che è il suo vero oggetto.La musica di Weber, veramente "durchkomponiert" e quindi ignara del parlato,segue nei meandri più nascosti il pallore della vicenda e dà un'idea esatta della malattia operante in chi agisce. Di qui la sua sconcertante modernità e, significativamente, la sua perenne inattualità, fondata su di una musica che esprime mirabilmente le fratture dell'anima, facendosi tortuosa e sfaccettata essa stessa. Un Wagner prima di Wagner e, proprio per questo, tanto più difficile da capire. "Opera eroica" fu detta dallo stesso Weber. Raramente però si vide opera così poco eroica e così attenta al significato del dettaglio infinitesimo. Lo stesso Weber dunque contribuì a gettare la composizione nelle braccia di un fraintendimento che dura ancora oggi. Ma forse ciò che ho detto non è che l'eco della violenta emozione suscitatami da una meravigliosa esecuzione dell'Euryanthe alla Semperoper di Dresda giovedì della settimana scorsa.
Marco Ninci

daland ha detto...

Grazie a Marco Ninci per l’appassionata e acuta analisi dell’Euryanthe!

Lo invidio parecchio per aver assistito alla recente rappresentazione a Dresda.

A proposito della quale avrei un paio di curiosità da esprimere: in generale sulla regia (tipica trasposizione della vicenda un millennio in avanti) e in particolare sul suicidio di Lysiart - ne leggo nella sinopsi pubblicata sul sito della Semperoper - laddove il libretto prevede che venga, meno cruentemente, trascinato via dagli armigeri del Re.