Felice davvero il ritorno al Piermarini -
dopo 30 anni - de La
rondine, accolta con gran calore da un pubblico abbastanza folto e partecipe:
un meritato riconoscimento per quest’opera troppo a lungo snobbata e guardata
con sufficienza, ma da qualche anno tornata alla ribalta di molti teatri,
italiani e non.
Riccardo Chailly non ha voluto
smentire la fama di venditore-di-primizie (riguardo i contenuti di
questa produzione) potendo avvalersi in prima assoluta della nuova edizione
critica (ancora fresca di stampa) di Ditlev Rindom (per Ricordi,
tornato così a prevalere per questo titolo sullo storico rivale Sonzogno…)
Si tratta di questioni (solo apparentemente?) di discussione fra addetti-ai-lavori,
ma che in realtà testimoniano della serietà dell’approccio del responsabile musicale
di questa proposta scaligera.
Giusto per citare un dettaglio che
differenzia ciò
che si è visto e sentito ieri da quanto si ascolta nelle diverse
registrazioni disponibili, citerò la seconda strofa dell’aria di
Doretta (Prunier, Atto I) che non si trova nell’edizione relativa alla prima
di Montecarlo (1917): dunque, il poeta ha raccontato del rifiuto della
piccola Doretta alle avances del RE (che le promette ricchezze ed onori!)
e qui la storia termina, nelle tradizionali esecuzioni. Nella versione
presentata ieri (antecedente alla prima monegasca) Prunier canta una
seconda strofa, dove è un umile vicino di casa di Doretta a chiederla in sposa,
promettendole un futuro di moglie e madre, ma ottenendo la stessa risposta
negativa: così come la ricchezza, neanche la prospettiva del tranquillo
focolare domestico basta a dare la felicità! Insieme
alla successiva riesposizione di Magda (Doretta si innamora perdutamente dello
studente che l’ha baciata) è proprio il distillato quasi nichilista del
soggetto dell’opera: Magda non trova la felicità né nel lusso/ricchezza/status,
né poi nella prosaica prospettiva della famiglia tradizionale, seguita all’ubriacatura
presa al Bal Bullier!
Altre
differenze di qualche rilievo riguardano il
second’atto: una variante all’apertura e l’aggiunta di interventi di vari avventori dopo l’arrivo di Rambaldo. Nel terz’atto
spicca l’assenza dell’invito di Prunier a Magda perchè torni a Parigi da Rambaldo, il che ribalta totalmente la situazione: laddove quell’invito lasciava Magda
addolorata (quanto male mi fai a dir così), la sua assenza, dopo la
presa d’atto di Prunier della felicità della donna, la porta a dire quanto
bene mi fai a dir così! Infine cambia l’ultima esternazione di Ruggero: Guarda
un tramonto ardente, dal sapore squisitamente romantico, al posto di Ma
come puoi lasciarmi, carico di crudo risentimento.
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La dedizione del Direttore si è poi
materializzata nella concertazione dell’opera, che ci ha restituito tutta la
brillantezza, la leggerezza e il disincanto che pervadono questa controversa
partitura: la vacuità dello scenario del primo atto, lo strabiliante sincretismo
fra walzer e ritmi moderni che imperversa nel second’atto e la finale, cinica
presa d’atto del totale fallimento delle velleità romantiche dei protagonisti.
Orchestra e coro - di Malazzi - sempre
splendidamente all’altezza del compito, e una compagnia di canto di buon livello hanno garantito il pieno successo all’impresa. Sul quale avanzo personalmente solo
qualche ombra per la regìa, come chiarirò più sotto.
Mariangela Sicilia è stata una
pregevole Magda: bella voce penetrante ed espressiva e acuti svettanti. Sulla
presenza scenica sono certo che abbia rispettato il volere della regista (…)
Rosalia Cid è stata una Lisette
simpaticamente efficace: al suo ruolo la concezione registica ha fatto solo
favori, ecco.
Matteo Lippi ha sfoggiato
una voce penetrante con qualche ombra nella parte bassa della tessitura: il suo
Ruggero ne è comunque uscito in modo più che apprezzabile.
Giovanni Sala manca di
qualche tacca al volume e alla proiezione della voce. Per
farsi perdonare ha fatto di petto (invece del prescritto falsetto) il DO
del terz’atto (…fuori del mondo). Anche a lui la regìa ha permesso di
mettere in mostra qualità attoriali (da avanspettacolo?) interessanti.
Pietro Spagnoli ha
onorevolmente interpretato il disincantato Rambaldo, che forse ha una parte
meno impegnativa di tante altre dei comprimari, tutti lodevolmente all’altezza.
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L’allestimento di Irina Brook - che
si avvale di scene e costumi di Patrick Kinmonth e luci di Marco
Filibeck (un team ben collaudato nel Matrimonio segreto del 2022) cui
si aggiunge la coreografia (second’atto) di Paul Pui Vo Lee – mi è parso eccessivamente sbilanciato
sul Kitsch. Ma del resto la 62enne regista aveva confessato (sul
programma di sala) di essere cresciuta fin da giovane a pane-e-musical,
e questo forse l’ha portata a creare (come minimo nei primi due atti) un’ambientazione
proprio da operetta (chissà come l’avrebbe presa Puccini…)
Fra la dimora di Magda e il Bal Bullier
dovrebbe pur esserci qualche differenza (aristocrazia, pur frivola, vs
sbracature goderecce): invece anche chez-Magda si scade in
avanspettacolo, per quanto innocente e soprattutto è proprio la presentazione
scenica della protagonista a lasciare perplessi. La vediamo subito in
atteggiamenti che scimmiottano… Lisette (!?) Da Bullier poi si comporta come se
stesse prendendosi gioco del povero Ruggero, da consumata femme-fatale
invece che da timida ragazza per bene. Difficile così spiegarsi come di punto in
bianco in lei nasca l’amore romantico…
La trovata della Brook (che ha almeno
una quarantina di precedenti) consiste nel mostrare in scena la stessa regista (che lei fa impersonare dalla docente dell’Accademia Anna Olkhovaya) a preparare lo spettacolo ancor prima
che entri Chailly… e poi si trasforma – second’atto - in controfigura della protagonista, poi – terz’atto
– persino in immobile sirenetta che poi si anima e impersona per un attimo la
madre di Ruggero… Sì, è vero che l’opera presenta tratti di teatro-nel teatro,
ma mi pare che qui si sia un po’ esagerato con la meta-teatralità, ecco.
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In conclusione, al netto di queste (mie
personalissime) riserve sulla messinscena, mi pare trattarsi di un’altra
proposta di ottimo livello, che il pubblico alla fine ha mostrato di gradire
assai. Punte di consenso per la Sicilia, Lippi e, ovviamente, Chailly. Nessun
danno per la Brook… meglio così!