Così fan tutte è tornata alla
Scala dopo 11 anni di assenza (2014, Guth-Barenboim) affidata alle cure
della coppia Carsen-Soddy.
In Largo Antonio Ghiringhelli un gruppo di sindacalisti del CUB distribuisce e legge il testo di un volantino in cui si richiama l’attenzione del pubblico su alcuni problemi di carattere organizzativo e gestionale che sono oggetto di rivendicazioni delle maestranze cui la Direzione del Teatro non avrebbe ancora dato risposta. Si tratta di criticità relative agli organici e alle professionalità, al ricorso sempre più frequente agli appalti e all’attenzione alle problematiche di sicurezza negli ambienti di lavoro (Teatro e Laboratori Ansaldo). L’obiettivo dichiarato è di conservare al Teatro la prerogativa di luogo d’arte, evitando che diventi solo fabbrica di spettacoli.
Ripropongo qui alcune mie personali elucubrazioni sul soggetto di DaPonte che mi portano a riconoscere a Carsen l’intelligenza del suo approccio. In sintesi, l’abilità e il merito del regista stanno nell’aver evitato di far aderire a tutti i costi il testo originale al suo personale Konzept, ma di aver utilizzato con parsimonia ed efficacia alcuni aspetti (soprattutto esteriori) dell’ambiente reality per dare valore aggiunto alla sua proposta.
È fuor di dubbio che esistano sostanziali differenze fra i due scenari, in primo luogo riguardanti la posizione dei quattro personaggi che costituiscono le due coppie: in un reality essi, come ogni altro partecipante alla kermesse, sono perfettamente coscienti di ciò che li aspetta (hanno fatto richiesta di partecipare, sostenuto esami di idoneità e ricevuto in anticipo tutte le regole e raccomandazioni del caso); viceversa nel soggetto dapontiano i protagonisti si trovano, loro malgrado e involontariamente coinvolti in un’avventura per affrontare la quale non sono minimamente preparati.
Ecco, Carsen rispetta in pieno (anche in dettagli minimi) il soggetto dapontiano, arricchendolo però di verve, vivacità e… modernità. Alcuni esempi: la scena della partenza verso il campo, con l’esagerata portaerei che lentamente si allontana e il picchetto d’onore dei militari (maschi e femmine!) che salutano le nuove reclute; quella del finto avvelenamento, dove i due albanesi tracannano il veleno direttamente dalle taniche del cloro disinfettante della piscina, e dove Despina li guarisce con strumenti di moderna telemedicina; i due dormitori, femminile e maschile, dove prendono vita i pistolotti di Despina alle ragazze (del reality, quindi a tutte le ragazze che lo guardano in TV) o quello di Guglielmo ai maschi, con l’esibizione di riviste erotiche; le coreografie che accompagnano la scena del finto matrimonio, …
Dal punto di vista tecnico, l’ormai imprescindibile impiego della piattaforma rotante (qui divisa in tre spicchi di 120°) rende possibili i frequenti mutamenti di scena; per gli ambienti esterni (imbarco, piscina, terrazza sul mare per gli incontri romantici, giardino per il matrimonio) uno schermo occupa l’intera parete di fondo, dove sono proiettate immagini fisse o mobili. I costumi sono ovviamente moderni, colorati, eleganti; non mancano smartphone e microfoni portatili, schermi che diffondono ciò che avviene in scena…
Insomma, tutte trovate intelligenti e mai volgari che rimuovono gli aspetti un po’ claustrofobici del soggetto originale, tutto concentrato sui soli sei personaggi in scena.
Il coro diretto per l’occasione da Giorgio Martano ha fatto egregiamente la sua (peraltro non massacrante) parte.
I sei interpreti tutti all’altezza del compito. A partire dalla Elsa Dreisig, una Fiordiligi dalla voce penetrante in tutta la gamma (perfettamente udibile anche sulle note gravi). Grande maestria nel rendere la complessa personalità della donna, piena di sensi di colpa e combattuta da dubbi esistenziali fino all’ultimo. Punte di diamante della sua interpretazione l’aria Come scoglio immoto resta e il Rondò Per pieta, ben mio, perdona.
Nina van Essen ha sfoggiato la sua brunita voce mezzosopranile per valorizzare al meglio il ruolo della più disinibita Dorabella. Da incorniciare le sue due arie: quella truculenta (Smanie implacabili) e quella ammiccante (È amore un ladroncello).
Sandrine Piau è una perfetta Despina, voce squillante, proprio maliziosa e sbarazzina, si direbbe, esaltata dalle due arie, la prima con la negazione della fedeltà (In uomini, in soldati) e la seconda, con la disinibita lezione alle ragazze (Una donna a quindici anni).
Il poliedrico e versatile Luca Micheletti impersona Guglielmo, mettendo al suo servizio una voce sempre ben impostata, convincente nelle sue avances amorose (Non siate ritrosi, occhietti vezzosi) come nella tutto sommato bonaria e fatalistica invettiva contro le donne (Donne mie, la fate a tanti).
Il complessato Ferrando è efficacemente interpretato da Giovanni Sala, che sfoggia voce robusta e suadente, come nella sua aria Un’aura amorosa del nostro tesoro.
Su tutti i maschi il DonAlfonso di Gerald Finley: splendida voce baritonale e gran presenza scenica, come si addice al personaggio-chiave di tutta la vicenda.
Questa sera, RAI5 alle 21:15 diffonde la registrazione di ieri; che resta poi per 15 giorni disponibile su RAI Play. Chi può non se la perda!

