allibratori all'opera

bianca o nera?
Visualizzazione post con etichetta lonquich. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lonquich. Mostra tutti i post

09 luglio, 2020

Lonquich alla BeethovenSummer


Dopo Romanovsky ecco un altro Alexander, Lonquich, proseguire la rassegna beethoveniana de laVerdi presentando due opere e cimentandosi (come già l’ukraino una settimana fa) come direttore e solista. Proprio come aveva fatto 18 mesi orsono in occasione della sua precedente apparizione in Auditorium (Schumann e Schubert allora).

Sul palco, ben distanziati, 38 elementi dell’organico, solo 5 dei quali avevano suonato mercoledi scorso: in pratica, laVerdi può vantare due orchestre di calibro settecentesco...

Confesso di faticare assai ad abituarmi a questo forzato regime di semi-lockdown: gli ampi spazi vuoti determinati dalle inflessibili regole di distanziamento finiscono quasi per snaturare l’essenza stessa della fruizione di queste opere d’arte. Le quali si rivolgono sì all’individuo (che oggi, grazie alla tecnologia, ne può fruire privatamente a suo totale piacimento) ma come parte di una comunità, il che suppone vicinanza, contatto, comunione di sensazioni... Evabbè, speriamo che il vaccino-toccasana arrivi presto!

Lonquich ci presenta la Seconda del genio di Bonn quasi in punta di piedi: una visione piuttosto settecentesca, che non fa emergere del tutto i prodromi dell’Eroica, che si nascondono qua e là in questa partitura per nulla facile (il pubblico che la udì per la prima volta rimase colpito dalle sue arditezze). In effetti può darsi che il nostro giudizio su questa sinfonia possa essere influenzato dal fatto che la udiamo sempre suonata da compagini di 70-80 elementi come minimo e che quindi, ascoltandola oggi da un ensemble ridotto ci appaia come una sinfonietta dello Haydn di Esterhaza...

In ogni caso i fedelissimi dell’Auditorium non hanno fatto mancare convinti applausi.

Non è previsto in questi concerti un intervallo in piena regola (bar chiuso e toilette solo su... prenotazione) per cui si ha giusto il tempo di portare il pianoforte al proscenio: a differenza di Romanovsky e similmente a quanto fatto l’anno scorso, Lonquich fa sistemare lo strumento nella posizione canonica, tenendosi vicino la spalla Dellingshausen. Il quale (a testimonianza della certosina osservanza delle regole anti-virus) avvicinandosi alla tastiera per suonarvi il LA, prima di ordinare al primo oboe (Emiliano Greci) di fare lo stesso, si munisce di mascherina d’ordinanza e pure calza la mano destra con un guanto di cotone!

Il Quarto concerto è da molti considerato il più difficile dei cinque. Lonquich approfitta del suo doppio ruolo di solista e Direttore per superare senza patemi quel minuto o giù di lì che trascorre fra le prime 5 battute, a carico del solo solista che poi si tace, e la battuta 74, dove il solista torna in campo: lui può impiegare il tempo (anzichè a domandarsi se abbia attaccato bene o no) alzandosi dallo sgabello e dirigendo l’orchestra!

Ne esce un’interpretazione di alto livello: anche qui, pur essendo nel 1806, si sente ancora l’eredità mozartiana, sulla quale si innestano innovazioni straordinarie (vedi la conclusione del centrale Andante con moto, roba espressionista nientemeno). Lonquich resta sempre in punta di piedi, tiene l’orchestra a briglie strette e impiega sapientemente il rubato: ne esce un risultato allineato, direi, alle circostanze.

Primo bis con Brahms (Intermezzo Op.118 n°2 in LA) e, dopo applausi ritmati, un secondo con Mozart (Minuetto K355 in RE).

01 febbraio, 2019

laVerdi 18-19 - Concerto n°15


Protagonista assoluto del concerto di questa settimana è un personaggio che da anni circola in Italia e non solo nei grandi teatri e sale da concerto, ma anche e soprattutto in... provincia, dove ha modo di gettare i semi della sua arte e della sua sapienza interpretativa. Qui fa le cose davvero in grande, presentandoci un celeberrimo concerto e una grande sinfonia, di due autori fra loro legati da stretti vincoli artistici.

Intanto una nota di una certa importanza: altri pianisti-direttori dispongono il pianoforte perpendicolare al fondo-scena, per poter dirigere meglio; ma così facendo restano di spalle al pubblico, cosa di per sè sgradevole per l’ascoltatore, ma soprattutto devono far togliere dallo strumento il coperchio, perdendo quindi la sua fondamentale funzione di riverbero del suono. Ecco, Lonquich invece dispone il pianoforte nella posizione canonica: certo, così dà le spalle alla... spalla (ieri Dellingshausen) ma evidentemente l’affiatamento con il primo violino è così alto da non creare problemi. Poi Lonquich dispone l’orchestra alla tedesca, ma con i contrabbassi in linea sul fondo e tiene proprio di fianco a sè gli strumentini, cosa utilissima nel concerto di Schumann, dove soprattutto l’oboe (di Luca Stocco, per l’occasione) dialoga di continuo col solista.

Ecco quindi il Klavierkonzert di Robert Schumann, pilastro della scrittura pianistica romantica, che Lonquich interpreta con straordinaria sensibilità, tocco sempre delicato, impiego sapientissimo ma non invadente del rubato e soprattutto una perfetta osmosi con l’orchestra, che sappiamo essere proprio la caratteristica peculiare e programmatica di questo concerto.

Per lui ovazioni che ricambia ancora con Schumann, suscitando emozioni come accadeva per questo suo illustre predecessore!
___
Poi la Sinfonia in DO di Franz Schubert, quella che proprio Schumann portò alla luce dal chiuso di cassetti polverosi ed esaltò per le sue celestiali lungaggini, un’opera che chiude in modo davvero grandioso tutta un’esistenza musicale che Schubert aveva vissuto prevalentemente nel piccolo, nel raccolto, nell’intimistico, nelle sue mille canzoni e nelle sue opere cameristiche.

Qui invece costruisce un monumento, una cattedrale di possanza bruckneriana e di ideali beethoveniani. E Lonquich (che ha diretto a memoria) non si e ci risparmia una sola battuta di questo capolavoro, eseguendo scrupolosissimamente tutti i ritornelli, proprio come Schumann esigeva si facesse. Più di un’ora di durata, ma si starebbe lì per un‘altra ancora ad ascoltare questa mirabile musica. Soprattutto se suonata con la bravura e la partecipazione dei ragazzi de laVerdi!

Auditorium non affollatissimo, ma gli assenti di ieri possono ancora rimediare oggi o dopodomani...