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08 luglio, 2021

laVerdi tutta spagnola

Dopo la maratona pedatoria di martedi, riecco la Spagna per il primo dei due appuntamenti de laVerdi agli Arcimboldi (l’Auditorium è in... riabilitazione) che vede un programma tutto iberico con il ritorno del 45enne direttore Manuel Coves, già ospite dell’Orchestra per un’altra spagnolata nel marzo 2019. Componente innovativa del concerto è lo spettacolo, costituito dalla presenza del grande Jesús Carmona, che illustra la musica della Carmen con la sua personalissima arte danzatoria.    

Si parte con la Sinfonía Sevillana di Joaquín Turina Pérez, composta nel 1920, quando il 38enne compositore, nativo di Siviglia, rientrato da anni in Spagna dopo una lunga permanenza a Parigi, era tornato a vivere a Madrid. É un brano in realtà vicino, come ispirazione, al poema sinfonico (un po’ un Respighi iberico, ecco) e per almeno due motivi: innanzitutto per l’esplicito riferimento alla città natale (ma in realtà anche alla capitale che lo ospitava); e poi perchè Turina vi introduce un elemento di natura per così dire letteraria: l’evocazione di una storia d’amore fra un sivigliano e una madrilena (ecco i riferimenti alle due città care al compositore) che nasce e si sviluppa a Siviglia e dintorni, fra gite in battello e feste popolari in sobborghi del capoluogo andaluso.

Naturalmente sono le forme e i ritmi musicali iberici (castigliani e andalusi in-primis) a farla da padrone nei tre movimenti in cui è suddivisa l’opera. Di cui possiamo apprezzare i contenuti seguendone (sulla traccia lasciata dall’Autore medesimo) l’esecuzione dell’Orchestra della Radiotelevisione spagnola con Enrique García Asensio sul podio.

N°1. Panorama. É un movimento in forma-sonata: Introduzione, Esposizione, Sviluppo,  Ricapitolazione e Coda.

24”. L’Introduzione si apre con 12 battute in Andante, 3/4, LA minore, dove l’Orchestra crea un’ambientazione languida (rotta dall’oboe a 45”). A 1’16” ecco apparire (4 battute in Allegretto, 2/4) la prima forma assai semplificata del motivo della madrilena, un caratteristico chotis. A 1’25” altre 4 battute di Andante in 3/4 chiudono l’Introduzione.

1’42”. L’Esposizione presenta, in Allegro molto moderato, 2/4, RE minore/maggiore, il primo tema andaluso, esposto dai flauti e poi sviluppato dall’orchestra. Ecco poi (2’10”, Più vivo, 6/8, RE maggiore) gli archi esporre il secondo tema (ritmo di Tanguillo) poi ampiamente sviluppato dall’orchestra (si noti a 2’20” l’intervento del clarinetto e a 2’48” quello dell’oboe solo) e chiuso da una battuta di pausa.

3’01”. Attacca con un accordo generale il corposo Sviluppo (Allegretto tranquillo, 2/4) dove i temi vengono rielaborati liberamente e con continui cambi di atmosfera: dopo un intervento dell’oboe (3’30”, RE minore) che sviluppa il primo tema, ecco a 4’02” un Allegro (RE maggiore, secondo tema); poi (4’15”) un nuovo motivo il SOL maggiore e quindi in FA maggiore; ancora a 4’42” Più vivo, 6/8 il secondo tema in DO maggiore; a 4’59” Allegretto quasi andantino, 6/8, FA minore; a 5’34” Lentamente, con l’intervento dei corni; e infine a 5’52” Allegretto è il violino solista a portare - con il motivo chotis - alla chiusura dello Sviluppo sul RE tenuto, che sfuma in un RE#.

6’05”. Siamo arrivati quindi alla Ricapitolazione dei temi. Ecco il primo (Allegro) in RE minore e poi (6’32”, Più vivo, 6/8) il secondo, in maggiore. A 6’49” il flauto introduce una modulazione del secondo tema a LA maggiore. Ancora, a 7’05” gli archi modulano fugacemente a DO maggiore, poi tornano a LA maggiore.

7’33”. Infine una Coda (Allegro) porta il movimento a spegnersi (7’57”, Andantino) per poi chiudere (8’05”) con un fortissimo accordo generale di LA maggiore.

N°2. Por el rio Guadalquivir. Il secondo movimento è in forma di Lied in 5 parti. Evoca un’escursione in battello dal centro di Siviglia verso sud, fino al sobborgo di Aznalfarache (che sarà teatro del terzo movimento). Vi matura l’idillio fra la madrilena e il sivigliano, in un’atmosfera di canti dei marinai e musiche che accompagnano balli di gente sulla riva del fiume.

8’28”. In tempo Andante, 6/8 il violino solista introduce l’atmosfera con due recitativi in FA minore inframmezzati dall’orchestra. Ora (9’27”) si passa a FA maggiore con l’esposizione da parte del corno inglese della prima sezione, una petenera sivigliana (è il protagonista maschile del poema). La nobile melodia viene poi accompagnata dal violino solista, vira momentaneamente a FA minore e poi è ripresa in FA maggiore (10’37”) dal corno inglese.

La seconda sezione inizia a 10’59” con l’affacciarsi (2/4) dell’impertinente anticipo del motivo femminile (la madrilena) che si materializza a 11’15” con un Allegretto in MI maggiore in oboi e violini, dove lo chotis si muta in falseta, assai più vivace. La sezione si ripete a 11’46”, con l’attacco sul REb e poi con il tema chotis (12’02”) in FA maggiore.

E sempre in FA maggiore (terza sezione, 12’29”) si riode nel corno inglese la petenera, ora con sottili variazioni e diversa orchestrazione, in cui spicca (13’10”) un nuovo intervento del violino solista.

Il quale chiude sul DO e a 13’32” (Vivo, 3/8) porta alla quarta sezione, dove si odono le note (DO maggiore) di seguidillas cantate e ballate sulla riva del fiume in una festa popolare. Un Andantino mosso in 6/8 (14’15”) simula il perdersi lontano dei suoni provenienti dalla riva e ci introduce alla quinta sezione del movimento.

Qui (14’35”) torna lo chotis madrileno (Andante) introdotto dai violoncelli divisi. L’idillio è ormai sbocciato completamente e a 15’03” il violino solo espone il motivo con dolce passione in FA maggiore e poi (15’24”, 2/4, dopo un fugace intervento dei flauti) lo chiude con un FA superacuto.     

N°3. Fiesta en San Juan de Aznalfarache. Il vaporetto da Siviglia, prima di proseguire verso il mare, il cui profumo già si sente nell’aria, ha fatto sosta in questo paesotto ai confini meridionali del capoluogo andaluso. E qui è ambientato l’ultimo movimento della Sinfonia, manco a dirlo in una gran festa dove si balla e si canta in continuazione: in qual miglior ambiente due novelli innamorati potrebbero augurarsi di arrivare per vivere il loro momento magico?

La struttura del brano è quella di una fantasia in tre parti. A 16’02” inizia la prima (Allegro vivo, 3/8, RE maggiore) al ritmo di sevillana, che prepara l’arrivo di un tanguillo (16’40”, Siempre vivo, 6/8) che poi (16’59”, 2/4) sviluppa un nuovo motivo, sempre in RE maggiore e ancora (17’19”, 6/8) in minore nell’oboe. Gli archi (Andante, 2/4) prendono un attimo di respiro, ma subito (18’02”, Vivo) torna il ritmo di sevillana, che prepara adesso una nuova comparsa dello chotis (18’34”, Andante) dapprima in SOL minore sfociante nella relativa SIb maggiore dove il tema si espande per essere poi chiuso dall’intervento finale del violino solista.

A 19’40” (Allegretto. Tempo di garrotín lento, FA minore) inizia la seconda parte: è un Garrotín-farruca introdotto da una fanfara e dove si distinguono tromba, fagotto e oboe, che introduce enfaticamente (21’00”, Andante) un nuovo idillio (chotis) in FA maggiore.

Eccoci alla terza parte (21’33”, Vivo, 6/8, RE maggiore): è il tanguillo che torna alla ribalta con interventi di trombe, oboe e clarinetto e poi (22’08”, 2/4) con il secondo motivo, che rallenta (22’18”, Meno vivo) per far posto (in SIb) a una delle varianti del primo tema comparsa nello sviluppo del primo movimento.

Infine, a 22’34”, Andante, ecco la Coda conclusiva, con i motivi dello chotis (grandioso) e della petenera a unirsi per una spettacolare conclusione in RE maggiore.
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É un brano poco conosciuto, ma che meriterebbe di essere eseguito più di frequente: credo che laVerdi fosse al primo incontro con quest’opera, e devo dire che l’ha subito digerita e assimilata alla perfezione, grazie a Manuel Coves che da nativo andaluso questa musica deve averla nel sangue. Sugli scudi i fiati (in particolare Paola Scotti al corno inglese) e il pacchetto dei celli, guidato da Mario Shirai Grigolato, oltre al violino di Dellingshausen.
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Ecco quindi Georges Bizet e le sue musiche dalla Carmen, un estratto delle due Suite sinfoniche approntate da Ernest Guiraud (il curatore della prima edizione dell’opera) dopo la prematura morte dell’Autore:

- Preludio Atto I (prima parte, in Allegro gioioso)

- Preludio Atto I (seconda parte, in Andante moderato)

- Entr’acte (3° - 4° atto, Aragonaise)

- La garde montante (1° atto)

- Habanera (1° atto)

- Entr’acte (2° - 3° atto)

- Marche des Contrabandiers (3° atto)

- Chanson du Toreador (2° atto)

- Les Dragons d’Alcala (Entr’acte 1° - 2° atto)

- Danse Bohème (2° atto)

Jesús Carmona entra sul proscenio con un ampio scialle che gli serve subito per interpretare la seconda parte del Preludio (tema del destino). Ai due lati alcuni grossi proiettori lo illuminano di taglio con luci di diversi colori (rosso, giallo, blu...) a seconda dell’atmosfera. Ovviamente indossa stivaletti zapatos, con i quali comincia a sottolineare i ritmi di flamenco.  

Strepitoso il suo assolo di zapateado (due minuti a orchestra muta, prima della conclusiva Danse bohème): un intero branco di cavalli scalpitanti non avrebbe potuto ottenere quell’effetto! E chiude quindi in bellezza con Les tringles des sistres tintaient, accolto da un uragano di applausi.

Così, come bis, ci viene riproposta l’Aragonaise.

Davvero una serata da incorniciare, che avrebbe meritato qualche spettatore in più nel catino dell’Arcimboldi. Ma questa sera si replica e gli assenti di ieri possono ancora rimediare.

02 marzo, 2019

laVerdi 18-19 - Concerto n°19


Tutta Spagna (patrocinio dell’Instituto Cervantes) in questo 19° Concerto della stagione: direttore, solista e compositori (nativi e... simpatizzanti.) La Spagna (specie se c’è il bolerodiravel!) fa sempre centro, e l’Auditorium era pieno come un uovo, con nutrita rappresentanza di giovani e giovanissimi!

Il primo simpatizzante è Luis (per noi Luigi) Boccherini che dalla natia Lucca sbarcò dapprima a Vienna, poi a Milano, quindi a Parigi e infine (1768) in Spagna, dove raggiunse una discreta fama (propagatasi in Europa) pari alle infinite avversità e miserie che caratterizzarono buona parte della sua permanenza laggiù. Un altro italiano, Luciano Berio, nel 1975 ha orchestrato e concentrato, quasi liofilizzato le diverse versioni della Ritirata di Madrid, che si ascoltano in questo concerto.

Della Ritirata (marcia notturna) risulta che Boccherini abbia composto ben cinque versioni. Le tre principali e più eseguite si trovano rispettivamente nell’ultimo movimento del Quintetto per archi G324 (una specie di micro-poema-sinfonico ambientato nella capitale spagnola, tema e 11 variazioni, qui Savall a 9’46”) composto nel 1780; poi come secondo movimento del Quintetto con pianoforte G418 (11 variazioni, qui Ensemble Claviere); e infine come quarto ed ultimo tempo del Quintetto con chitarra G453 (derivato a sua volta - per i primi 3 tempi - dal G409, 12 variazioni, qui Scattolin&C).

Berio, su commissione della Scala, ha mantecato quattro delle cinque versioni, costruendo una pièce per grande orchestra, eseguita per la prima volta (ricordo di avervi assistito... bei tempi!) martedi 17 giugno 1975 al Piermarini, direttore Piero Bellugi. Nel 2000 anche laVerdi ci si è cimentata per la prima volta diretta proprio da Berio; poi nel 2004 l’ha anche incisa con Chailly.

Il brano si presenta come un tema con 11 variazioni: sono quelle musicate da Boccherini, che Berio riprende e rimescola, facendo progressivamente aumentare il volume del suono, con l’ingresso in scena di nuovi strumenti, a rappresentare l’approssimarsi e poi il passaggio ravvicinato della banda militare; quindi il suono tende progressivamente a sfumare, diradandosi sempre più, fino a scomparire del tutto. Va detto che questo effetto non l’ha inventato Berio, ma fu lo stesso Boccherini a pretenderlo, con precise indicazioni poste sulla partitura:


Torniamo alla registrazione di Chailly  per apprezzare la struttura e l’orchestrazione del brano così come ideata da Berio:

          Introduzione: sono i tamburini (assistiti dai violini secondi) a dettare il ritmo, che si manterrà per l’intero brano; è la banda che si avvicina;
   19” esposizione del tema della Ritirata; tre flauti in primo piano;
   47” variazione 1; affidata al flauto e ai violini;
1’16”        “       2;  oboe, poi accompagnato da flauto e clarinetti;
1’44”        “       3;  violini, con interventi di flauto e oboe;
2’13”        “       4;  legni e archi, con trombe sordina;
2’41”        “       5;  violini con interventi di flauti e trombe;
3’10”        “       6;  violini e fiati al completo; la banda è ormai vicina;
3’39”        ”       7;  orchestra piena: arrivo della banda sulla piazza;
4’08”        “       8;  violini, legni, oboe; il volume del suono decresce; la banda comincia ad allontanarsi;
4’37”        “       9;  oboe, poi accompagnato da flauto (variazione 2);
5’05”        “     10;  flauti, clarinetti, violini; il suono sfuma sempre più;
5’34”        “     11;  trombe con sordina, flauti; si ode quasi solo l’accompagnamento;
6’04” coda: la musica si allontana... tamburi, tre flauti e violini spengono il suono.

Come curiosità scopriamo che la conclusione della melodia di Boccherini coincide praticamente alla lettera (a partire dalla tonalità di DO maggiore, ma anche nel tempo - 2/4 vs 4/4 alla breve - e persino nell’acciaccatura e nel trillo!) con quella del tema principale del Rondo finale della Sonata per violino e pianoforte K296 che un tale Mozart aveva composto a Mannheim nel 1778 (due anni prima, quindi, della prima versione di Boccherini):

Che sia questione di plagio in piena regola, di citazione esplicita, o di pura... telepatia è domanda tutto sommato stucchevole: a noi basta sia musica mirabile. E come tale ci è stata proposta dal giovane e brillante Manuel Coves, e meritatamente applaudita dal pubblico oceanico dell’Auditorium.
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Ecco poi il primo spagnolo verace, Joaquín Rodrigo con il suo celebre (soprattutto per il centrale Adagio) Concierto de Aranjuez. Il Concerto, dedicato al chitarrista Regino Sáinz de la Maza y Ruiz, fu composto a Parigi nei primi mesi del 1939 ed eseguito per la prima volta a Barcellona, solista il dedicatario, sabato 9 novembre 1940, in pieno regime franchista. Rodrigo ne formulò una specie di programma, secondo il quale il primo movimento (Allegro con spirito, in RE maggiore) si ispirerebbe all’idilliaca natura dei giardini del palazzo reale di Aranjuez, che lui aveva visitato con la moglie, potendo peraltro apprezzarne soltanto i profumi e l’atmosfera, essendo lui cieco quasi dalla nascita; il secondo (il famoso Adagio, in SI minore) sarebbe un autentico lamento per il figlioletto nato morto e il terzo (Allegro gentile, RE maggiore) rappresenterebbe la sua serena accettazione del destino.  

La chitarra da sempre è tipico strumento di accompagnamento della voce o della danza, un po’ come l’arpa. Ma almeno quest’ultima, non fosse che per le dimensioni, ha una sonorità che le permette di emergere anche in mezzo ad un’orchestra sinfonica... Grande merito dei due compositori presentati qui (Rodrigo e Moreno-Torroba) è stato di aver scritto brani dove la chitarra ha una parte spiccatamente solistica.

Il concerto di Rodrigo si può apprezzare in rete, eseguito proprio dall’interprete di oggi, Pepe Romero, che ha ricevuto applausi a scena aperta, cioè anche al termine dei primi due movimenti. Nel secondo dei quali si è messa in bella mostra con il suo corno inglese la bravissima Paola Scotti.    
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Ancora chitarra con il Concierto en Flamenco di Federico Moreno-Torroba. Opera del lontano 1962 che Pepe Romero ha riscoperto e valorizzato. Qui lo vediamo (1 e 2) diretto dal fratello Angel interpretarlo nel 2007 a Malaga (i Romero sono una vera e propria dinastia di musicisti, c’è anche un altro fratello, Celin, tutti figli di Celedonio, e poi mogli e nipoti... e soprattutto sono stati fieri antifranchisti, il che torna a loro onore...) 

Il concerto consta di quattro parti, corrispondenti ad altrettanti e diversi balli di flamenco:

  1’22” Fandango
11’08” Farruca
  1’02” Alegrias de Cadiz
  7’25” Bulerias

Anche qui è mirabile la distribuzione di compiti fra solista e orchestra, i cui strumenti (oboi, flauti, violini...) propongono le melodie che poi la chitarra impreziosisce con i suoi virtuosi interventi.

Ancora grande accoglienza (applausi anche dopo ognuno dei movimenti intermedi) per Pepe Romero che, per nulla stanco dei due impegnativi concerti, ci regala anche un bis... famigliare, la conclusione di una Suite del padre Celedonio!
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Chiusura alla grande con l’immarcescibile Bolero di Ravel, come al solito innervato sul tamburino di Ivan Fossati, che ormai lo suona innestando il pilota automatico (! ma ciò non significa che al suo posto si possa mettere un robot!)

Pubblico entusiasta e Orchestra che manifesta apprezzamento per il Direttore, accogliendolo all’ultima uscita con applausi ritmati. Insomma, una serata davvero splendida!