Tutta Spagna (patrocinio dell’Instituto
Cervantes) in questo 19°
Concerto della stagione: direttore, solista e compositori (nativi e...
simpatizzanti.) La Spagna (specie se c’è il bolerodiravel!)
fa sempre centro, e l’Auditorium era pieno come un uovo, con nutrita
rappresentanza di giovani e giovanissimi!
Il primo simpatizzante è Luis (per
noi Luigi) Boccherini che dalla natia
Lucca sbarcò dapprima a Vienna, poi a Milano, quindi a Parigi e infine (1768) in
Spagna, dove raggiunse una discreta fama (propagatasi in Europa) pari alle
infinite avversità e miserie che caratterizzarono buona parte della sua
permanenza laggiù. Un altro italiano, Luciano
Berio, nel 1975 ha orchestrato e concentrato, quasi liofilizzato le diverse
versioni della Ritirata di Madrid, che si ascoltano in questo concerto.
Della Ritirata (marcia notturna) risulta
che Boccherini abbia composto ben cinque versioni. Le tre principali e più
eseguite si trovano rispettivamente nell’ultimo movimento del Quintetto per archi G324 (una specie di
micro-poema-sinfonico ambientato nella capitale spagnola, tema e 11 variazioni,
qui Savall a 9’46”)
composto nel 1780; poi come secondo movimento del Quintetto con pianoforte G418 (11 variazioni, qui Ensemble Claviere);
e infine come quarto ed ultimo tempo del Quintetto
con chitarra G453 (derivato a sua volta - per i primi 3 tempi - dal G409, 12 variazioni, qui Scattolin&C).
Berio, su commissione della Scala,
ha mantecato quattro delle cinque versioni, costruendo una pièce per grande
orchestra, eseguita per la prima volta (ricordo di avervi assistito... bei
tempi!) martedi 17 giugno 1975 al Piermarini, direttore Piero Bellugi. Nel 2000 anche laVerdi ci si è cimentata per la prima volta diretta proprio da
Berio; poi nel 2004 l’ha anche incisa con Chailly.
Il brano si presenta come un tema con 11 variazioni: sono quelle musicate
da Boccherini, che Berio riprende e rimescola, facendo progressivamente
aumentare il volume del suono, con l’ingresso in scena di nuovi strumenti, a
rappresentare l’approssimarsi e poi il passaggio ravvicinato della banda
militare; quindi il suono tende progressivamente a sfumare, diradandosi sempre
più, fino a scomparire del tutto. Va detto che questo effetto non l’ha
inventato Berio, ma fu lo stesso Boccherini a pretenderlo, con precise
indicazioni poste sulla partitura:
Torniamo alla registrazione di Chailly per apprezzare la struttura e l’orchestrazione
del brano così come ideata da Berio:
Introduzione: sono i tamburini (assistiti dai violini secondi) a dettare il ritmo, che si manterrà
per l’intero brano; è la banda che si avvicina;
19” esposizione del tema della Ritirata; tre flauti in primo piano;
47” variazione 1;
affidata al flauto e ai violini;
1’16” “ 2; oboe, poi accompagnato da flauto e clarinetti;
1’44” “
3; violini,
con interventi di flauto e oboe;
2’13” “
4; legni e archi, con trombe sordina;
2’41” “
5; violini con interventi di flauti e trombe;
3’10” “
6; violini e fiati al completo; la banda è ormai vicina;
3’39” ” 7; orchestra piena: arrivo della banda sulla piazza;
4’08” “ 8; violini, legni, oboe; il volume del suono
decresce; la banda comincia ad allontanarsi;
4’37” “
9; oboe, poi accompagnato da
flauto (variazione 2);
5’05” “ 10; flauti, clarinetti, violini; il suono sfuma
sempre più;
5’34” “ 11; trombe con sordina, flauti; si ode quasi solo
l’accompagnamento;
6’04” coda: la musica si allontana... tamburi, tre flauti e violini spengono il suono.
Come curiosità scopriamo che la conclusione della melodia di Boccherini
coincide praticamente alla lettera (a partire dalla tonalità di DO maggiore, ma anche nel tempo - 2/4 vs 4/4 alla breve
- e persino nell’acciaccatura e nel trillo!) con quella del tema principale
del Rondo finale della Sonata per violino e pianoforte K296 che
un tale Mozart aveva composto a
Mannheim nel 1778 (due anni prima,
quindi, della prima versione di Boccherini):
Che sia questione di plagio in piena regola, di
citazione esplicita, o di pura... telepatia è domanda tutto sommato
stucchevole: a noi basta sia musica mirabile. E come tale ci è stata proposta
dal giovane e brillante Manuel Coves,
e meritatamente applaudita dal pubblico oceanico dell’Auditorium.
___
Ecco poi il primo spagnolo verace, Joaquín Rodrigo con il suo celebre (soprattutto per il centrale Adagio) Concierto de Aranjuez. Il Concerto, dedicato al
chitarrista Regino Sáinz de la Maza y Ruiz, fu
composto a Parigi nei primi mesi del 1939 ed eseguito per la prima volta a
Barcellona, solista il dedicatario, sabato 9 novembre 1940, in pieno regime
franchista. Rodrigo ne formulò una specie di programma, secondo il
quale il primo movimento (Allegro con spirito, in RE maggiore) si
ispirerebbe all’idilliaca natura dei giardini del palazzo reale di Aranjuez,
che lui aveva visitato con la moglie, potendo peraltro apprezzarne soltanto i
profumi e l’atmosfera, essendo lui cieco quasi dalla nascita; il secondo (il
famoso Adagio, in SI minore) sarebbe un autentico lamento per il
figlioletto nato morto e il terzo (Allegro gentile, RE maggiore)
rappresenterebbe la sua serena accettazione del destino.
La chitarra da sempre è tipico strumento di accompagnamento della voce o della danza, un po’ come l’arpa. Ma almeno
quest’ultima, non fosse che per le dimensioni, ha una sonorità che le permette
di emergere anche in mezzo ad un’orchestra sinfonica... Grande merito dei due
compositori presentati qui (Rodrigo e Moreno-Torroba) è stato di aver scritto brani
dove la chitarra ha una parte spiccatamente solistica.
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Ancora chitarra con il Concierto en Flamenco di Federico Moreno-Torroba. Opera del
lontano 1962 che Pepe Romero ha riscoperto e valorizzato. Qui lo vediamo (1 e 2) diretto dal fratello Angel interpretarlo nel 2007 a Malaga (i
Romero sono una vera e propria dinastia di musicisti, c’è anche un altro
fratello, Celin, tutti figli di Celedonio, e poi mogli e nipoti... e soprattutto
sono stati fieri antifranchisti, il che torna a loro onore...)
Il concerto consta di quattro parti, corrispondenti ad altrettanti e diversi balli di flamenco:
Il concerto consta di quattro parti, corrispondenti ad altrettanti e diversi balli di flamenco:
1’22” Fandango
11’08” Farruca
1’02” Alegrias de Cadiz
7’25” Bulerias
Anche qui è mirabile la distribuzione di
compiti fra solista e orchestra, i cui strumenti (oboi, flauti, violini...) propongono
le melodie che poi la chitarra impreziosisce con i suoi virtuosi interventi.
Ancora grande accoglienza (applausi anche dopo ognuno dei
movimenti intermedi) per Pepe Romero che, per nulla stanco dei due impegnativi concerti,
ci regala anche un bis... famigliare, la conclusione di una Suite
del padre Celedonio!
Chiusura alla
grande con l’immarcescibile Bolero di Ravel, come al solito innervato sul tamburino di Ivan Fossati, che ormai lo suona
innestando il pilota automatico (! ma ciò non significa che al suo posto si
possa mettere un robot!)
Pubblico entusiasta
e Orchestra che manifesta apprezzamento per il Direttore, accogliendolo all’ultima
uscita con applausi ritmati. Insomma, una serata davvero splendida!
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