Al Costanzi
sta arrivando (questa sera la primina
giovani) l’Orfeo
di Gluck, una co-produzione italo-franco-canadese affidata a Robert Carsen e già collaudata
(mediamente con successo) nel 2018 a Parigi e prima ancora, nel 2011, a
Toronto. Messinscena che Carsen ha peraltro riproposto rimaneggiando quella del
2006 a Chicago.
Come si sa, il ruolo del protagonista
alle prime recite del 1762 a Vienna fu affidato ad un famoso castrato, il contralto Gaetano Guadagni, mentre nella versione
francese del 1774 venne rivisto per la tessitura di tenore acuto. Tramontata l’epoca dei castrati, nella versione
originale la parte venne tradizionalmente affidata ad un contralto en-travesti (prassi inaugurata già nell’800, con la sua
versione ibrida, da Hector Berlioz).
Ebbene, in questa produzione torna invece a sostenerla un maschio: è già
successo l’anno scorso a Parigi (con Philippe Jaroussky, direzione di Fasolis) e alla COC nel 2011 (con Lawrence
Zazzo,
direzione di Bicket); ed era successo
a Chicago nel 2006 (dove si esibì David Daniel,
sempre con Bicket). Anche qui la cosa
si ripete, protagonista Carlo Vistoli,
il quale non è evidentemente (e per sua fortuna...) castrato ma - come i
colleghi citati più sopra - controtenore.
Sull’opportunità e l’efficacia dell’impiego
di queste voci (contraltisti come Vistoli, o sopranisti come Jaroussky) ci sono
diverse correnti di pensiero: c’è chi lo disapprova, sostenendo che un contralto
femmina en-travesti sia da preferire, poichè canta con voce naturale (come i
castrati, per i quali furono scritte parti come quella di Orfeo); e chi all’opposto
sostiene che un falsettista (se ben preparato) può imitare efficacemente la vocalità dei castrati, con il vantaggio di
essere... di sesso maschile, quindi di per sè più appropriato, anche
scenicamente, ad interpretare un ruolo di tal genere (poichè un Orfeo femmina
rischia di trasportare la vicenda a... Saffo).
Beh, staremo a vedere e soprattutto sentire.
Venerdi 15 ore 20 su Radio3 e - per ciò che mi riguarda -
domenica 17 dal vivo.
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