XIV

da prevosto a leone
Visualizzazione post con etichetta baricco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta baricco. Mostra tutti i post

05 marzo, 2009

Baricco si ripete...


Ma siccome lui è uno di quelli che sono convinti di essere gli unici furbi e intelligenti in un mondo di ignoranti e pecoroni, subito si premura - appunto - di invitarci a rileggere il suo articolo di febbraio, poichè noi - ignoranti e pecoroni che sappiamo solo giocare alla playstation - lo abbiamo del tutto travisato, proprio perchè non siamo in grado di capire i raffinati ragionamenti dei furbi e degli intelligenti come lui.

Mica male, come rispetto per il prossimo (ergo non si lamenti se riceverà lo stesso trattamento).

Poi, ci rispiega - ma sintetizzandole - le cazzate che aveva già scritto prima! La più colossale delle quali - che regge l’intero impianto imbecille del suo ragionamento - è sempre questa:

Il teatro lirico in Italia è in crisi perchè è Monopolio dello Stato, e i privati - poverini - ne sono a viva forza tenuti fuori. Lasciamoli liberi di agire, e avremo più cultura ed anche meno sprechi, anzi... profitti!

E lui stesso conia il termine del futuro: teatri low-cost, come Ryanair ed Easyjet! Come se il Teatro fosse una commodity, dove conta l'economicità a scapito della qualità!

Ecco, se uno basa tutto il suo pontificare su una stronzata come questa, è chiaro che tutto il suo pontificare sarà tutta una stronzata; come ben dicono gli americani: merd-in, merd-out.

Dico, invertire di sana pianta il nesso causa-effetto è tipico dei dementi (o, se Baricco sostiene di non essere tale, di menti in malafede, tertium non datur...)

Giacchè - a differenza delle linee aeree e delle canzonette - in nessuna parte del mondo il teatro lirico - così come l’istruzione tout-cour - è gestito secondo le regole del mercato: se gli enti pubblici o i privati (mecenati) non ci investono quattrini a fondo perduto, va in malora.

Baricco lo sa che i teatri USA sono fondazioni non-profit? E che le grandi Università USA (anche se private, come i teatri) si reggono in piedi grazie ad un continuo e sempre più massiccio ricorso al fund-raising, per raccogliere denaro privato (o pubblico) che per definizione non viene remunerato da profitto? Baricco, tutto questo lo sa? Se no, stia zitto e si informi; se sì, ancora una volta è pazzo o in malafede.

Se c’è un razionale da trarre dalle sue filippiche è che, lui, il teatro lirico lo vuole morto!

Punto.
.

27 febbraio, 2009

La ricetta di Baricco non funziona neanche in California

.
“...Il mercato sarebbe oggi abbastanza maturo e dinamico da fare tranquillamente da solo... abituiamoci a dare i nostri soldi a qualcuno che li userà per produrre cultura e profitti. Basta con l'ipocrisia delle associazioni o delle fondazioni, che non possono produrre utili.”

Così pontificava Alessandro Baricco dalle colonne di Repubblica giorni addietro.

Domanda: qual’è il Paese più liberista del pianeta? Risposta: gli USA.
Domanda: e negli USA, qual’è lo Stato più liberista? Risposta: la California.
Domanda: e in California, qual’è la città più liberista? Risposta: LosAngeles.

Bene, nel posto più liberista del mondo la più importante istituzione di teatro musicale (LA-Opera) è una organizzazione non-profit. Il bilancio di una stagione normale del teatro va dai 40 ai 60 milioni e le elargizioni private costituiscono circa il 57% dei ricavi (43% è l’introito dalla biglietteria). Domanda a Baricco: come mai non è una società per azioni, che operi liberamente sul mercato per produrre cultura facendo profitti?

Qualche tempo fa hanno deciso - topone Domingo in testa - di mettere in piedi un Ring. Ci stanno lavorando da due anni, hanno appena cominciato con Rheingold, poi faranno Walküre in Aprile (7 rappresentazioni a testa) e più avanti le altre due giornate (5 rappresentazioni a testa). Nel 2010 verranno proposti 3 cicli completi.

Il costo preventivato dell’operazione è di 32 milioni di dollari (11 di materiali e 21 di artisti + manodopera) come rilevabile dalla stampa locale.

Se ci fosse sempre il tutto esaurito, quindi come massimo assoluto e insperabile, l’incasso sarebbe di 20 milioni (ho personalmente fatto un conto abbastanza meticoloso, basandomi sui prezzi di biglietti e abbonamenti e sul numero di posti - dei vari tipi - del teatro, tutti dati disponibili sul sito della LA-Opera).

Profitti? Scherziamo davvero?

Sappiamo invece chi paga il deficit: i mecenati, che lì sono solo privati - invece che pubblici - e si chiamano Eli Broad e consorte (che ci hanno messo da tempo 6 milioni) ed altri che hanno già versato altrettanto. E ancora lavorano alacremente al fund-raising, per almeno coprirsi dai rischi di costi che possono crescere e incassi che non raggiungano il massimo teorico.

Come ben si vede, non ci fosse chi - privato o pubblico, sotto ogni latitudine - ha personalmente a cuore le sorti del teatro d’opera e decide, contro ogni legge di mercato, di farlo almeno sopravvivere (se non prosperare) ...andrebbe tutto a meretrici. Che questa sia forse la segreta speranza dei vari Baricco?
.

25 febbraio, 2009

Ancora a proposito di Baricco...

Nessun dubbio che il teatro, l’opera e i concerti siano gestiti in Italia in modo spesso discutibile, a volte vergognoso. Ma a parte le giuste osservazioni di chi fa notare che Baricco, in questo brodo, ci sguazza e ci fa profitti, resta il fatto che - senza un energico intervento sulla scuola (dalle elementari, se non dall’asilo) - il destino è segnato: quando i non più giovani di oggi se ne saranno andati, per ragioni biologiche, nessuno più frequenterà teatri e sale da concerto, e il problema troverà una soluzione naturale. Resteranno, per i pochi aficionados o per nuovi curiosi, le riproduzioni e le registrazioni fatte in studio, con opere tagliuzzate o rivisitate per essere appetibili da un pubblico sempre più ignorante degli originali.

Quindi, se la collettività decide che invece è il caso di salvare Mozart, Verdi e magari addirittura John Cage, bisogna necessariamente che investa sui piccoli, avviandoli per tempo alla conoscenza di ciò che noi (pochi) grandi consideriamo dei tesori di cui perpetuare il godimento, oltre che strumenti di innalzamento dell’umano spirito e di freno all’imbarbarimento della civiltà.

Quanto alla TV, riprendere lo spirito della vecchia e cara TV-dei-ragazzi, affiancando a cartoni e mazinga anche qualche ben camuffata lezioncina su Bach o Stravinsky non sarebbe male. E forse la cosa potrebbe anche essere finanziata - oltre che dallo Stato, come suggerisce Baricco dimenticandosi che noi (non so lui) già paghiamo il canone - dalla stessa pubblicità, che potrebbe offrire ai melomani in erba dei prodotti artistici per loro espressamente confezionati.

Poi bisogna comunque intendersi su come si pensa di offrire al pubblico gli spettacoli. Se continui ad avere un senso la rappresentazione dal vivo, in teatro o in auditorium (il che presenta immediatamente il problema della non sostenibilità dei costi secondo le leggi del mercato) oppure se - per rendere profittevole il business, esentando quindi lo Stato o i mecenati dal finanziarlo - si debba ricorrere in modo massiccio alla diffusione (a pagamento) degli spettacoli con strumenti ICT (Information & Communication Technology) cosa che molti importanti teatri (MET, ROH) e filarmonici (Berliner) stanno già cominciando a fare. Il risultato è quello di un allargamento della diffusione della conoscenza, che serva a finanziare la sempre ristretta diffusione dell’esperienza. Sapendo che ciò comporta anche aspetti diseducativi, dato che la fruizione via etere o cavo poco ha a che vedere con l’ascolto e la visione dal vivo. Può darsi che il futuro - grazie anche al progresso tecnologico - ci metta in condizione di provare, dal divano di casa, la stessa identica sensazione che si ha stando seduti sulla poltroncina della Scala, in un teatro virtuale... ma mi pare oggi ancora un’utopia.

In tema di provocazioni, propongo questo lavoretto, una specie di ricerca o tesina scolastica, fatto da un quindicenne americano (in USA non stanno molto meglio di noi, in fatto di educazione musicale nella scuola). L’impressione che se ne deriva è quella di una straordinaria padronanza dei mezzi tecnici applicata ad una conoscenza della materia del tutto superficiale (per non chiamarla ignoranza totale) chiaramente fondata su estemporanee ricerche google, wiki e youtube. Un esempio di ciò che è e rischia sempre più di essere il modo del futuro di vivere la musica e l’arte.
.

24 febbraio, 2009

Baricco, il provocatore


Su LaRepubblica compare un provocatorio articolo di Alessandro Baricco, sul tema del pubblico finanziamento per le istituzioni culturali.

Per sintetizzare, il nostro simpatico osservatore dei costumi la pensa così: i soldi pubblici - visto che sono sempre meno - vanno spesi nella scuola (e nella TV, come sussidiario educativo) in modo da attirare nel mondo della cultura e dell’arte i giovani, fin dalla più tenera età; lasciando poi ai privati di confezionare - secondo logiche di mercato - l’offerta culturale per gli adulti; i quali, essendo stati per tempo formati da scuola e TV, sentiranno il naturale bisogno di spettacoli, teatro, opere, balletti, concerti, mettendo con ciò a disposizione degli operatori le risorse economiche bastevoli alla produzione di quelli stessi spettacoli.

E nell’ultimo paragrafo dell’articolo si auspica la chiusura dell’asilo infantile rappresentato dal mondo incartapecorito della cultura odierna, per far spazio alla libera competizione fra tutte le migliaia di persone che fanno cultura con passione e capacità...

Quindi - deduco io - che l’establishment attuale se ne vada pure in malora: per selezione naturale sopravviveranno, fra tutti gli operatori, quelli che più sapranno adattarsi alle nuove condizioni.

Accattivante prospettiva, immaginata da uno che pontifica che il futuro è finito...

Qualche osservazione - più soft della media dei commenti pubblicati dal giornale... - a margine dello scritto di Baricco.

Lui individua tre ragioni che hanno spinto le pubbliche istituzioni ad elargire quattrini per la cultura:

1.allargare il privilegio della crescita culturale, rendendo accessibili i luoghi e i riti della cultura alla maggior parte della comunità”. Secondo Baricco questa motivazione è oggi svuotata dall’irruzione sul mercato di strumenti di “acculturamento di massa” (internet in primis) e in particolare - cita Baricco - in tre campi: libri, musica leggera e audiovisivi. Guarda caso - lo ammette candidamente - NON nei campi dell’opera lirica, della musica classica e del teatro, dove si concentra la spesa pubblica per la cultura! Ma lui trova subito un preciso nesso causa-effetto per spiegare la situazione: dove c’è il mercato, c’è vita e vitalità, dove c’è l’assistenza pubblica, c’è stasi, stagnazione e crisi.

Cioè: il mercato snobberebbe la lirica, i concerti e il teatro perchè lì c’è il monopolio delle pubbliche istituzioni? Beh, come barzelletta non c’è male! Basterà leggere il bilancio del Metropolitan per accorgersi che la sua sopravvivenza viene garantita sì dai privati (circa il 50% dei ricavi, pari alla quota di sussidio pubblico per LaScala) ma del tutto fuori dalle logiche di mercato: è puro mecenatismo di istituzioni private (anzichè pubbliche) che hanno come unico tornaconto una defalcazione dell’imponibile fiscale delle loro attività di business; ma niente profitti, niente ROI.

2.difendere dall'inerzia del mercato alcuni gesti, o repertori, che probabilmente non avrebbero avuto la forza di sopravvivere alla logica del profitto, e che tuttavia ci sembravano irrinunciabili per tramandare un certo grado di civiltà.” Anche qui Baricco mette in dubbio che l’obiettivo sia ancora da perseguire, o quanto meno non accredita le istituzioni artistiche della capacità di farlo. Testualmente: “Mi resta la certezza che l'accanimento terapeutico su spettacoli agonizzanti, e ancor di più la posizione monopolistica in cui il denaro pubblico si mette per difenderli, abbiano creato guasti imprevisti di cui bisognerebbe ormai prendere atto.”

Ecco, di nuovo l’abbaglio: la posizione monopolistica del denaro pubblico. Domanda: Baricco ha letto i bilanci delle fondazioni? Sa che il finanziamento pubblico raggiunge al massimo il 50% dei costi delle fondazioni, che per gran parte si reggono su elargizioni private? E ancora: c’è qualche legge che impedisce ai privati di offrire autonomamente cultura, imponendo il monopolio delle pubbliche istituzioni? Sorry, qui l’analisi mi pare faccia acqua da molte parti.

3.la necessità che hanno le democrazie di motivare i cittadini ad assumersi la responsabilità della democrazia: il bisogno di avere cittadini informati, minimamente colti, dotati di principi morali saldi, e di riferimenti culturali forti.” Qui Baricco diventa impietoso e quasi offensivo: secondo lui tutto l’armamentario “culturale” che ingoia tanti soldi pubblici non è stato in grado di ergersi a diga contro la degenerazione anticulturale portata - in massima parte - da Berlusconi! Quindi, motivo in più per riformarlo alla radice, se non abbatterlo del tutto.

Primo: già la motivazione in sè è un po’ traballante, visto che della cultura hanno fatto un pilastro centrale del consenso anche tutte le più sanguinose dittature, ed anche le dittature soft di oggi (vero, Chavez?) Secondo, e di conseguenza, si dovrebbe concludere che la cultura sia una preoccupazione - genuina o interessata - di tutti e sotto tutti i cieli politici e ideologici. Terzo, che c. c’entra Berlusconi e il suo spadroneggiare? Dovremmo dire, caso mai, che per evitare il fenomeno, si sarebbe dovuto spendere in cultura di più, e non di meno! E che non risolveremo il problema buttando via anche quel poco che ci resta.

Passiamo adesso ai rimedi. Qui - miracolosamente - Baricco torna a raziocinare, se pur solo in parte.

Cosa propone?

1.Spostate quei soldi, per favore, nella scuola e nella televisione. Il Paese reale è lì, ed è lì la battaglia che dovremmo combattere con quei soldi. Perché mai lasciamo scappare mandrie intere dal recinto, senza battere ciglio, per poi dannarci a inseguire i fuggitivi, uno ad uno, tempo dopo, a colpi di teatri, musei, festival, fiere e eventi, dissanguandoci in un lavoro assurdo? Che senso ha salvare l'Opera e produrre studenti che ne sanno più di chimica che di Verdi?

Giusto e sbagliato insieme. Giustissima la considerazione relativa al fare di più nella e per la scuola (e per la TV educativa): serve appunto a non far scappare i vitellini dal recinto. Ma sbagliata l’idea dello spostamento dei fondi: perchè così facendo tratterremo i vitellini nel recinto, ma non avremo più il foraggio per alimentarli quando diventeranno buoi!

Scrive ancora Baricco: “Lo dico in un altro modo: smettetela di pensare che sia un obbiettivo del denaro pubblico produrre un'offerta di spettacoli, eventi, festival: non lo è più. Il mercato sarebbe oggi abbastanza maturo e dinamico da fare tranquillamente da solo.”

Ecco, questa è proprio una stupidaggine, come ho ricordato sopra (leggere i bilanci, please, di qualunque ente o fondazione, italiana o straniera fa lo stesso).

2.Lasciare che negli enormi spazi aperti creati da questa sorta di ritirata strategica si vadano a piazzare i privati... Lo dico in modo brutale: abituiamoci a dare i nostri soldi a qualcuno che li userà per produrre cultura e profitti. Basta con l'ipocrisia delle associazioni o delle fondazioni, che non possono produrre utili...”

Qui non posso che ripetermi: dove sta scritto che a un privato è impedito di offrire spettacoli teatrali o musicali o lirici? Se è vero che il privato può spendere meglio ciò che investe, facendo profitti e quindi pagando meglio le maestranze... perchè tutto ciò non è già avvenuto? E perchè non sta ancora avvenendo, nel momento in cui lo Stato taglia in modo selvaggio i fondi?

Conclude Baricco: “Il mondo della cultura e dello spettacolo, nel nostro Paese, è tenuto in piedi ogni giorno da migliaia di persone, a tutti i livelli, che fanno quel lavoro con passione e capacità: diamogli la possibilità di lavorare in un campo aperto, sintonizzato coi consumi reali, alleggerito dalle pastoie politiche, e rivitalizzato da un vero confronto col mercato”.

Ancora una volta: c’è da abrogare qualche legge, o da promulgarne di nuove, per rendere possibile tutto ciò? Per intanto di sicuro c’è che si sta togliendo la flebo di Stato dal braccio dell'ammalato. E non si vedono all’orizzonte imprenditori ansiosi di metterci la loro flebo privata.

.