istruzioni di voto

scrivere pescivendola

24 febbraio, 2009

Baricco, il provocatore


Su LaRepubblica compare un provocatorio articolo di Alessandro Baricco, sul tema del pubblico finanziamento per le istituzioni culturali.

Per sintetizzare, il nostro simpatico osservatore dei costumi la pensa così: i soldi pubblici - visto che sono sempre meno - vanno spesi nella scuola (e nella TV, come sussidiario educativo) in modo da attirare nel mondo della cultura e dell’arte i giovani, fin dalla più tenera età; lasciando poi ai privati di confezionare - secondo logiche di mercato - l’offerta culturale per gli adulti; i quali, essendo stati per tempo formati da scuola e TV, sentiranno il naturale bisogno di spettacoli, teatro, opere, balletti, concerti, mettendo con ciò a disposizione degli operatori le risorse economiche bastevoli alla produzione di quelli stessi spettacoli.

E nell’ultimo paragrafo dell’articolo si auspica la chiusura dell’asilo infantile rappresentato dal mondo incartapecorito della cultura odierna, per far spazio alla libera competizione fra tutte le migliaia di persone che fanno cultura con passione e capacità...

Quindi - deduco io - che l’establishment attuale se ne vada pure in malora: per selezione naturale sopravviveranno, fra tutti gli operatori, quelli che più sapranno adattarsi alle nuove condizioni.

Accattivante prospettiva, immaginata da uno che pontifica che il futuro è finito...

Qualche osservazione - più soft della media dei commenti pubblicati dal giornale... - a margine dello scritto di Baricco.

Lui individua tre ragioni che hanno spinto le pubbliche istituzioni ad elargire quattrini per la cultura:

1.allargare il privilegio della crescita culturale, rendendo accessibili i luoghi e i riti della cultura alla maggior parte della comunità”. Secondo Baricco questa motivazione è oggi svuotata dall’irruzione sul mercato di strumenti di “acculturamento di massa” (internet in primis) e in particolare - cita Baricco - in tre campi: libri, musica leggera e audiovisivi. Guarda caso - lo ammette candidamente - NON nei campi dell’opera lirica, della musica classica e del teatro, dove si concentra la spesa pubblica per la cultura! Ma lui trova subito un preciso nesso causa-effetto per spiegare la situazione: dove c’è il mercato, c’è vita e vitalità, dove c’è l’assistenza pubblica, c’è stasi, stagnazione e crisi.

Cioè: il mercato snobberebbe la lirica, i concerti e il teatro perchè lì c’è il monopolio delle pubbliche istituzioni? Beh, come barzelletta non c’è male! Basterà leggere il bilancio del Metropolitan per accorgersi che la sua sopravvivenza viene garantita sì dai privati (circa il 50% dei ricavi, pari alla quota di sussidio pubblico per LaScala) ma del tutto fuori dalle logiche di mercato: è puro mecenatismo di istituzioni private (anzichè pubbliche) che hanno come unico tornaconto una defalcazione dell’imponibile fiscale delle loro attività di business; ma niente profitti, niente ROI.

2.difendere dall'inerzia del mercato alcuni gesti, o repertori, che probabilmente non avrebbero avuto la forza di sopravvivere alla logica del profitto, e che tuttavia ci sembravano irrinunciabili per tramandare un certo grado di civiltà.” Anche qui Baricco mette in dubbio che l’obiettivo sia ancora da perseguire, o quanto meno non accredita le istituzioni artistiche della capacità di farlo. Testualmente: “Mi resta la certezza che l'accanimento terapeutico su spettacoli agonizzanti, e ancor di più la posizione monopolistica in cui il denaro pubblico si mette per difenderli, abbiano creato guasti imprevisti di cui bisognerebbe ormai prendere atto.”

Ecco, di nuovo l’abbaglio: la posizione monopolistica del denaro pubblico. Domanda: Baricco ha letto i bilanci delle fondazioni? Sa che il finanziamento pubblico raggiunge al massimo il 50% dei costi delle fondazioni, che per gran parte si reggono su elargizioni private? E ancora: c’è qualche legge che impedisce ai privati di offrire autonomamente cultura, imponendo il monopolio delle pubbliche istituzioni? Sorry, qui l’analisi mi pare faccia acqua da molte parti.

3.la necessità che hanno le democrazie di motivare i cittadini ad assumersi la responsabilità della democrazia: il bisogno di avere cittadini informati, minimamente colti, dotati di principi morali saldi, e di riferimenti culturali forti.” Qui Baricco diventa impietoso e quasi offensivo: secondo lui tutto l’armamentario “culturale” che ingoia tanti soldi pubblici non è stato in grado di ergersi a diga contro la degenerazione anticulturale portata - in massima parte - da Berlusconi! Quindi, motivo in più per riformarlo alla radice, se non abbatterlo del tutto.

Primo: già la motivazione in sè è un po’ traballante, visto che della cultura hanno fatto un pilastro centrale del consenso anche tutte le più sanguinose dittature, ed anche le dittature soft di oggi (vero, Chavez?) Secondo, e di conseguenza, si dovrebbe concludere che la cultura sia una preoccupazione - genuina o interessata - di tutti e sotto tutti i cieli politici e ideologici. Terzo, che c. c’entra Berlusconi e il suo spadroneggiare? Dovremmo dire, caso mai, che per evitare il fenomeno, si sarebbe dovuto spendere in cultura di più, e non di meno! E che non risolveremo il problema buttando via anche quel poco che ci resta.

Passiamo adesso ai rimedi. Qui - miracolosamente - Baricco torna a raziocinare, se pur solo in parte.

Cosa propone?

1.Spostate quei soldi, per favore, nella scuola e nella televisione. Il Paese reale è lì, ed è lì la battaglia che dovremmo combattere con quei soldi. Perché mai lasciamo scappare mandrie intere dal recinto, senza battere ciglio, per poi dannarci a inseguire i fuggitivi, uno ad uno, tempo dopo, a colpi di teatri, musei, festival, fiere e eventi, dissanguandoci in un lavoro assurdo? Che senso ha salvare l'Opera e produrre studenti che ne sanno più di chimica che di Verdi?

Giusto e sbagliato insieme. Giustissima la considerazione relativa al fare di più nella e per la scuola (e per la TV educativa): serve appunto a non far scappare i vitellini dal recinto. Ma sbagliata l’idea dello spostamento dei fondi: perchè così facendo tratterremo i vitellini nel recinto, ma non avremo più il foraggio per alimentarli quando diventeranno buoi!

Scrive ancora Baricco: “Lo dico in un altro modo: smettetela di pensare che sia un obbiettivo del denaro pubblico produrre un'offerta di spettacoli, eventi, festival: non lo è più. Il mercato sarebbe oggi abbastanza maturo e dinamico da fare tranquillamente da solo.”

Ecco, questa è proprio una stupidaggine, come ho ricordato sopra (leggere i bilanci, please, di qualunque ente o fondazione, italiana o straniera fa lo stesso).

2.Lasciare che negli enormi spazi aperti creati da questa sorta di ritirata strategica si vadano a piazzare i privati... Lo dico in modo brutale: abituiamoci a dare i nostri soldi a qualcuno che li userà per produrre cultura e profitti. Basta con l'ipocrisia delle associazioni o delle fondazioni, che non possono produrre utili...”

Qui non posso che ripetermi: dove sta scritto che a un privato è impedito di offrire spettacoli teatrali o musicali o lirici? Se è vero che il privato può spendere meglio ciò che investe, facendo profitti e quindi pagando meglio le maestranze... perchè tutto ciò non è già avvenuto? E perchè non sta ancora avvenendo, nel momento in cui lo Stato taglia in modo selvaggio i fondi?

Conclude Baricco: “Il mondo della cultura e dello spettacolo, nel nostro Paese, è tenuto in piedi ogni giorno da migliaia di persone, a tutti i livelli, che fanno quel lavoro con passione e capacità: diamogli la possibilità di lavorare in un campo aperto, sintonizzato coi consumi reali, alleggerito dalle pastoie politiche, e rivitalizzato da un vero confronto col mercato”.

Ancora una volta: c’è da abrogare qualche legge, o da promulgarne di nuove, per rendere possibile tutto ciò? Per intanto di sicuro c’è che si sta togliendo la flebo di Stato dal braccio dell'ammalato. E non si vedono all’orizzonte imprenditori ansiosi di metterci la loro flebo privata.

.

8 commenti:

gabacca ha detto...

Ieri sera sono andato alla Scala a sentire la meravigliosa Winterreise di Quasthoff e Barenboim, stavolta molto umile nell'assencondare la linea interpretativa del grandissimo bass-bariton, di un intimismo e di una dolcezza tragica assolutamente originali, tali da porla sullo stesso piano delle altre più sublimi, che la nostra generazione ha potuto ascoltare.
Ne accenno qui invece di mettere un nuovo post, perché per seguire il testo mi sono portato da casa la brochure delle Schubertiadi di Hermann Prey del 1986-87: sei serate di Lieder di Schubert, tra cui naturalmente il sommo capolavoro di ieri sera. Sulla copertina figurava l'indicazione: "Concerti per Giovani, Lavoratori e Studenti", i mitici GLS, low cost ma con i più grandi concertisti del mondo, creati da Paolo Grassi e continuati gloriosamente con Badini.
Erano i tempi dell'Ente Autonomo Teatro alla Scala, gestito dai rappresentanti della collettività e della comunità musicale e teatrale.
Poi è arrivata la Fondazione dei privati supermiliardari ed erano spariti anche i concerti di canto come quello di ieri sera, evidentemente non abbastanza "rentables" (vedi il programma della stagione 2004-2005, impostato dalla gestione Fontana-Muti; i concerti per giovani e anziani "invitati" alla Scala erano eseguiti dal Quartetto d'archi della Scala, dai Violoncellisti della Scala, dai Solisti della Scala e dall'Ensemble strumentale scaligero: luminoso esempio di apertura internazionale del primo teatro musicale del mondo!).
Il tutto soltanto per invitare il signor Baricco ad andare "a scoà 'l mar", come si dice a Milano, e la Repubblica a smettere di ospitare questi conformisti dell'anticonformismo, inneggianti per puro codismo al liberismo culturale, in tempi in cui il liberismo selvaggio è stato messo in rotta dalle malefatte dei suoi stessi protagonisti.

gabacca ha detto...

Dimenticavo: tra le anticaglie inutili da non finanziare più con denaro pubblico e da far risuscitare attraverso il "mercato" Baricco ci mette i concerti di Lieder.
Vi immaginate le Schubertiadi di Tronchetti Provera?

pentagio ha detto...

Sono rimasto basito alla lettura di tante scemenze tutte insieme e da Baricco non me le sarei mai aspettate. Una sola considerazione mi è venuta spontanea e immediatamente: Il quotidiano"La Repubblica" avrebbe comunque pubblicato il suo articolo se Baricco non avesse ipocritamente taciuto dei finanziamenti pubblici ai giornali? Parliamo di ben 600 milioni di Euro!!! Il FUS(Fondo Unico Spettacolo) attualmente dispone di poco più della metà di tanto sperpero. E Baricco sa che se mai abbiamo un problema rispetto ai paesi dell'Europa è quello di investire scarsissime e miserevoli risorse nella cultura? Recentemente anche Zeffirelli ha fatto dichiarazioni analoghe. Ha proposto la chiusura dei Teatri d'Opera per un anno e quindi la loro riapertura con fondi"privati". A parte la inaccettabile provocazione che tali affermazioni costituiscono, mi viene spontaneo pensare che Zeffirelli sta tuttora mangiando a quattro palmenti grazie al finanziamento pubblico dei Teatri d'Opera che ancora indecentemente, date le difficoltà di bilancio,gli consentono allestimenti costosissimi. Gente spudorata e in malafede!!!

mozart2006 ha detto...

Magnifico post,Daland.Ti straquoto!!!
Comunque,per Baricco la crisi della cultura é piú che altro dovuta al fatto che la gente non compra piú i suoi libri.
Ecumenismo alla Veltroni,sí ma anche...
Non perdiamo tempo con questa fuffa!
Ciao

CICCILLO ha detto...

un cretino, non c'è altro modo di definire baricco.
e anche in malafede.
se la prende col teatro, l'opera e la musica classica, cioè le forme artistiche che prevedono la performance dinanzi ad un pubblico di più o meno numerose persone circondati da altrettanto numerosi collaboratori, artigiani e professionisti vari fuori dalla scena.
e contrappone tutto questo all'industria letteraria che ovviamente non ha questi stessi costi e non prevede la performance.
dunque è in malafede quando cita le varie case editrici come esempi virtuosi di arte che si affida solamente al mercato e invita i teatri a fare lo stesso.
ma non era poi lui che insieme ad altri propose anni fa di trasformare il Regio di Torino in un teatro dedicato esclusivamente alla musica contemporanea?
poi come al solito invece di migliorare quello che già c'è, o anche riformarlo, aprirlo al nuovo e dunque anche ad un pubblico nuovo, si preferisce proporre di distruggere per lasciare tutto nelle mani del mercato.
il risultato sarebbe la scomparsa di tutte le situazioni più piccole e più fragili, di tutte le musiche innovative e/o problematiche.
alla faccia peraltro di quello che succede in tutta Europa, laddove un intervento del genere neanche avrebbe senso.
il problema dell'Italia e di conseguenza dei teatri italiani, d'opera e di prosa, è etico e organizzativo allo stesso tempo ma lui preferisce evitare il problema (che probabilmente lo tocca in prima persona) e accodarsi alla schiera dei privatizzatori a tutti i costi.
se questi sono i "maitre à penser" del Piddì siamo messi davvero male!
ma io credo piuttosto che lui, vista l'aria che tira, si stia attrezzando a passare dall'altra parte, magari in veste di finto ministro della cultura bipartisan.
o più semplicemente candidandosi a qualche direzione artistica o qualche poltrona Rai.

per il resto mi associo all'invito rivolto da gabacca al nostro "scrittore senza recensioni".

Amfortas ha detto...

Sì ne ho parlato anch'io...in altro contesto (hai visto le foto? Inorridisci!).
Secondo me qualcosa da salvare c'è, ma resta il fatto che è almeno sospetto che uno che è diventato famoso grazie alla televisione la proponga come alternativa salvifica.
Ciao!

mozart2006 ha detto...

Per Gabriele:io mi immagino Winterreise cantato da Marco Carta con Allevi al pianoforte,posto che il Mozart de noantri sia in grado di suonarlo,cosa su cui nutro forti dubbi...
Bene hai fatto a ricordare i concerti GLS creati da Paolo Grassi alla Scala.Quella era cultura alla portata di tutti,in quegli anni certo controversi ma nei quali si badava ai fatti e non a riempirsi la bocca con le chiacchiere.
Ciao

daland ha detto...

@ amfortas
ho seguito Gounod - un po' deconcentrato, lo ammetto - giovedi scorso alla radio. Sul piano musicale, noto che non sei stato molto più di manica larga del "Corriere" (sai a chi alludo). Sulla regìa non inorridisco, anzi mi affido al tuo giudizio equilibrato, anche se semiserio!

Su Baricco scrivo qualche altra considerazione a parte.