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04 maggio, 2010

Niente Boccanegra alla Scala

Essendo saltata la recita di questa sera ed esauriti da tempo i posti per l'ultima, invece della mia modesta cronaca farò un paio di considerazioni, come dire, ambientali.

La prima è francamente di costume, e riguarda le contestazioni, a chiunque rivolte. Dalle numerose reazioni che si possono leggere sui vari blog, si deduce che i buuh emessi da chi scrive – chiunque egli/ella sia - sono sempre giustificati, ineccepibili, meritati, doverosi, spontanei e disinteressati: stavolta son toccati a Barenboim, peggio per lui, se li è voluti. Invece i buuh emessi – in altre occasioni, vedi al Gatti di SantAmbrogio-08 - da altri spettatori, sono sempre e matematicamente dovuti a prevenzione, pregiudizio, complotto, sabotaggio e malafede. Ecco, allo stadio e al bar-sport tale Aristotele è molto, ma molto più di casa!

La seconda riguarda nello specifico il Kapellmeister Daniel Barenboim. Si leggono al proposito sofismi di questo tipo. Datosi che:

a. Barenboim conosce solo Wagner e con costui si identifica… e che:

b. Verdi e Wagner sono separati da una distanza stellare… ne consegue automaticamente che:
c. Barenboim si trova a distanza stellare da Verdi, e quindi non può che dirigerlo in modo schifoso.

Peccato che i presupposti a. e b. siano – come minimo - assai difficilmente dimostrabili, quando non apertamente e palesemente falsi. Ergo non può che essere contestabile la conclusione c.

Personalmente io trovo invece che la dimestichezza di Barenboim con Wagner possa essere di grande utilità nell'affrontare questo Verdi. Che non per nulla fu da molti biasimato, ma da altri apprezzato, per aver cominciato a recepire taluni concetti e princìpi del musikdrama del crucco. A proposito del quale sarà il caso di ricordare che mise in pratica, in modo totale e insuperabile, proprio quel recitar cantando - di italica invenzione sul triangolo Firenze-Mantova-Venezia - che invece si era poi andato corrompendo e trasformando in scimmiottar gorgheggiando.

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Una nota anche sugli scioperi, conseguenti alla firma del Presidente, conseguente alla presentazione del Decreto Bondi.

Prima considerazione: abbiamo assistito ancora una volta ad una manfrina all'italiana. Eravamo abituati a quelle del SantAmbrogio scaligero: minaccia di scioperi, poi due finte pacche sulle spalle per mandare in onda la prima e quindi regolari scioperi alla seconda e alla terza, magari intervallati da un regolare concerto della "autonoma" Filarmonica.

Stavolta c'era di mezzo la prima del Maggio, con la Loren già scomodatasi, figuriamoci! E così il compaesano della diva si è prestato al giochetto: rimanda la firma di un paio di giorni, e il Maggio può aprire in gloria, per chiudere subito dopo e – pare – ad oltranza! Spiace davvero che il Presidente, quello buono, si sia abbassato a tanto.

Quanto al Decreto in sé, di certo non fa della beneficenza a nessuno. Parliamoci chiaro: come già per la riforma della scuola della neo-mammina Gelmini, questo è un provvedimento che serve principalmente ed immediatamente a tagliare, quindi non è tanto di responsabilità di Bondi, quanto di Tremonti, che deve avere una paura blu di far la fine della Grecia e – non potendo/volendo prendersela con i suoi amici evasori e mentre l'avanzo primario è diventato, grazie al Governo di cui fa parte, un bel ricordo - cerca tutti gli espedienti per raccattare qualche spicciolo, inventandosi scudi, tagli ed altre simili piacevolezze.

Seconda considerazione: se il Presidente ha francamente scherzato, dando ragione a Berlusconi quando parla di "analisi degli aggettivi" dei testi dei decreti, non da meno hanno fatto i Sindacati. Essendo evidente a tutti che le osservazioni di Napolitano erano una foglia di fico. Sappiamo bene che il Presidente può ottenere una radicale revisione di un decreto, o il suo accantonamento, soltanto se ne paventa la palese incostituzionalità o la palese mancanza di copertura finanziaria. Nulla di tutto ciò nelle osservazioni di Napolitano. E allora i Sindacati – fossero ancora una cosa seria – avrebbero dovuto o confermare tutti gli scioperi, incluso il blocco della prima del Maggio, oppure rimandarli tutti, aspettando i previsti incontri con il Governo. Pollice verso anche per loro, sorry!