Essendo saltata la recita di questa sera ed esauriti da tempo i posti per l'ultima, invece della mia modesta cronaca farò un paio di considerazioni, come dire, ambientali.
La prima è francamente di costume, e riguarda le contestazioni, a chiunque rivolte. Dalle numerose reazioni che si possono leggere sui vari blog, si deduce che i buuh emessi da chi scrive – chiunque egli/ella sia - sono sempre giustificati, ineccepibili, meritati, doverosi, spontanei e disinteressati: stavolta son toccati a Barenboim, peggio per lui, se li è voluti. Invece i buuh emessi – in altre occasioni, vedi al Gatti di SantAmbrogio-08 - da altri spettatori, sono sempre e matematicamente dovuti a prevenzione, pregiudizio, complotto, sabotaggio e malafede. Ecco, allo stadio e al bar-sport tale Aristotele è molto, ma molto più di casa!
La seconda riguarda nello specifico il Kapellmeister Daniel Barenboim. Si leggono al proposito sofismi di questo tipo. Datosi che:
a. Barenboim conosce solo Wagner e con costui si identifica… e che:
b. Verdi e Wagner sono separati da una distanza stellare… ne consegue automaticamente che:
c. Barenboim si trova a distanza stellare da Verdi, e quindi non può che dirigerlo in modo schifoso.
Peccato che i presupposti a. e b. siano – come minimo - assai difficilmente dimostrabili, quando non apertamente e palesemente falsi. Ergo non può che essere contestabile la conclusione c.
Personalmente io trovo invece che la dimestichezza di Barenboim con Wagner possa essere di grande utilità nell'affrontare questo Verdi. Che non per nulla fu da molti biasimato, ma da altri apprezzato, per aver cominciato a recepire taluni concetti e princìpi del musikdrama del crucco. A proposito del quale sarà il caso di ricordare che mise in pratica, in modo totale e insuperabile, proprio quel recitar cantando - di italica invenzione sul triangolo Firenze-Mantova-Venezia - che invece si era poi andato corrompendo e trasformando in scimmiottar gorgheggiando.
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Una nota anche sugli scioperi, conseguenti alla firma del Presidente, conseguente alla presentazione del Decreto Bondi.
Prima considerazione: abbiamo assistito ancora una volta ad una manfrina all'italiana. Eravamo abituati a quelle del SantAmbrogio scaligero: minaccia di scioperi, poi due finte pacche sulle spalle per mandare in onda la prima e quindi regolari scioperi alla seconda e alla terza, magari intervallati da un regolare concerto della "autonoma" Filarmonica.
Stavolta c'era di mezzo la prima del Maggio, con la Loren già scomodatasi, figuriamoci! E così il compaesano della diva si è prestato al giochetto: rimanda la firma di un paio di giorni, e il Maggio può aprire in gloria, per chiudere subito dopo e – pare – ad oltranza! Spiace davvero che il Presidente, quello buono, si sia abbassato a tanto.
Quanto al Decreto in sé, di certo non fa della beneficenza a nessuno. Parliamoci chiaro: come già per la riforma della scuola della neo-mammina Gelmini, questo è un provvedimento che serve principalmente ed immediatamente a tagliare, quindi non è tanto di responsabilità di Bondi, quanto di Tremonti, che deve avere una paura blu di far la fine della Grecia e – non potendo/volendo prendersela con i suoi amici evasori e mentre l'avanzo primario è diventato, grazie al Governo di cui fa parte, un bel ricordo - cerca tutti gli espedienti per raccattare qualche spicciolo, inventandosi scudi, tagli ed altre simili piacevolezze.
Seconda considerazione: se il Presidente ha francamente scherzato, dando ragione a Berlusconi quando parla di "analisi degli aggettivi" dei testi dei decreti, non da meno hanno fatto i Sindacati. Essendo evidente a tutti che le osservazioni di Napolitano erano una foglia di fico. Sappiamo bene che il Presidente può ottenere una radicale revisione di un decreto, o il suo accantonamento, soltanto se ne paventa la palese incostituzionalità o la palese mancanza di copertura finanziaria. Nulla di tutto ciò nelle osservazioni di Napolitano. E allora i Sindacati – fossero ancora una cosa seria – avrebbero dovuto o confermare tutti gli scioperi, incluso il blocco della prima del Maggio, oppure rimandarli tutti, aspettando i previsti incontri con il Governo. Pollice verso anche per loro, sorry!
5 commenti:
Non amo offender nessuno, ma la considerazione b la deve aver scritta un demente. Come mai, secondo costui, grandi wagneriani come Karajan erano anche grandi interpreti di Verdi e il prototipo stesso del direttore italiano, Arturo Toscanini, è stato un wagneriano dei più grandi, primo straniero invitato a dirigere a Bayreuth?
Per il resto, post perfetto in entrambi i temi. È verissimo che, anche per alcuni nostri amici comuni, i fischi sono legittimi solo se vanno a qualcuno che non gli piace, altrimenti sono pagati!
Sul decreto, perfetto il tuo riassunto. Come nel caso della scuola, dietro ci sta Treconti che, con la calcolatrice a manovella, dice:"Taglia- crik crak- taglia!"
Ciao.
Dovremmo temere tutti di seguire la sorte della Grecia e fare il possibile per evitarlo.
Il debito pubblico che ci schiaccia è un’eredità degli anni ’70 e ’80 ed a Tremonti spetta il difficile compito di gestirlo.
In questa situazione, se vorremo mantenere ad un livello d’eccellenza la cultura musicale del nostro paese, noi cittadini dovremo intervenire sostenendo economicamente l’attività delle Fondazioni. Ciascuno nei limiti delle proprie possibilità economiche.
Per esempio laVerdi, che negli ultimi tempi ha lanciato una serie di innovative iniziative di raccolta fondi, è un esempio da imitare e sostenere.
D’altro canto i grandi teatri ed orchestre statunitensi mostrano come, grazie al mecenatismo di piccoli e grandi patrocinatori, si possono ottenere risultati importanti con un ricorso limitato alla spesa pubblica.
La ringrazio per i suoi sempre interessanti commenti.
@mozart2006
Su Barenboim credo ci siano molti pregiudizi, che certamente il personaggio - magari involontariamente - alimenta. Da quando ha cominciato a salire sul podio si è effettivamente dedicato in modo massiccio a Wagner - è ancora recordman di direzioni a Bayreuth! - mentre Karajan e Toscanini furono assai più "equilibrati" nei loro repertori.
Che Barenboim abbia difficoltà a dirigere un Barbiere o un Elisir non fatico ad ammetterlo (e credo che lui per primo non ne sia interessato) ma il Verdi (via Boito) del Simone 1881 è assai più vicino a Wagner di quanto si creda.
Dopodichè, se Barenboim ha diretto male, per carità i fischi e buh se li merita, e se li merita anche se dirige male Wagner (come gli succede a volte, peraltro).
@Moreno
Intanto grazie per le gentili espressioni e per la condivisione dell'ammirazione per l'OrchestraVerdi.
Il problema del finanziamento delle Fondazioni e Enti culturali in genere, così come della Scuola e Università, è assai spinoso e presenta aspetti legati alla nostra storia e alla nostra cultura (o in-cultura). Da noi c'è una tradizione di intervento pubblico in questi campi che è radicata, a torto ma anche a ragione, e non è facile da trasformare. Se oggi – di punto in bianco – il Pubblico togliesse i contributi (tipo FUS) le Fondazioni (OrchestraVerdi compresa, nonostante tutte le sue lodevoli iniziative di fund-raising) andrebbero in fallimento in un mese, e nessun Privato (azienda o persona) sarebbe lì a soccorrerle. Perché? Per mille ragioni: poca leva fiscale, scarsa fiducia nei “ritorni dell’investimento”, devoluzione di fondi (pensiamo al 5-per-mille) ad altre iniziative, magari ancor più meritevoli e urgenti (medicina, quarto mondo, ONLUS varie, etc.) e, diciamolo pure, scarsa sensibilità di fondo, legata proprio a quella tradizione di intervento pubblico che ho ricordato sopra, ma anche alla continua contrazione del numero di appassionati che si recano a teatro. Qui il decreto-Bondi è micidiale, poiché stressa ancor più di prima l’aspetto “botteghino”, lasciando le Fondazioni in preda ad un viziosissimo circolo: con scarse risorse il pubblico non viene “catturato”, così i fondi pubblici calano, e il pubblico cala ancor di più, a così via fino al baratro. Una possibile via d’uscita – ammesso che non sia un rimedio peggiore del male e che il “modello di business” regga anche in questo campo – è quella che ha trovato lo sport, il calcio in particolare, che oggi si regge quasi esclusivamente sulle entrate da diritti televisivi (di emittenti private, ma anche pubbliche, si noti) e marginalmente dal botteghino. Quindi, una grande platea di fruitori via-cavo o web, e quattro gatti che, salvo il 7 dicembre, popolano i Teatri.
Beh non c'è molto da aggiungere, se non che i sostenitori legittimi delle buate non gradiscono la libertà degli altri di non gradire i loro buuu. E questo la dice lunga su tante cose.
Quanto a Barenboim, per me resta un direttore di grande livello che, come ho già avuto modo di scrivere, ha più affinità con certi compositori e meno con altri, come tutti.
Sugli scioperi sono totalmente dalla parte dei "manifestanti", solo che dovrebbero focalizzare la loro protesta fuori dai teatri, in stazione, in autostrada.
Però sai, Tutino ha mandato la digos al Comunale di Bologna e magari i provocatori di professione, che godono a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, magari in TV, potrebbero cogliere l'occasione per privilegiare di nuovo il lavoro di un operaio rispetto a quello di una sarta o di un tecnico delle luci.
Ciao.
@Amfortas
Sulle rivendicazioni delle maestranze siamo daccordo (quasi) tutti. E' sulle cosiddette "forme di lotta" che si discute. Prendiamo il caso Maggio (ma alla Scala è un film che va in onda regolarmente in vista del 7 dicembre): ammesso che uno sciopero serva - e nello spettacolo serve solo se "fa notizia", non certo perchè priva il botteghino di qualche migliaia di Euri - allora andava fatto (al Maggio, come alla Scala altre volte) proprio alla PRIMA, dove sono coinvolti presidenti, amministratori delegati e loren varie! E dove "tutto il mondo" se ne accorge. Non (come si è fatto al Maggio e alla Scala in passato) alla seconda o alla terza, dove vengono semplicemente penalizzate alcune centinaia di persone, che sono il pubblico VERO, mentre la notizia non va nemmeno sui tg!
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