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25 maggio, 2010

Le note di regia del Rheingold di Cassiers

Il sito del Teatro ha da qualche giorno completato la pubblicazione di materiale (parte del programma di sala) a corredo e supporto della rappresentazione.

Oltre al libretto, nella nuovissima traduzione del professor Franco Serpa (con tutto il rispetto, ce n'era proprio bisogno, dato che apporta piccole e poco significative modifiche a quella - quasi perfetta, celebre e di pubblico dominio - del grande Guido Manacorda?) vengono presentati due articoli relativi alla concezione del Ring (e in particolare del Rheingold) del regista Guy Cassiers.

Il primo, di Michael P. Steinberg, della Brown University nel Rhode Island, è intitolato Proiezione e interazione: verso una nuova concezione drammaturgica del Ring. Attribuisce alla regìa di Cassiers nientemeno che l'apertura di un nuovo fronte interpretativo del Ring, una quinta era nella messinscena del capolavoro wagneriano, dopo quelle da lui etichettate come 1.storia del mito (1876-1944, la conservazione delle idee originarie di Wagner che – secondo Steinberg – presentavano il mito come allegoria della storia della Germania imperiale contemporanea a Wagner) 2.mito (1951-1975, legata alle innovazioni di Wieland, che tendevano – sempre secondo Steinberg - a depurare la messinscena da ogni e qualunque riferimento storico, anche per far dimenticare la compromissione col nazismo) 3.storia (1976-1980, legata sostanzialmente alla regìa di Chéreau, che presentava un Ring profondamente calato nella storia tedesca, da Guglielmo a Weimar, depurandolo dei riferimenti ai miti) e 4.neo-mito (dal 1980 in poi, dove si recupera, secondo Steinberg, il mito, ma senza perdere i contributi che Chéreau aveva apportato in fatto di regìa dei personaggi, delle loro relazioni ed interazioni).

Ecco, il Ring di Cassiers, stando a Steinberg, introduce un paradigma del tutto nuovo. Ohibò, stiamo a sentire: si torna a Chéreau, ed alla sua concezione secondo cui nulla, nemmeno il mito, è fuori dalla storia. Ma invece di mostrare uno svolgersi storico determinato (anni 1870-1945) come fece il francese, ci presenta la storia dell'oggi (globalizzazione e suoi annessi-connessi) legata alla stratificazione dell'eredità storica da noi accumulata, che condiziona la nostra esistenza odierna e prepara quella futura.

Proiezione ed interazione sono gli strumenti che Cassiers usa per raggiungere il suo obiettivo. Proiezione intesa come meccanica riproduzione di immagini, o ombre, ma anche come esternazione di esperienze interiori. Il Ring proietta i suoi contenuti sul pubblico: Wagner fu maestro nella proiezione del suono (l'orchestra sprofondata e i suoi suoni che si amalgamano con le voci, prima di raggiungere l'orecchio dell'ascoltatore). Cassiers si propone di fare lo stesso con le immagini, impiegando le moderne tecnologie. L'interazione consiste nella reazione del pubblico alle proiezioni (sonore e visive) che lo colpiscono, e al suo coglierne – singolarmente e collettivamente – gli stimoli. E diversi soggetti e diversi pubblici – Milano e Berlino - potranno avere reazioni diverse.

In sostanza, queste tecniche consentono di mantenere una relazione costantemente oscillante fra passato e presente, fra un passato, da un lato, che è fissato e trascorso, ma sempre variabile nella sua ricostruzione, e un presente, dall'altro, che è sempre tormentato e carico di tensione in relazione alle scelte d'azione che presenta e agli esiti per il futuro che contiene.

Come pratico esempio di immanenza storica del Ring si cita la brama per l'oro, che sarebbe esplosa ai tempi di Wagner e che oggi permea la nostra società, con forme e manifestazioni sempre diverse…

L'altro contributo è dello studioso belga Erwin Jans, e reca il titolo: Il Ring: nella Twilight zone. Il Ring descrive in sostanza un mondo – proprio come il nostro! - in continua transizione, dove nessuno è al sicuro e dove ciascuno cerca il suo posto al sole, dove sistemi di potere si confrontano e rapporti di forza si modificano. Il tutto all'ombra di un fato inesorabile, che offusca la libertà. Abbiamo ancora un libero arbitrio? Siamo ancora capaci di scegliere le nostre azioni? Oppure esse sono decise altrove? Siamo ancora i fautori delle nostre vite? Le nostre azioni hanno qualche effetto? I nostri atti non sono forse strangolati in una rete fatale? La velocità e l'incomprensibilità che caratterizzano oggi gli sviluppi tecnologici, sociali ed economici possono essere definite, con assoluta serietà, "tragiche". Il mondo non è più nelle nostre mani. Il mondo ci accade.

Secondo Jans, Cassiers intende, con la sua messinscena, confrontarsi e proporci il confronto con la realtà dell'oggi, caratterizzata dai fenomeni di globalizzazione: la dichiarata fine della storia e della politica; il flusso di informazioni e immagini; il ruolo del linguaggio e della retorica; la virtualizzazione della realtà; la società dei consumi; la confusione ideologica; la minaccia del fanatismo e del fondamentalismo; la ricerca di sicurezza e spiritualità. In sostanza: il crepuscolo della società borghese.

Scrive ancora Jans: Nella visione di Guy Cassiers, il Ring racconta la crisi di identità e la collocazione incerta dell'individuo nel disorientante processo di globalizzazione. Poi va ancor più sul politico, laddove afferma testualmente: Il Ring è l'analisi critica della società capitalistica della metà dell'Ottocento e della sua classe media. Ma poi, prendendo atto dello spostamento di Wagner su posizioni, diciamo così, conservatrici, muove una velata critica, mutuata da G.B.Shaw, per la simpatia che Wagner sembrò mostrare per Wotan, più che per il rivoluzionario Siegfried…

Sempre più chiaramente: La messinscena di Guy Cassiers tiene in seria considerazione l'analisi sociale del Ring e la traspone all'inizio del XXI secolo, in un mondo in cui il capitalismo è divenuto globale e senza alternative.

Dopodichè si passa a proporre paralleli fra le vicende del Ring e la globalizzazione: il Walhall costruito con l'oro rubato ai Nibelunghi, così come le grandi fortune di oggi sono ottenute impoverendo milioni di individui: lavoro minorile, clandestini sottopagati, traffico di vite umane, e così via; ecco le mani invisibili che portano l'oro al Walhalla. Non mancano i riferimenti alle rivolte americane del 1992 e alle banlieu parigine del 2005, assimilati alla sete di vendetta di Alberich.

Ora Jans entra nel merito della regìa di Cassiers e pone l'accento sulla sua interdisciplinarietà: luci, coreografie, balletti, funzionali al progetto di decostruzione dei personaggi nelle componenti di corpo, immagine e voce. Dove ogni componente racconta una parte della storia, e dove sarà lo spettatore a ricomporre il quadro, secondo la sua personale percezione.

Infine Jans riassume i significati delle quattro scene del Rheingold. Nella prima le ninfe rappresentano, per Alberich, una realtà virtuale, come quella delle webcam, che può solo creare frustrazione. Nella seconda abbiamo la rappresentazione della decadenza del mondo degli dèi: L'identità degli dei si è disintegrata in pure idee da un lato (i cantanti) e potere fisico, animale dall'altro (i danzatori). Questa scissione della loro identità condurrà alla fine alla morte degli dei, che sembrano figure di sogno catturate fra la vita e la morte. I Giganti sono rappresentati da enormi ombre, anche questa una manipolazione della realtà, che serve a minacciare ed intimorire la controparte. Nella terza scena abbiamo il regno del Grande Fratello. La quarta scena vede il mondo che cade a pezzi, mentre gli dèi salgono al Wahlall sopra un arcobaleno costituito da una grande massa di numeri e lettere proiettati in continuo movimento, stretti l'un l'altro e che richiamano la Borsa e i corsi azionari.

Conclude Jans con considerazioni già lette e udite, del tipo: ambizione, brama di potere, avarizia, amore, desiderio, invidia, disperazione, lealtà… il Ring abbraccia tutto lo spettro delle emozioni umane. E con richiami a moderni fenomeni di alienazione, frustrazione, individuazione di nemici cui imputare le proprie sfortune, ricerca di redentori cui affidare il proprio futuro, etc.

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Che dire? Tante idee, alcune interessanti, altre stantìe, altre banali. E soprattutto si tratta di vedere poi all'atto pratico se e come il Konzept sia stato realizzato sulla scena. Le reazioni – da quelle dei soloni della critica a quelle degli amatori in forum e blog – non sembrano, ad oggi, entusiaste.

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