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06 maggio, 2010

Aspettando che inizi il Ring alla Scala

Una interessante conferenza del professor Franco Serpa – nell'ambito dell'iniziativa Prima delle Prime – ha introdotto il tema del Ring, il cui nuovo ciclo (2010-2013) prenderà inizio – scioperi/Bondi permettendo – il 13 maggio alla Scala con Das Rheingold.

Serpa è uno dei nostri massimi esperti wagneriani (e non solo). Può ben vantarsi di aver assistito, nel lontano 1950, al primo ciclo nibelungico in lingua originale, quello di sua-denazificata-maestà Wilhelm Furtwängler, prodotto dalla Scala. Prima di parlarci del Rheingold ha ricapitolato la genesi del Ring all'interno della parabola esistenziale ed artistica di Wagner e nella prospettiva storica e della civiltà europea di metà '800. Io conservo ancora, come una reliquia, il suo saggio sul Ring comparso più di 20 anni fa sulla mai abbastanza rimpianta rivista Musica&Dossier, scritto che ha non poco contribuito a spingermi a studiare, oltre che ascoltare, questa che è da considerare la più straordinaria realizzazione dell'ingegno umano nel campo musicale.

Se posso permettermi un modesto appunto alla sua presentazione del Rheingold – è sempre eccitante, perché temerario, prendersi lo sfizio di muovere un appunto ad un accademico di S.Cecilia! – questo riguarda la luce in cui Serpa ha inquadrato il personaggio chiave (quello che dà il nome all'intero ciclo): Alberich. Che dal professore è stato definito come l'incarnazione del male, un essere congenitamente malvagio. Ecco, qui io mi permetto di dissentire: Alberich diventa malvagio, questo certamente, ma solo dopo che gli è stato fatto un torto (da tre stupidelle note come Le Figlie del Reno) anzi il più gran torto che si possa fare ad un essere vivente, negargli l'amore. Ed è precisamente la prospettiva disperante di dover vivere senza amore - Erzwäng' ich nicht Liebe… - che convince il nano, perso per perso, a maledirlo e ad impossessarsi dell'oro - doch listig erzwäng' ich mir Lust? - con tutto ciò che ne consegue.

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Sistemato (smile!) Serpa, veniamo ad un protagonista chiave della rappresentazione: il regista. Guy Cassiers – con qualche anno in più sulle spalle – sembra ripetere l'esperienza che nel 1976 fece tale Patrice Chéreau (allora trentenne): essendo grande esperto di teatro di prosa, ma poco o nulla conoscendo di teatro musicale e di Wagner e di Ring in particolare, viene chiamato alla messa in scena di un'edizione importante (Bayreuth mi perdonerà l'affronto, se lo paragono alla Scala) dell'Anello. Peraltro Cassiers ha il vantaggio non indifferente di arrivare dopo mille esperienze fatte da altri; essendo – fino a prova contraria – intelligente è da sperare che da esse prenda il grano e butti il loglio, non viceversa!

In web sono disponibili alcuni documenti che testimoniano dell'approccio generale e della preparazione di questo Rheingold. Qui una serie di filmati, girati nelle ultime settimane. Due di questi (1-4) sono – con traduzione italiana - pubblicati sul sito del Teatro. Qui invece (è un pdf di 5Mega, attenzione!) un documento (in tedesco) con alcune considerazioni, diciamo così, filosofiche del nostro. Si può fare qualche illazione, qualche considerazione di prima mano? Vediamo un po'.

Dalla stessa locandina del Teatro, dai vari filmati, e dalle dichiarazioni del regista che li accompagnano si evince, intanto, un aspetto non proprio marginale: la presenza di una coreografia, quindi l'impiego di danzatori ad accompagnare alcune scene del dramma. Come giustificano Cassiers (filmato n°5) e un suo coreografo (filmato n°3) questa scelta piuttosto azzardata? Con la volontà di meglio chiarire allo spettatore ciò che si nasconde nella personalità dei vari protagonisti, spiegandone i reconditi segreti attraverso il movimento di danzatori. È legittimo sollevare seri dubbi su questa trovata? Per me purtroppo sì. Perché? Ma perché in Wagner, e nel Ring in particolare, quel compito che Cassiers intende affidare ai danzatori è invece affidato – e in modo insuperabile – alla musica! È ascoltando questa, i leit-motive che ne emanano, che noi comprendiamo, ricordiamo, anticipiamo fatti, cogliamo sentimenti, sensazioni, collegamenti e relazioni. Quei danzatori, invece, non finiranno per caso per distrarre la nostra attenzione proprio da ciò che è più importante e prezioso?

Quanto all'impostazione concettuale, da ciò che si vede e legge in alcuni spezzoni dei filmati e nel documento pubblicato sul sito della Staatsoper, sembrerebbe di evincere l'intendimento di Cassiers di presentarci – a partire dal Rheingold – un Ring con forte carattere attualizzante, per così dire. Così fanno pensare i riferimenti ai moderni processi di globalizzazione, alla spersonalizzazione delle relazioni, agli egoismi regionali ed etnici, alla ricerca di spazi virtuali in cui rifugiarci, all'affidarsi a capipopolo, alla speranza in improbabili redentori… tutte manifestazioni della nostra attuale (in)civiltà. Ora, che nel Ring si possa trovare tutto ciò è quasi pacifico… tutto sta a vedere però quale strada deciderà di percorrere il regista: ci vorrà mostrare, attraverso riferimenti all'attualità, i caratteri universali del Ring o al contrario – speriamo di no – deriverà, da quei caratteri universali, dei particolari legati alla nostra attualità? In altri termini, userà il particolare per rappresentarci l'universale, oppure ci farà perdere quest'ultimo, mostrandocene una minima, parziale e soggettiva materializzazione?

Sul fronte musicale abbiamo pochi indizi. Uno è del tutto tranquillizzante (o almeno dovrebbe): si chiama Daniel Barenboim. Pochi come lui conoscono il Ring fin nei minimi dettagli e possiamo sperare che ripeta la prestazione del Tristan di un paio d'anni fa. Se devo manifestare un po' di sorpresa dall'ascolto degli spezzoni di musica che sentiamo nei filmati, questa riguarda (video n°2) il tempo che Barenboim fa prendere a Fricka-Kammerloher per la frase Um des Gatten Treue besorgt. Una cosa insopportabilmente lenta! Spero proprio che sia solo l'effetto-prima-prova. Bella sonorità e gran portamento invece nel Folge mir, Frau di Pape, proprio all'inizio dello stesso video.

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Oggi pomeriggio, come mobilitazione anti-Bondi, una specie di lodevole sciopero-alla-rovescia, una prova aperta al pubblico. Divisa in due: alle 14 le prime due scene e alle 19 le altre due. Ho seguito la prima parte (adesso vado in Auditorium per laVerdi). Che dire?

Qualcosa dell'orchestra, che mi è parsa ben messa, soprattutto nella sezione ottoni, che sappiamo essere allo stesso tempo il suo tallone d'achille e la punta di diamante di Wagner. Barenboim ha fatto ripetere più volte l'incipit degli otto corni, ma insomma direi che come partenza non c'è male. Sui cantanti non esprimo alcun giudizio, chè immagino non si impegnino al massimo nemmeno ad una generale, figuriamoci ad una prima prova d'insieme.

Su regìa, scene e costumi invece penso si possa non dico giudicare, ma almeno riferire (ripeto: prime due scene!) Innanzitutto la regìa è di quelle che non fanno danni, quindi nemmeno suscitano entusiasmi (oggi spesso i secondi si accompagnano ai primi). Figlie del Reno in nero lungo, scalze a sguazzare in una bassa piscinetta (recuperata per caso dal Tannhäuser?) e Alberich con abito anonimo, ma con stivali per non bagnarsi troppo. Gratuite ed eccessive le moine delle ninfe, ma nulla di grave. Fondale con immagine marina più che fluviale, con acqua appena increspata (Wagner scrive che si deve vedere il Reno muoversi da destra a sinistra, figuriamoci!) Poi appare una lama di luce e il fondo si indora, ma non troppo, prima di rabbuiarsi dopo l'impresa di Alberich. Un paio di telecamere pendono dall'alto e ogni tanto qualche personaggio vi si avvicina e il suo primo piano è proiettato sul fondo (?!?)

Nella transizione compaiono i danzatori, che accompagnano la salita all'Olimpo con movenze francamente mediocri. Nella seconda scena, fondo fermo fin quasi alla fine, un ambiente a metà fra Cappadocia e Colorado; poi si zooma su una cosa che dovrebbe richiamare la wagneriana gola sulfurea, ma sembra un calanco e basta. Personaggi quasi sempre impalati, tranne Loge, che si muove e contorce come si addice alla sua stramba personalità. A che serva un mimo-ballerino che a sua volta lo scimmiotta, lo sapranno soltanto regista e coreografo. Così come abbastanza cervellotiche sono le silhouette proiettate sullo sfondo. Sospiro di sollievo nel sentire che il tempo di Fricka (Um des Gatten Treue besorgt) non è assolutamente quello del filmato.

Non è colpa sua, ma Youn nella parte di un gigante (Fasolt) è proprio una presa in giro: meno male che ha una voce strepitosa a dir poco! Il suo fratellone Fafner è letteralmente il doppio di lui (per questo non faticherà a farlo secco alla fine, smile!) I personaggi entrano ed escono sempre salendo e scendendo dal/al piano di sotto. Plausibile per la fuga di giganti e Freia, come per la discesa finale di Wotan-Loge. Gratuito per gli ingressi: a che servono le quinte laterali? Dopo la perdita di Freia, l'invecchiamento degli dèi è simulato da accasciamenti e dall'intervento di mimi-danzatori che si aggiungono al mucchio. Mah!

Un'ultima notazione sui costumi. Fricka e Freia (ma sono solo sorelle o anche gemelle?) son vestite identiche. Wotan (con lancia di ordinanza) in giacca e jeans, come Loge. Fasolt in jeans e Fafner in smoking (si deve capire subito che sarà lui a godersela, alla fine). Froh anche lui in casual e Donner senza martello ma con l'impermeabile: sì perché lui è il dio del tuono (smile!)

Ecco, è tutto qui: nessuna particolare ambientazione, né moderna, né vichinga… Si intravede alla fine della prova – Barenboim ci fa sentire per ben tre volte le 18 incudini - un po' della terza scena, dove probabilmente compare molta tecnologia, in onore alla produttività nibelungica, ma vedremo.

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Ultima informazione: venerdi 7, ore 21, sul Canale 5 FD, la RAI trasmette proprio un Rheingold diretto da Barenboim: è una registrazione dal vivo del 1991 a Bayreuth (pubblicata in CD da Teldec).

4 commenti:

Moreno ha detto...

Ero presente anch’io alla conferenza, davvero interessante, del professor Serpa.
Condivido le sue perplessità sul modo in cui è stato caratterizzato Alberich, descritto come l’incarnazione del male assoluto.
Alberich è prima sbeffeggiato dalle tre figlie del Reno e poi derubato ed ingannato da Loge e Wotan. La terribile maledizione nasce dall’inganno e dalla frustrazione.

A parte questi fatti di cronaca, se l’oro del Reno rappresenta la luce della coscienza sepolta nelle profonde acque dell’inconscio, è ad Alberich che spetta il compito di farlo emergere rinunciando all’amore. In questo modo egli introduce il male nella storia, ma mette in moto un processo che porterà alla redenzione finale ed alla nascita di un mondo migliore.
Alberich assomiglia ad Adamo, che mangiando il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male mette in moto la storia della salvezza.
Io lo trovo molto umano.

Moreno ha detto...

Sul percorso di redenzione direi che possiamo essere abbastanza sicuri, nonostante la possibilità di finali diversi contemplata da Wagner.
Anche perché il tema della redenzione attraverso il sacrificio dello Ewig Weibliche – l’eterno femminino – è un elemento ricorrente sia del romanticismo tedesco (Margherita e Faust) sia dell’opera di Wagner (Elisabetta, Elsa, Senta, Brunilde).
Grazie per il commento relativo al concerto della Verdi. Lo leggerò attentamente prima del concerto di domenica.

Amfortas ha detto...

Beh, daland, t'invidio molto sia per aver sentito Franco Serpa, che è un grande, sia perché ti puoi vedere e ascoltare (spero) il Rheingold.
Ho letto qualcosa della visione di Cassiers e mi pare sia stimolante, anche se solo il "prodotto finito" certificherà se ci troviamo di fronte ad un'interpretazione ragguardevole o a un pasticcio.
Ciao!

daland ha detto...

@Moreno
Giuste considerazioni, ma se restringiamo l’analisi al Ring, le cose non sono così limpide… E guarda caso ci sono in giro un sacco di diverse interpretazioni: da quella cristiana (Cristo incarnato in Siegfried e poi, tanto per chiarire ulteriormente, in Parsifal) a quella nichilista (era una delle idee di Wagner sulla chiusa, “ho visto il mondo finire”) o quella cinica, secondo la quale, dopo il gran trambusto, si torna esattamente all’inizio (chi sopravvive? le 3 ninfe e Alberich!) Sullo stesso tema, detto “della redenzione” ci sarebbe da discutere all’infinito!

La Verdi mi sembra un’orchestra in costante progresso. La Zhang ha promesso di portarla fra le prime 20 al mondo… siamo ovviamente lontanissimi, ma forse la strada imboccata è quella giusta.

@Amfortas
Serpa è – con Principe e pochi altri – un gran sapiente e un gran comunicatore!
Cassiers: la mia impressione (può essere fallace, date le circostanze) è che lui abbia voluto evitare qualunque estremizzazione: spero che non sarà un pasticcio, ma nemmeno immagino sia qualcosa che sollevi grandi scandali o crei tifoserie, come è accaduto e accade in questi casi.