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17 maggio, 2010

Il Ratto secondo Mehta al Maggio

Ieri pomeriggio al Maggio la seconda di Die Entführung aus dem Serail.

La prima considerazione che viene spontanea riguarda la partecipazione di pubblico. Ahinoi tale da dar ragione, ancora una volta, a chi sostiene che il teatro musicale sia ormai ridotto ad hobby elitario e come tale da finanziarsi privatamente da parte di quella élite e non impiegando fondi pubblici: nonostante tutta l'attenzione e la pubblicità che in queste settimane è stata data al problema – decreto-Bondi e scioperi-anti-Bondi – il Comunale presentava ampi spazi vuoti; ed anche per le due restanti rappresentazioni (19 e 21 maggio) sono tuttora disponibili in internet parecchie decine di posti. Insomma, uno dei capolavori assoluti della musica, rappresentato in una città che ha una millenaria cultura e una tradizione invidiabile (giustamente si vanta di aver inventato il moderno teatro musicale) non riesce ad attirare 8.000 persone in 4 giornate. Erano molti di più gli interisti che nel solo pomeriggio di ieri hanno invaso Siena.

Note del tutto positive, invece, sul fronte artistico: una performance di alto livello, sotto tutti i punti di vista. Si tratta di una ripresa della produzione del 2002, diretta da Zubin Mehta e con la regìa di Eike Gramms. E al proposto, dirò che si tratta di una regìa assolutamente tradizionale, intendendosi con ciò l'assenza di qualunque velleitaria ed intellettualoide proposizione di un Konzept, dal regista immaginato - o inventato di sana pianta – a partire dall'originale.

Che nel Ratto si rappresenti una civiltà (orientale-islamica, più o meno travisata) è certamente vero. Come è vero che l'opera abbia una sua morale, laddove si irride a tutti i mamma-li-turchi di questo mondo, mostrando un Pascià magnanimo e riducendo a caricatura il cattivone integralista Osmin. Ma trarre da ciò conclusioni politiche sarebbe del tutto arbitrario (ma c'è chi arbitrariamente lo fa). Fare insinuazioni sull'irreprensibilità delle due ragazze occidentali è lecito (i sospetti li hanno gli stessi loro fidanzati) ma da qui a presentarle come sgualdrinelle (come si è già visto) ce ne corre parecchio.

Insomma, questa regìa si limita – ed è un suo merito – a presentarci ciò che Mozart e i suoi librettisti ci hanno tramandato: poi ciascuno di noi può trovare da sé mille spunti di riflessione, che vanno dal piano morale a quello politico, da quello sessuale a quello psicanalitico; e divertirsi a scovare, nel libretto e nella partitura, riferimenti più o meno plausibili.

Sul fronte musicale, note generalmente positive. Tagliati buona parte dei parlati, come consuetudine, ma ciò che è rimasto era sufficiente alla comprensione della trama. Zubin Mehta, che ha un'antica consuetudine con il Ratto, ha conservato il suo approccio settecentesco: orchestra con organico cameristico (oggi ci fanno sorridere le lamentazioni di Mozart, che non trovava carta musicale con abbastanza righi per le sue turcherìe…) e suono sempre dosato sapientemente, anche nei fracassi che accompagnano i Giannizzeri (dove ai piccoli timpani, ai tamburi, triangolo e piatti si è aggiunto un curioso strumento turco, due mezzelune con campanellini appesi poste in cima ad una lunga asta, battuta per terra dallo strumentista). Mai l'orchestra ha oscurato le voci, né ha ecceduto in facili enfasi. Encomio speciale per i due corni, davvero impeccabili.

Ingrid Kaiserfeld è stata una Konstanze più che discreta (fisico a parte, smile!) che ha superato bene le impervie difficoltà della parte. Jörg Schneider è un tenorino ben adatto al ruolo di Belmonte. E il suo fisico proporzionato a quello della fidanzata (ri-smile!) Un poco debole sulle note basse la Chen Reiss (Blonde) e molto efficace il Pedrillo di Kevin Conners, voce chiara ma robusta e recitazione davvero notevole. Maurizio Muraro è stato un Osmin eccellente, voce potente anche nelle frequenti escursioni sotto il rigo in chiave di basso cui Mozart lo chiama e ottima presenza scenica. Per tutti applausi a scena aperta dopo le arie principali e dopo i concertati.

Una doverosa menzione anche per il parlante Karl-Heinz Macek, perfetto nella parte di Bassa Selim. Ottimo il coro di Piero Monti, con i quattro solisti in evidenza.

Alla fine gran trionfo e ripetute chiamate, singole e di gruppo. Una bella festa, che francamente molti si sono persa (ma possono ancora rimediare mercoledi e venerdi).

2 commenti:

Amfortas ha detto...

Da come parli di questo spettacolo sembra che il livello sia salito rispetto alla prima, sulla quale ho raccolto pareri piuttosto...contrastati.
Meglio così, ma peccato per la latitanza del pubblico. Forse lo scoppio emozionale della seconda della Frau ha lasciato svuotati tutti?
Ciao!

daland ha detto...

@Amfortas
Confermo la mia personale soddisfazione. Credo si sia visto e sentito un Ratto più che dignitoso, leggero e divertente come - penso io - debba essere presentato. Il cast non è di cantanti da copertine di Vogue, ma questo (a volte) è un merito!
Ciao