XIV

da prevosto a leone
Visualizzazione post con etichetta heras-casado. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta heras-casado. Mostra tutti i post

25 luglio, 2023

A Bayreuth ha debuttato un Parsifal (lato suoni) più che positivo

Si è quindi aperto oggi pomeriggio il 111° Festival di Bayreuth, con una nuova produzione di Parsifal curata da Jay Scheib per la messinscena e da Pablo Heras-Casado per la direzione e concertazione.

Il Direttore spagnolo lo scorso dicembre aveva interpretato il second’atto all’Auditorium di Milano con laVerdi, mostrando di sapersi ben destreggiare nei meandri di quest’opera complessa e per molti tuttora inafferrabile. (Io personalmente aderisco con convinzione a quella corrente di pensiero che spiega Parsifal come atto finale della missione wagneriana di redimere Arte e Religione, come ho cercato di sintetizzare in questo scritto

Beh, mi sento di dire che il Kapellmeister iberico abbia superato a pieni voti l’esame con una direzione equilibrata (poco meno di 4 ore nette): né insopportabilmente sostenuta, ma neanche esasperatamente espressionista.

Da elogiare la meticolosità che ha messo nello scavo dei particolari (cose che magari si notano solo con la partitura sotto gli occhi): ad esempio alcune microscopiche prese di respiro, quando fra le battute non esiste segno di legatura, o anche qualche appropriata variazione agogica. I buh che hanno accolto (insieme a irrituali applausi) la calata del primo sipario giurerei non fossero indirizzati a lui!

Ma presumibilmente alla regìa (e/o alla drammaturgia…) che alla fine è stata accolta con freddezza (benevolo eufemismo) ma che lasciamo giudicare a chi ha visto.

A parte Heras-Casado (e all’Orchestra, sempre impeccabile) e al Coro di Eberhard Friedrich (ancora una volta a livelli sontuosi) bene mi pare di dover dire per il gran vecchio Gurnemanz, cui Georg Zeppenfeld ha prestato la sua autorevole padronanza del ruolo-chiave del dramma; poi Derek Welton, un Amfortas convincente per il pathos che ha saputo creare attorno alla sua figura tormentata; felice la prestazione della Elina Garanča, che ha messo in dovuto risalto le due facce di Kundry (pietosa Maddalena e blasfema adescatrice). Andreas Schager mi è parso un Parsifal stranamente a corrente alternata, un po’ in difficoltà nel second’atto. Jordan Shanahan ha dignitosamente impersonato il cattivone nonchè casto (così lo apostrofa perfidamente Kundry) Klingsor. Tobia Kehrer è stato un onesto Titurel. Cavalieri del Gral e Fanciulle fiore in ottima forma, ecco tutto.

16 dicembre, 2022

laVerdi 22-23. 9

Come il precedente, anche il 9° concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano è aperto da Mozart, per poi essere seguito da un’originale proposta di teatro musicale: Wagner!

Sul podio dell’Auditorium fa il suo esordio il 45enne Pablo Heras-Casado, il che spiega il perché del Wagner in programma: il prossimo 25 luglio 2023 il direttore andaluso scenderà (primo spagnolo nella storia) nella fornace dell’Orchestergraben di Bayreuth per dirigervi (a 141 anni di distanza dalla prima) l’opera inaugurale (e quindi più importante) dell’edizione 111 del Festival, che il nostro sta quindi cominciando a preparare per tempo!   

Però si comincia col Teofilo e la sua Sinfonia n. 38 K 504, detta Praga perché presentata all’inizio del 1787 nella capitale ceca, che pochi mesi dopo avrebbe portato alla luce il capitale Don Giovanni. Sinfonia che – a dispetto dei tre soli movimenti, mancando del Menuetto – è assolutamente innovativa, nella forma e nella sostanza, avendo ben poco da invidiare al terzetto delle ultime!

Heras-Casado ne ha ben messo in evidenza le qualità, a partire dal solenne e quasi bombastico Adagio introduttivo in stile haydn-iano dal quale esplode poi l’Allegro che presenta – in luogo dei classici due temi della forma-sonata - dei gruppi tematici e dei motivi che animano poi lo sviluppo e la ripresa. Analoga caratteristica dell’Andante, ricco di spunti motivici organizzati e trattati anche qui con esposizione, sviluppo e ripresa. La forma-sonata, assai liberamente interpretata, innerva anche il Presto finale, che il Direttore scandisce davvero a gran velocità mettendo a dura prova la compattezza dell’orchestra.

Accoglienza molto vivace da parte di un pubblico ristretto (forse la giornata proprio autunnale non invitava ad uscire di casa…)
___
Pubblico che mi è parso rinforzarsi di numero dopo l’intervallo, mosso forse dalla curiosità per questa insolita proposta: il secondo atto di Parsifal. Che certo è il più adatto (o il meno complicato) dei tre da presentare in un concerto di questo tipo: tre soli interpreti (tenore-mezzosoprano-baritono, praticamente uno dei classici terzetti da melodramma) più un’infornata di soprani: sei soliste divise in due gruppi (sono le Fanciulle-Fiore di Klingsor: Claire Coolen, Miriam Gorgoglione, Min Ji Kim, Barbara Massaro, Noemi Muschetti, Nicole Wacker) e il coro femminile (guidato da Massimo Fiocchi Malaspina) pure in due gruppi; una scena di fatto statica e una durata non proprio biblica.

Le sei soliste si schierano proprio davanti al coro, mentre ai lati del podio trovano posto: a sinistra (per chi guarda) Marina Prudenskaya  (Kundry) che canta dall’inizio alla fine; a destra: dapprima Samuel Youn (Klingsor) poi Tuomas Katajala (Parsifal). Per il suo ultimo intervento (a scagliare la sacra lancia contro Parsifal) Youn si sposta in… galleria.

Questo atto presenta una musica ben lontana dall’atmosfera sacra e austera (e, per taluni, insopportabile) degli altri due atti: qui Wagner – per sua stessa ammissione – tira fuori tutta la sua variegata palette sonora: per chiarirci quali trucchi e inganni l’arte degenerata del degenerato Klingsor metta in atto con l’obiettivo di traviare l’artista puro Parsifal (=Wagner) servendosi di Kundry e delle Fanciulle-fiore come facili esche e false muse. (Qui alcune mie note che spiegano questa interpretazione del dramma.)

Che dire: per essere il primo approccio a questa musica, orchestra e coro hanno ancora una volta mostrato di quanto sono capaci, evidentemente guidate con autorevolezza da Heras-Casado e Malaspina.

Più che apprezzabile la prestazione dei tre personaggi protagonisti: metterei su tutti Youn (veterano ormai a Bayreuth); poi la Prudenskaya (anche lei ha già cantato lassù) e infine il finnico Katajola, voce non proprio da Heldentenor, ma che insomma ha fatto la sua onorevole figura.

Grande accoglienza del pubblico che ha più volte richiamato al proscenio, anche con applausi ritmati, solisti e direttori. Insomma: una bella serata di musica e per Heras-Casado un buon viatico nel lungo cammino verso il tempio del Gral!