XIV

da prevosto a leone
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08 ottobre, 2021

laVerdi 21-22. Concerto 2

Dopo aver fatto il suo esordio con laVerdi in primavera (concerti in streaming) e in estate (apertura e chiusura del ciclo dei 9 concerti in presenza) Krzysztof Urbański torna sul podio dell’Auditorium per questo secondo appuntamento della nuova stagione. Che presenta un programma incentrato sulla Quarta di Ciajkovski, uno dei tanti cavalli-di-battaglia dell’Orchestra, oltre che uno dei titoli più inflazionati di tutta la storia della musica.

A far da antipasto al piatto-forte è una piccola composizione di un compatriota del Direttore, quel Vitold Lutoslawski del quale ascoltiamo la breve Little Suite, del 1950, composta per piccolo ensemble e poi rivisitata per un organico più ampio. Siamo ancora nel periodo neoclassico e folk del compositore, che anni dopo (tramontato lo spauracchio della censura di stampo sovietico che aleggiava anche sui satelliti di oltre-cortina) si sentirà libero di volgersi al serialismo ed anche alla musica aleatoria.

Viceversa qui si tratta, sull'esempio della suite barocca, di una sequenza di (4 in questo caso) danze in diversi tempi e ritmi, prese dalla tradizione popolare polacca, in particolare dalla zona di Machów, nella provincia di Rzeszów, ai confini con l’Ukraina:

1. Fujarka (Il piffero).

2. Hurra Polka (La polka).

3. Piosenka (Il canto).

4. Taniec (La danza).

Si tratta di deliziosi quadretti, poco più di 10 minuti di musica, che si lascia davvero ascoltare con piacere. Tuttavia la struttura dei brani mostra, ad un più attento esame, una certa complessità e rigore costruttivo. Rimando quindi per qualche ulteriore dettaglio alle note in appendice al post.

Urbański - che ha già registrato il brano con la Elbphilharmonie - ce ne ha fatto apprezzare tutta la freschezza e la brillantezza. Sugli scudi in particolare Ilaria Ronchi, protagonista con l’ottavino del primo brano della Suite.
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Ecco quindi il clou della serata, quella Quarta di Ciajkovski che tante volte è risuonata in Auditorium sotto la bacchetta di altrettanti Direttori.

Urbański l’ha diretta, come sua consuetudine, a memoria e ne ha messo in evidenza ogni dettaglio, con pieno rispetto dell’agogica (mai sconfinamenti indebiti o gigionerie assortite, solo un uso discreto del rubato) e con grande cura alle dinamiche, facendo emergere, a fianco delle grandi perorazioni dei fiati (ottoni in particolare) gli squarci più intimistici ed espressivi (negli archi soprattutto).

Per lui un autentico trionfo e devo dire che più lo si ascolta più ci si rende conto di essere di fronte ad un (quasi) giovane che farà molto parlare di sè.

É proprio fresca-fresca la sospirata notizia della rimozione del contingentamento dei posti nei teatri: ultimo passo per il ritorno - si spera definitivo - alla completa normalità.
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Note sulla Little Suite

1. Fujarka. Allegretto, 3/8, SOL maggiore e LAb maggiore.

La struttura generale è costituita da tre sezioni (A-B-A’) più una breve coda.

La sezione A è a sua volta composta da tre elementi di base, P>, A1 e A2, indicati in figura, dove P rappresenta il richiamo - la sequenza della triade di SOL maggiore - del Piffero (l’ottavino solista) e P> il richiamo protratto:

La struttura della sezione A è la seguente: P> | A1-A1 | P> | A1-A1 | P> | A2 | P> | A2 | P>. Qui la comparsa del richiamo P> è sempre accompagnata dal rullo del tamburino senza corde. Le ripetizioni di A1 e A2 si differenziano sottilmente nell’accompagnamento, che si irrobustisce fra una esposizione e la successiva.

La sezione B - dove l’ottavino tace salvo per due singole battute - vira a LAb maggiore e si caratterizza soprattutto per il ritmo molto più marcato. É costituita da tre parti, subito ripetute, più una breve coda.

La prima parte presenta un ostinato pedale degli archi sul quale si inseriscono interventi dei fiati (corni e fagotti). Nella seconda parte emerge un intervento impertinente (a) delle trombe, chiuso dalla discesa sulla triade MIb-DO-LAb. Nella terza parte il flauto riprende questa figurazione e la sviluppa con una melodia (b) prettamente diatonica. La ripetizione, come accaduto nella sezione A, non varia la melodia ma potenzia l’accompagnamento. La coda è costituita da sette reiterazioni (a canone) della cellula a’ che riconducono la tonalità al SOL, ribadito tre volte dall’ottavino.

Qui ritorna la sezione A variata (A’) che ha una struttura semplificata e mutata rispetto all’originale, in particolare per quanto riguarda l’elemento A2, che ora assume quattro forme ridotte:

Abbiamo quindi A’ così strutturato: A1-A1 | P> | P>’ | A2’ | P> | P>’ | A2” | P>’ | A2’’’ | P>’ | A2’’’’ | P>’. P>’ si differenzia dall’originale perchè scala la triade di RE maggiore (qui settima di dominante del SOL) ed è esposto dalla tromba in luogo dell’ottavino. Variata anche la presenza del tamburino. Da notare come l’armonizzazione si vada progressivamente sporcando per poi rasserenarsi nella breve coda di sei battute che si chiude con un’ultima comparsa nel solo ottavino del richiamo P>
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2. Hurra polka. Vivace, 3/4 (2/4, 4/4), RE maggiore.

Ciò che colpisce a prima vista in questo brano è il tempo con il quale attacca: 3/4! Davvero strano, visto che la Polka è una danza in tempo pari. Tuttavia ciascuno dei tre tempi della battuta può essere interpretato come una battuta in 2/8... Poi, lungo il percorso del brano troveremo anche passaggi in 2/4 (o 4/8) e 4/4 (8/8).

La tonalità di RE maggiore resta costante, e l’unico tema viene continuamente reiterato, in tutto (a) o in parte (a”) e da strumenti diversi.

La struttura generale è assai semplice: due sezioni (soggetto e controsoggetto) ripetute, più una coda. Il soggetto si compone del tema a alternato da tre battute di puro ritmo (r) come segue: r - a - r - a - r - a - r.

Il controsoggetto, prevalentemente in 2/4, riprende la parte a” del tema, ed ha questa struttura: a”-a”-a” | 1(2) | a”-a”-a” | 1(3) | a”-a”-a” | 1(4) | a”-a”-a”,

dove 1(2), 1(3) e 1(4) rappresentano battute singole di collegamento in 2, 3 e 4 quarti.

Dopo che le due sezioni sono state ripetute (anche qui arricchendone la strumentazione) abbiamo una coda che sviluppa una progressione di a” raggiungendo un culmine di suono a piena orchestra, e poi chiude con il clarinetto che riprende, separandole, le parti a’ e a” del tema.
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3. Piosenka. Andante moto sostenuto, 3/4, SOL maggiore, DO maggiore, FA maggiore, SIb maggiore.

Presenta un unico tema, composto da soggetto (a) e controsoggetto (b) che vengono reiterati su tonalità diverse, muovendo sul circolo delle quinte, dal SOL iniziale al SIb.

Attacca il primo clarinetto in SOL maggiore con a (che chiude sul LA, dominante di RE) e b, che dal RE torna al SOL. Il flauto lo segue riproponendo b ma dal SOL e chiudendo quindi sul DO maggiore.

Ora è l’oboe, partendo dal DO, ad iniziare un nuovo ciclo, presentando a (chiuso sul RE, dominante di SOL) e b, che dal SOL torna al DO. Il flauto lo segue riproponendo b ma dal DO e chiudendo quindi sul FA maggiore.

Adesso un terzo ciclo è iniziato dai violini primi che, partendo dal FA, presentano a (chiuso sul SOL, dominante di DO) e b, che dal DO torna al FA. L’armonizzazione però si intorbida sempre più (come già accaduto verso la fine del primo brano). I violini ripropongono b ma dal FA e chiudono quindi su un irriconoscibile SIb maggiore, affogato in un mare di... rumore.

Il brano si chiude con una coda che dal SIb torna, su spezzoni di b, al FA, e da qui a RE minore e infine alla triade di SOL maggiore esalata da archi e clarinetto.
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4. Taniec. Allegro molto, Poco più largo, Tempo I, Presto, 2/4 (3/4, 1/2), FA maggiore, LA maggiore, MI minore, DO minore, FA maggiore.

La macro-struttura del brano è così schematizzabile: A - A | B - B | C - C - C - C’ | A - A | coda. 

É la tromba ad attaccare il tema A in FA maggiore; dopo 4 battute di ponte sono i violini primi a ripetere A. Altre 4 battute di ponte ed arriva l’esposizione negli oboi del tema B, in LA maggiore, chiuso da 4 battute di cadenza. Il tema B viene ripetuto col da-capo

Ora, Poco più largo, eccoci al tema C, in MI minore, di mozartiana ascendenza, esposto dai violini in quarta corda e poi ripreso dall’oboe, quindi da flauti, corni e tromba mentre l’accompagnamento si ispessisce assai, culminando in un tutti dell’orchestra su veloci semicrome dei legni. Adesso il primo corno e il primo violino espongono una variante di C (C’) in DO minore, costituita dal solo segmento c’, ripetuto dal clarinetto con troncatura dell’ultima battuta.

Torna quindi (Tempo I e FA maggiore) il tema A, esposto dagli oboi e poi ripreso - dopo il ponte di 4 battute - da tromba e trombone. Ora il ponte si sdoppia in 8 battute, nel fragore delle crome ribattute di tutta l’orchestra: è il passaggio verso il Presto conclusivo, tempo 1/2, 26 battute travolgenti con un’iniziale scalata di crome, alcuni strappi e una finale discesa (su spezzoni di a’) verso lo schianto in FA maggiore.

15 luglio, 2021

laVerdi chiude con Beethoven la stagione estiva

Ieri sera (replica oggi) laVerdi ha concluso la mini-stagione estiva (9 concerti) coincisa con la ripresa della presenza del pubblico. E lo ha fatto sontuosamente, con la Nona di Beethoven, un’esecuzione resa possibile dalla sede del concerto, il Teatro degli Arcimboldi, il cui smisurato palcoscenico può accogliere masse orchestrali e corali che - ancor oggi, causa regole anti-Covid - non potrebbero trovar posto su quello dell’Auditorium.

Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio e così i suoni del coro (relegato sul lontanissimo fondo-caverna) impiegavano il doppio a raggiungere l’orecchio di uno spettatore seduto a metà platea rispetto a quelli dei quattro solisti (al proscenio). Lo stesso dicasi per i suoni degli ottoni rispetto a quelli di violini primi e celli. Insomma, una resa sonora precaria per definizione, come del resto era successo lo scorso autunno alla Scala in occasione di opere e concerti in presenza di pubblico. (Con lo streaming cambia tutto, chè se gli esecutori rispondono in sincrono agli attacchi del direttore - cosa resa possibile anche a grandi distanze, grazie alla fantastica velocità della luce! - poi ci pensano i microfoni messi davanti ad ogni singola postazione a catturare in contemporanea i suoni per trasmetterli all’ascoltatore remoto.)

Ma a parte queste inevitabili considerazioni devo dire che si è trattato di un’esecuzione più che apprezzabile. Sul podio quel Krzysztof Urbański che il 19 maggio aveva aperto questa stessa stagione. Il suo è un gesto che può dar l’impressione della forma-con-poca-sostanza (ma bisognerebbe chiedere agli esecutori che ne pensano): assai appariscente, con ampie aperture delle braccia e qualche attacco dato anche con... il piede sinistro. Tuttavia ha mostrato di padroneggiare questa inflazionata partitura, cominciando dall’averne memorizzato in testa ogni singola nota e facendo a meno del leggio.

Orchestra in forma, pur penalizzata nella resa complessiva dal... distanziamento. Una menzione particolare per il pacchetto degli archi bassi, guidati da Grigolato, per come ha affrontato il difficile recitativo all’inizio del Finale.

Bene anche le voci soliste: su tutte metterei il basso-baritono Oliver Zwarg, che ha oggettivamente la parte più impegnativa, dovendo introdurre l’An die Freude. Moritz Kallenberg non ha una voce da Heldentenor (che personalmente tendo a prediligere per questa parte) ma se l’è cavata dignitosamente. Le due voci femminili, Johanna Winkel e Bettina Ranch sono piuttosto leggere, ma viceversa adatte, sempre secondo me, alle rispettive parti. A dispetto della... kilometrica distanza dal pubblico, anche il coro di Dario Grandini ha confermato il suo valore.

Per tutti calorosi applausi in un Arcimboldi questa volta gremito (sempre relativamente alle condizioni imposte dalle regole Covid-iane).

Chiusa questa mini-stagione di ripresa di contatto diretto con il pubblico, laVerdi si divertirà ancora girando per Milano in agosto, per poi riprendere in pieno a settembre con il tradizionale Prologo-in-cielo (la Scala!) alla nuova stagione (ancora da annunciare).

20 maggio, 2021

laVerdi ha riaperto al pubblico

Il 39enne Krzysztof Urbański, polacco trapiantato alla... 500Miglia, già recentissimo ospite de laVerdi per due streaming con Rachmaninov e Dvorak, ha fatto ieri gli onori di casa (si replica questa sera) per la sospirata riapertura al pubblico dell’Auditorium di Largo Mahler, tornato alla configurazione-Covid-in-presenza: circa 300 posti e meno di 40 strumentisti sul palco, per via delle regole in vigore. 

Programma ultra-classico, con Ouverture, Concerto solistico e Sinfonia: Mozart in sandwich beethoveniano.

Apre infatti l’Ouverture Coriolan, illustre rappresentante (insieme a Egmont) del Beethoven impegnato. Urbański ne mette bene in risalto i contenuti eroici e quelli romantici, quelli concitati e quelli più rilassati e contemplativi: un modo convincente per rompere il ghiaccio.

Ecco poi Dejan Lazić (da Zagabria ma ormai cittadino del mondo... Austria, Olanda) pochi anni sulle spalle più del Direttore, esibirsi nel K488 di Mozart. Un tempo criticato per qualche eccesso di esteriorità (tipo Lang Lang, per dire) oggi deve essere assai maturato e il suo Mozart ne è uscito valorizzato in pieno. Chiamato ripetutamente alla ribalta, non ci fa mancare questo bis scarlattiano (rispetto al video ieri è stato assai più... Allegro!)

Infine la Prima, l’inizio promettente di un cammino che avrà tappe memorabili e stabilirà il termine di paragone per il sinfonismo fin ben dentro il ‘900! Qui ancora aleggia qualcosa di Haydn e Mozart e la forzata riduzione dell’organico orchestrale cade a proposito, per restituirci la freschezza e la leggerezza del brano. Grande successo e applausi ritmati per questo Direttore che ritroveremo (14 e 15 luglio) agli Arcimboldi per la chiusura in bellezza (con la Nona...) di questa mini-stagione estiva.  

Infine, che dire? Grande emozione per questa rimpatriata, ragazzi accolti all’ingresso sul palco con un caldo applauso che ricordava quello della... puntata precedente (1 luglio scorso) che speriamo proprio - alla buonora i proverbi - non si debba più ripetere in futuro!