Ieri sera (replica oggi) laVerdi ha concluso la mini-stagione
estiva (9 concerti) coincisa con la ripresa della presenza del pubblico. E lo
ha fatto sontuosamente, con la Nona di Beethoven, un’esecuzione resa possibile dalla
sede del concerto, il Teatro degli Arcimboldi,
il cui smisurato palcoscenico può accogliere masse orchestrali e corali che -
ancor oggi, causa regole anti-Covid - non potrebbero trovar posto su quello
dell’Auditorium.
Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio e così i suoni del coro (relegato sul lontanissimo fondo-caverna) impiegavano il doppio a raggiungere l’orecchio di uno spettatore seduto a metà platea rispetto a quelli dei quattro solisti (al proscenio). Lo stesso dicasi per i suoni degli ottoni rispetto a quelli di violini primi e celli. Insomma, una resa sonora precaria per definizione, come del resto era successo lo scorso autunno alla Scala in occasione di opere e concerti in presenza di pubblico. (Con lo streaming cambia tutto, chè se gli esecutori rispondono in sincrono agli attacchi del direttore - cosa resa possibile anche a grandi distanze, grazie alla fantastica velocità della luce! - poi ci pensano i microfoni messi davanti ad ogni singola postazione a catturare in contemporanea i suoni per trasmetterli all’ascoltatore remoto.)
Ma a parte queste inevitabili considerazioni devo dire che si è trattato di un’esecuzione più che apprezzabile. Sul podio quel Krzysztof Urbański che il 19 maggio aveva aperto questa stessa stagione. Il suo è un gesto che può dar l’impressione della forma-con-poca-sostanza (ma bisognerebbe chiedere agli esecutori che ne pensano): assai appariscente, con ampie aperture delle braccia e qualche attacco dato anche con... il piede sinistro. Tuttavia ha mostrato di padroneggiare questa inflazionata partitura, cominciando dall’averne memorizzato in testa ogni singola nota e facendo a meno del leggio.
Orchestra in forma, pur penalizzata nella resa complessiva dal... distanziamento. Una menzione particolare per il pacchetto degli archi bassi, guidati da Grigolato, per come ha affrontato il difficile recitativo all’inizio del Finale.
Bene anche le voci soliste: su tutte metterei il basso-baritono Oliver Zwarg, che ha oggettivamente la parte più impegnativa, dovendo introdurre l’An die Freude. Moritz Kallenberg non ha una voce da Heldentenor (che personalmente tendo a prediligere per questa parte) ma se l’è cavata dignitosamente. Le due voci femminili, Johanna Winkel e Bettina Ranch sono piuttosto leggere, ma viceversa adatte, sempre secondo me, alle rispettive parti. A dispetto della... kilometrica distanza dal pubblico, anche il coro di Dario Grandini ha confermato il suo valore.
Per tutti calorosi applausi in un Arcimboldi questa volta gremito (sempre relativamente alle condizioni imposte dalle regole Covid-iane).
Chiusa questa mini-stagione di ripresa di contatto diretto con il pubblico, laVerdi si divertirà ancora girando per Milano in agosto, per poi riprendere in pieno a settembre con il tradizionale Prologo-in-cielo (la Scala!) alla nuova stagione (ancora da annunciare).
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