intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

01 luglio, 2021

laVerdi tutta viennese

L’ultimo appuntamento in Auditorium, prima che la sala venga sottoposta a maquillage, per esser pronta alla ripresa autunnale, vede un programma tutto viennese diretto da Claus Peter Flor: due opere accomunate dalla stessa tonalità di RE maggiore.

Invertendo l’ordine della locandina pubblicata, ecco dapprima la Pendola, nomignolo affibbiato alla Sinfonia 101 di Franz Joseph Haydn. L’avevamo ascoltata qui nel febbraio 2017, suonata dall’Orchestra Haydn di Trento-Bolzano e perciò rimando ad alcune mie note scritte in quell’occasione. 

Eccellente la prova dell’Orchestra, sapientemente guidata dal Direttore Musicale, in cui hanno spiccato il quartetto degli archi e il flauto di Nicolò Manachino, non per nulla chiamati da Flor per due volte a ricevere speciali applausi.
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É Mozart a chiudere il programma con il celebre Krönungskonzert K537, risuonato qui in precedenza nel marzo 2015 (interpretato e diretto da Olli Mustonen). Nell’occasione a proporcelo è il 44enne Andrea Bacchetti, ex-bambino prodigio oggi all’apice del successo.  

Il Concerto K537 è impropriamente detto dell’Incoronazione, dato che fu suonato da Mozart a Francoforte in occasione dell’ascesa di Leopoldo II a Imperatore (settembre 1790): ma in realtà a quel tempo il concerto aveva più di due anni di età ed era già stato eseguito dall’autore a Dresda. Peraltro nel manoscritto originale rimasero mancanti diversi righi della parte solistica (soprattutto della mano sinistra) il che ha poi comportato completamenti più o meno pertinenti eseguiti da altre mani.

È il penultimo concerto per pianoforte del Teofilo e presenta molte idee innovative, sia in fatto di libertà di interpretazione della forma-sonata nell’Allegro di apertura (un inusitato proliferare di temi e motivi) che in arditezze armoniche, come questa - e una immediatamente successiva, al limite della bizzarria - che troviamo nell’esposizione del secondo tema in LA maggiore: un inopinato abbassamento a minore che al primo ascolto induce a pensare ad un clamoroso errore del solista:  

Più tradizionale, per così dire, il Larghetto in LA maggiore, dove Mozart riprende una sua antica consuetudine: due gruppi tematici (AA’ e BB’) che si susseguono con lo schema A-B-A. Un vero gioiellino di grazia e serenità.

Si torna alle (mirabili!) complicazioni nel conclusivo Allegretto: un Rondò di struttura del tipo A-B+C-A-B+C-A: alle tre macro-ricorrenze del tema principale si interpongono due sezioni costituite in realtà da due temi ben distinti, B e C. La tonalità di base è RE maggiore, su cui verrà sempre esposto il tema principale A. Anche qui le arditezze tonali non mancano: Il tema B è inizialmente pure in RE; C inizia in LA minore in orchestra ed è ripreso in LA maggiore dal solista. Il ritorno di B è in SIb maggiore, poi SOL minore, quello di C in RE minore in orchestra, ripreso poi in RE maggiore dal solista.  

Andrea Bacchetti ha davvero cesellato questo gioiello, anche impreziosendolo (nel Larghetto in particolare) con la propria inventiva. Ben coadiuvato da un’orchestra dai colori eterei come si conviene a quest’opera.

Applausi e ovazioni per lui, che ci delizia con il suo amatissimo Bach: un Preludio e una Fuga dal secondo libro del Wohltemperierte Klavier: il Preludio del BWV870 in DO (qui da 23” a 2’56”) e la Fuga del BWV878 in MI (qui da 44’00” a 46’26”). 

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