Nella
giornata libera fra le due repliche del concerto della stagione principale
dell’Orchestra Sinfonica di Milano, Robert
Treviño ha trovato il tempo di tornare sul podio dell’Auditorium per dirigere l’Orchestra
dei cadetti (under-25, ma
con un doveroso 20% di seniores dell’Orchestra principale capeggiati dalla spalla Santaniello…) in un programma di tutto rispetto: Messiaen e Ciajkovski.
Di
Olivier Messiaen abbiamo ascoltato un brano del 1930, ispirato al
sacrificio (dimenticato dagli uomini) di Gesù Cristo. L’Autore ha
premesso in partitura alcuni versi esplicativi:

Messiaen resta saldamente ancorato alla
tonalità, caso mai (da fervente cattolico, oltretutto…) retrocede verso il gregoriano,
come testimonia la notazione esplicativa – per i soli archi - delle lunghezze
dei componenti delle melodie (si tratta di neumi, di medievale
ascendenza, appunto) che Messiaen impiega in alcune pagine della partitura, non
accontentandosi evidentemente – in assenza di testo sillabato - dei segni di legato
sui righi:

Talvolta questa appare quasi una
gratuita mania del 22enne compositore, come in questo esempio:

Dove i 5/8 sono notati 2+3 nei fiati e
3+2 negli archi, ai quali però sono affibbiati i neumi 2+3 (?!?)
Il brano (ascoltiamolo qui diretto da Paavo Järvi) è suddiviso (pur senza cesure formali,
né numerazioni o sottotitoli, che Messiaen ha indicato in separate esegesi) in
tre sezioni, corrispondenti alle tre componenti del programma
esplicitato a fronte della partitura e mai sconfessato (al contrario di ciò che
ripetutamente accadde, per dire, a Mahler): se osserviamo gli accidenti in
chiave, abbiamo MI minore per le prime due sezioni e MI maggiore per
l’ultima.
Très
lent.
Doloureux, profondément triste (34”)
Braccia tese,
tristi fino alla morte,
sull'albero della Croce hai versato il tuo
sangue.
Tu ci ami, dolce Gesù, lo avevamo dimenticato.
La
Croix, lamento degli archi, i cui dolorosi neumi dividono la
melodia in gruppi di durata variabile, rotta da lunghi squarci di color malva
e dal grigio dei lamenti.
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Sono in tutto 13
battute, incluse 2 di transizione alla sezione successiva. Le 11 battute hanno
tempi continuamente cangianti, e precisamente (espressi in ottavi):
10-11-9-7-9-10-8-7-11-7-9 e riportano tutte i rispettivi neumi. Ciò
rende proprio l’idea delle atroci sofferenze di Cristo sulla Croce. Le restanti
2 battute di transizione sono in 4/4 e 3/4. Protagonisti sono gli archi
(contrabbassi esclusi) con il supporto assai discreto di legni, due corni e una
tromba.
Vif, féroce,
désespéré, haletant)
(3’07”)
Spinti dalla
follia e dal pungiglione del serpente,
in una corsa affannosa, frenetica, senza
sosta,
siamo scesi nel peccato come in un sepolcro.
Le
Péché, una sorta di “corsa verso l’abisso”
ad una velocità quasi da mezzo meccanico. Vi si noteranno le forti accentazioni
finali, il sibilo degli armonici in glissando, i penetranti richiami delle
trombe.
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È
la sezione più corposa del brano, 97 battute, ma il tempo agitato determina una
durata analoga a quella della prima sezione. Qui i cambi di tempo fra le
battute sono meno frequenti ma sono accompagnati da variazioni agogiche
(accelerazioni e rallentamenti). Le ultime 4 battute sono in tempo moderato
(4/4) e preparano l’atmosfera della sezione finale. L’orchestra qui è impegnata
al massimo e a pieno organico, con frequenti e brusche variazioni dinamiche.
Extrêmement lent, avec une grande pitié et un grand amour (6’11”)
Ecco la mensa
pura, la fonte della carità,
il banchetto dei poveri, ecco l'adorabile
Pietà che offre
il pane della Vita e dell'Amore.
Tu ci ami, dolce Gesù, lo avevamo dimenticato.
L’Eucharistie, una lunga e lenta frase dei violini, che si innalza sopra un tappeto di
accordi in pianissimo e riflessi rossi e blu (come una remota finestra di
vetro macchiato) illuminati dagli archi solisti in sordina. Il Peccato è
l’oblio di Dio. La Croce e l’Eucarestia sono la divina Offerta. “Questo è il
mio corpo, offerto per voi – questo il mio sangue, versato per voi.”
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Quest’ultima
parte del brano è la più lunga in termini di durata e consta di 27 battute che
mantengono il tempo di 4/4 preparato dalla precedente transizione e con
un’agogica che presenta un solo, brevissimo rallentamento alla battuta 16. Ne è
protagonista una sparuta pattuglia di archi alti: i primi violini più 4 secondi
violini e 5 viole (tutti divisi). L’attacco
di quest'ultima sezione deriva scopertamente dalla conclusione della prima, e così
Messiaen evoca e collega efficacemente i concetti di pietà e amore
richiamati dal programma fondante di questa sua opera.
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Che dire? Un pezzo non certo facile, che i
giovani (e i diversamente…) hanno saputo rendere con efficacia, presi per mano
dal Direttore che è stato il primo ad applaudirli.
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Ecco infine la ciajkovskiana Patetica.
Qui davvero il Direttore ha fatto la differenza, trascinando la compagine ad
una prestazione che definirei quasi sorprendente, date le circostanze (sono
alla seconda apparizione pubblica, dopo il Mahler-Festival). Non sarà certo il
caso di fare dei trionfalismi, ma di sicuro ci troviamo di fronte ad una bella
realtà che ha davanti a sé una lunga ma affascinante strada da percorrere.
Alla fine, Treviño, accolto
ripetutamente da battimani ritmati, ha simpaticamente invitato il pubblico ad
intensificare gli applausi per i ragazzi, che evidentemente sono entrati in
grande sintonia con lui. Insomma, un bel pomeriggio, di quelli che ci rincuorano
in tempi piuttosto grami.