Il concerto di questa prima settimana di maggio vede il gradito (purtroppo
unico nella stagione) ritorno sul podio dell’Auditorium del Direttore emerito de laVerdi, Zhang
Xian.
Il programma comprende in apertura il quinto degli otto appuntamenti della Maratona Brahms (integrale delle sinfonie e dei concerti solistici)
e propone il Primo Concerto per pianoforte, interpretato alla tastiera da Denis
Kozhukhin, giovane virgulto (33 anni) della grande scuola russa ma ormai cittadino
del mondo e già frequente ospite anche del nostro Paese.
Si tratta dell’opera di un Brahms (appena 22enne quando la sbozzò) ancora
incerto sul terreno orchestrale, nata come sonata
per due pianoforti, poi innalzata al rango di sinfonia e infine derubricata, per così dire, a concerto solistico. Dove peraltro il
solista spicca abbastanza poco, quasi sempre annegato nella trama del tessuto
orchestrale, il che ha reso il concerto poco attraente per i pianisti (già
dover aspettare per più di 4 interminabili minuti che l’orchestra esaurisca ben
90 battute introduttive prima di dare la... parola al pianoforte dev’essere per
loro piuttosto fastidioso). Poi, in compenso, il lavoro per il solista non
manca di certo: forse mancano virtuosismi da baraccone, ma l’impegno richiesto
- non fosse che per la durata del concerto - è di quelli davvero gravosi.
E in effetti questo Kozhukhin pare apprezzarlo assai, a giudicare dal cipiglio, dalla
grinta e dalla passione che ha profuso nella sua interpretazione. Qualche
sbavatura che mi è parso cogliere nei passaggi più ostici del primo movimento
non inficia il giudizio del tutto positivo sulla sua performance, impreziosita
dalla delicatezza e sensibilità con cui ha proposto il sognante Adagio centrale.
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A chiudere in bellezza la serata ecco l’Ottava Sinfonia di Antonin Dvořák, significativamente accostato nel programma al suo illustre mentore
amburghese. Sinfonia composta nel 1889 e appellata pastorale, quindi apparentata alla seconda di Brahms, in
specie per i due movimenti interni, ma che presenta un movimento iniziale
piuttosto eterodosso (e quindi assai poco brahmsiano,
nel senso di rispetto delle forme); il che ha spinto alcuni suoi detrattori a
declassarlo a rapsodia su temi di danze
slave... un campo nel quale a Dvořák è peraltro sempre stata riconosciuta un’indiscussa autorità.
Ma forse queste sono critiche ingenerose, e un’analisi meno prevenuta
permette di apprezzare anche la struttura formale dell’opera, che del resto il
compositore stesso aveva dichiarato contenere diversi caratteri innovativi.
Facciamone la conoscenza servendoci di
un’interpretazione autorevolissima, quella di un boemo d.o.c.: Rafael Kubelik, alla guida dei Berliner.
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Apre un Allegro
con brio, 4/4 in chiave di SOL maggiore, e già la tonalità rappresenta un unicum nella produzione sinfonica dell’intero
‘800: solo Ciajkovski l’aveva
impiegata, ma in minore, nella sua prima
(chiusa peraltro in maggiore) e si dovrà attendere il ‘900 e Mahler (quarta) per ritrovarla nuovamente come impianto di una sinfonia.
Ma le sorprese sono appena iniziate, poichè il motivo
che introduce l’esposizione è -
guarda un po’ - in SOL minore! Lo
dobbiamo tener presente poichè tornerà altre due volte nel corso del movimento,
e precisamente ad aprire lo sviluppo
e poi la ricapitolazione, in questa
che cominciamo quindi a riconoscere come una struttura di forma-sonata piuttosto disinvoltamente manipolata.
Questa introduzione in minore, una specie di corale nei violoncelli, clarinetti e
fagotti, sfocia (33”) in un lungo RE, dominante del SOL la cui tonalità
trascolora da minore a maggiore con l’innalzamento del SIb a SI naturale
nell’accompagnamento orchestrale. (In realtà questa alternanza minore-maggiore
è al centro dell’intera sinfonia). Ecco qui il flauto (42”) esporre il primo
tema (anzi la prima parte del primo gruppo tematico): una chiara evocazione dei
gorgheggi di uno dei tanti volatili di cui il compositore si circondava nella
sua casa di campagna a Vysoká. Poi, invece di svilupparsi come ci si aspetterebbe,
ecco che (1’02”) il motivo, in un travolgente crescendo orchestrale, pare trasformarsi in una nuova introduzione
a qualcos’altro! Che è poi (1’20”) la seconda parte del primo
gruppo tematico. La quale passa per ora come una meteora, per lasciare subito
il posto al proseguimento del crescendo orchestrale, chiuso a 1’51”
- dopo una cadenza degna in tutto e per tutto di un’aria di melodramma - da un’enfatica riproposizione della prima
parte del tema.
Questa però sfocia arditamente (1’57”) nella tonalità di
SI minore che poi - dopo un ponte modulante che attraversa LA e RE maggiore - supporta
(2’32”)
il secondo gruppo tematico (prima parte) dal sapore tipicamente boemo. La cui
seconda parte (3’07”) è in SI maggiore, alle prime dal carattere religioso, ma
subito sfacciatamente reiterata (3’14”) e sfociante sulla cadenza del
primo tema, poi trascolorando (3’36”) nuovamente a SI minore. Un nuovo
ponte modulante attraverso il RE ci riporta a SOL minore, preparando il ritorno
del tema introduttivo che riudiamo (4’00”) proprio come aveva aperto
l’esposizione. Ecco quindi tornare il passaggio a SOL maggiore ed il flauto
esporre (4’43”) il motivo ornitologico.
A tutta prima sembrerebbe una pura e semplice ri-esposizione (quasi un da-capo di classica memoria) ma Dvořák
non cessa di stupirci e ben presto ci rendiamo conto di essere già entrati nella
sezione di sviluppo (esclusivamente
occupata dalle due parti del primo gruppo tematico). La tonalità infatti
comincia a modulare vorticosamente: dapprima (5’03”) a FA maggiore e
poi (5’17”)
ad un remoto FA# maggiore! Sul quale a 5’34” ecco comparire, quasi nascosta
dalla mirabile melodia di contrappunto dei flauti, la seconda parte del primo gruppo
tematico, poi esposta (5’47”) in LAb maggiore, ancora in RE
minore (6’08”) e poi (6’15”) in FA maggiore e ancora (6’18”)
in LAb. Adesso due schianti in MIb minore portano (6’27”) ad un colossale
accordo di MI minore che prepara a sua volta l’arrivo (6’51”) del SOL minore.
Mamma mia, che ubriacatura di suoni! (É qui che
probabilmente i critici della sinfonia perdevano il filo del discorso...) E
questo SOL minore a cosa ci prepara? Ad un enfatico riapparire del tema
dell’introduzione, tanto smaccato ora (nelle trombe, sulle folate degli archi)
quanto sommesso e religioso era stato nelle prime due comparse... Tema che per
la terza volta segnala l’inizio di una sezione del movimento iniziale: qui, la ricapitolazione.
Quasi timoroso, è il corno inglese (7’33”)
ad aprirla, esponendo il motivo dell’uccellino, subito imitato da clarinetto e
flauto. Ora non udiamo la seconda parte di questo primo gruppo tematico, ma ecco
tornare il secondo tema (8’05”) accodatosi - in osservanza
(per una volta quasi rigorosa) dei sacri canoni - alla tonalità di impianto
(SOL, ma sempre in minore, nella sua prima parte). La seconda parte, in
maggiore, compare a 8’40”, subito riproposta con enfasi a 8’47”. Essa sfocia (9’03”)
nel primo tema, da cui si diparte la brillantissima coda, chiusa da 5
melodrammatici schianti di SOL maggiore.
Si passa ora all’Adagio, 2/4 tonalità in MIb maggiore e DO minore-maggiore
(anche qui i due modi si alternano e si compenetrano). La struttura generale si
presenta come una duplice alternanza di un gruppo tematico dimesso e quasi da
marcia funebre (ma con impertinenti incisi in maggiore) e un secondo di
spiccata serenità popolaresca.
A 9’55” gli archi espongono il primo
gruppo tematico, che muove da MIb maggiore a DO minore e quindi (10’41”)
ecco flauto e clarinetto interloquire in DO e poi FA maggiore con i clarinetti.
A 12’11”,
preceduta da un rullo di timpani, la prima sezione del tema viene ripetuta in fortissimo e porta alla prima
esposizione (13’10”) del secondo gruppo tematico, in DO maggiore, dal sapore
squisitamente popolare, con una sezione (14’06”) assai enfatica e mossa dalle
scale degli archi, che sfocia (14’43”) in una marziale perorazione
delle trombe.
A 14’58” ritorna il primo gruppo
tematico variato che sembra svanire nel nulla per poi sfociare (16’32”)
in un’altra sezione enfatica, prima che (17’47”) faccia la sua ricomparsa il
secondo gruppo tematico, esposto dagli archi con contrappunto grazioso dei flauti.
Una coda (18’38”) basata sul primo tema, chiude il movimento in un’atmosfera
che si schiarisce dopo un cupo intervallo.
Ecco quindi l’Allegretto
grazioso, 3/8 in SOL minore. Non è il classico Scherzo, anche se ha una
struttura (A-B-A) che contempla (B) un Trio. Inizia (A) con un languido walzer
(20’16”)
esposto dagli archi, un tema arcuato, che sale e poi ridiscende. Gli fa eco (20’42”)
un controsoggetto prima della riproposizione (21’08”) del tema completo
nei legni, poi ancora negli archi.
Si passa ora (22’04”) al Trio (B) nella relativa SOL
maggiore (altro esempio di alternanza minore-maggiore) un motivo ripreso dall’opera
Tvrdé palice (Teste dure) a sua volta integrato (22’29”) da un controsoggetto. Il
tutto ripetuto (22’49”) e ancora seguito (23’35”) dal soggetto B chiuso da una
delicata cadenza dell’oboe.
Con il classico da-capo
torna (24’24”) il primo tema (soggetto e controsoggetto) poi ripetuto (25’16”),
e infine si arriva (26’12”) ad una coda spigliata (Molto vivace, tempo 2/4) basata sul secondo tema e chiusa da un accordo
maggiore (SOL-SI) assai dimesso negli archi.
Chiude la Sinfonia l’Allegro
ma non troppo, 2/4 in SOL maggiore, che presenta una struttura a metà
tra il rondò e il tema-con-variazioni (queste ultime non
sono esplicitamente indicate, ma si desumono chiaramente dalla partitura, oltre
che dal contenuto musicale). A mo’ di introduzione lo apre (26’53”)
il RE di una smaccata fanfara di trombe. Qui viene sempre ricordato dai
commentatori un appello che la nostra guida Kubelik pare abbia indirizzato agli
orchestrali durante una sessione di prove della sinfonia: Signori, in Boemia le trombe chiamano alla danza, non alla battaglia!
Esposizione del Tema (27’21”).
Dopo una pausa di riflessione, scandita dai timpani sul ritmo della fanfara,
ecco il tema principale, affidato ai violoncelli, che mostra subito la sua
chiara derivazione dall’incipit (SOL-SI-RE)
del canto dell’uccellino che aveva aperto nel flauto l’esposizione dell’iniziale
Allegro con brio. Sono 8 battute (reiterate)
chiuse sulla dominante RE. Il controsoggetto (27’41”) - sempre di 8
battute con da-capo - risponde partendo
dalla dominante e ritornando a casa, sul SOL.
Variazione 1 (28’03”). È in effetti una
riesposizione variata del tema completo (soggetto e controsoggetto con i
rispettivi da-capo) ma assai
arricchito di suono, per l’intervento di viole e violini in fortissimo, ad accompagnare celli e
bassi.
Variazione 2 (28’39”). É abbastanza articolata,
con una struttura A-B-A. Inizia con l’intera orchestra che espone l’incipit del
tema, poi sviluppato in due frasi di 8 battute. Segue (28’53”) la sezione B, un
po’ più mossa nel tempo, costituita da due parti (sempre di 8 battute,
ripetute) affidata agli svolazzi del flauto. Riprende (29’22”) la sezione A con
la prima parte di 8 battute e la seconda di 13, chiusa sul SOL. Seguono (29’38”)
10 battute di ponte, che conducono la tonalità verso il DO minore, in cui è
incardinata la successiva...
Variazione 3 (29’46”). É la più lunga e complessa
delle sette (130 battute) ed apre come detto in DO minore con un tema aspro e martellante
esposto da oboi e clarinetti, poi ripreso (29’58”) dai flauti. Che ne
propongono una variante, come controsoggetto, con modulazioni a SI e SIb minore.
Segue un lungo sviluppo del tema, con interventi successivi di tutte le sezioni
dell’orchestra, chiuso da un ritorno (31’09”) del RE della fanfara di
trombe che si trascina faticosamente fino a chiudere la variazione.
Variazione 4 (31’40”). Riecco il SOL maggiore del
tema principale (due parti entrambe ripetute) che nella prima parte ricalca l’apparizione
iniziale, ma nella seconda (32’03”) viene stranamente allungato
di 2 battute (10 invece di 8).
Variazione 5 (32’33”). In sostanza arricchisce
tematicamente la precedente ed è riservata ai soli archi. La prima sezione è di 8
battute, ripetuta; la seconda (32’55”) pure di 8 battute, ma con
ripetizione di 10.
Variazione 6 (33’20”). Ora è il clarinetto a
tenere banco, presentando la prima sezione del tema principale con l’accompagnamento
degli archi in tremolo. Nella seconda (33’44”) si fa più corposa la
presenza dei fiati (entrambe le sezioni, ripetute, sono di 8 battute).
Variazione 7 (34’07”). Ancora il tema principale (esposto
dai violini contrappuntati dai fagotti) che lentamente sembra disgregarsi, poi si
riprende (34’29”) nei violini con accompagnamento in tempi dilatati di flauti
e oboi.
Coda (34’55”). Furiosamente l’intera
orchestra ripercorre la seconda variazione fino ad arrivare (Più animato, 35’09”) alla stretta
finale. Chiusura in bellezza, con due schianti di SOL maggiore.
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Beh, magari non sarà proprio un capolavoro assoluto, tuttavia non si può
negare che la sinfonia abbia un certo fascino, legato indubbiamente alla
cantabilità dei tanti motivi di ispirazione popolare boema che la percorrono da
cima a fondo, che mette in secondo piano le sue arditezze (ma si potrebbe dire...
stranezze) formali.
Abbiamo conosciuto ed apprezzato la Xian durante gli anni della sua direzione musicale e anche ieri la piccola cinesina ha mostrato le sue qualità: esaltando tutti i contrasti di questo brano, che alterna la leggerezza dei motivi di danza (vedi l’Allegretto) a squarci di alta drammaticità (quali sono emersi mirabilmente nell’Adagio). Travolgente poi l’Allegro finale, con l’Orchestra (ieri guidata da Dellingshausen) che ha davvero tirato fuori le unghie!
Accoglienza trionfale e applausi ritmati hanno chiuso questa bellissima serata.
Abbiamo conosciuto ed apprezzato la Xian durante gli anni della sua direzione musicale e anche ieri la piccola cinesina ha mostrato le sue qualità: esaltando tutti i contrasti di questo brano, che alterna la leggerezza dei motivi di danza (vedi l’Allegretto) a squarci di alta drammaticità (quali sono emersi mirabilmente nell’Adagio). Travolgente poi l’Allegro finale, con l’Orchestra (ieri guidata da Dellingshausen) che ha davvero tirato fuori le unghie!
Accoglienza trionfale e applausi ritmati hanno chiuso questa bellissima serata.
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