Per il terz’ultimo concerto della stagione torna in Auditorium il residente (!?) Jader Bignamini per guidare non una, ma ben due
orchestre insieme! Si mescola infatti alla sua laVerdi la Filarmonica Arturo
Toscanini, soprattutto per moltiplicare il volume di suono richiesto dallo
Strauss che riempie la seconda parte del concerto.
Ma il programma è aperto da una vecchia frequentatrice dell’Auditorium, la
sempre affascinante (nel fisico e nel... sonoro!) Francesca Dego, che ci propone il Primo concerto di Shostakovich. Opera composta (1947-48) in
piena era Stalin-Zdanov e quindi
prudentemente tenuta nel cassetto - onde evitare fastidiosi trasferimenti nella
lontana Siberia, se non qualcosa di peggio - dal quale fu estratta dopo anni,
dopo la presentazione della famosa e apprezzata Decima Sinfonia e in presenza al Kremlino del più mite (si fa per
dire... chiedere in proposito agli ukraini) Kruscev.
Questo spiega perchè alla sua comparsa le sia stato affibbiato il numero
d’opera 99 e successivamente l’originale 77, numero più congruo rispetto al periodo
di composizione.
Il dedicatario David Oistrakh e
l’amico fraterno Evgeny Mravinski portarono
alla luce il concerto sabato 29 ottobre del 1955 a Leningrado.
Concerto piuttosto eterodosso (quanto meno rispetto ai canoni classici) a
partire dal numero (4) dei movimenti e da contenuti (Notturno-Scherzo-Passacaglia-Burlesque) che lo avvicinano piuttosto
ad una suite dove si alternano
movimenti lenti e veloci. Orchestra privata degli ottoni più invadenti (trombe
e tromboni) per mantenere la massima trasparenza di suono; solista che ha
pochissime pause, essendo quasi costantemente protagonista, fra l’altro di una
interminabile cadenza che separa e
collega i due movimenti conclusivi. Quanto alle tonalità, le armature di chiave
sono poco significative: il LA (minore) apre la sinfonia e il LA (maggiore) la
chiude; in mezzo troviamo SIb e LAb, ma in realtà abbiamo atmosfere
continuamente cangianti.
Seguiamo l’evolversi del concerto proprio in compagnia dei due sommi
artisti che lo presentarono per la prima volta al pubblico.
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Si apre con un Notturno,
in tempo Moderato, 4/4. Brano assai
ispirato e ricco di laica religiosità. Struttura che richiama quella di una fantasia, nulla a che vedere con la
classica forma-sonata. Dopo 4 battute in ritmo puntato degli archi bassi, ecco il violino attaccare (17”)
una melopea praticamente ininterrotta, basata pure su un motivo puntato, nel quale compaiono sporadiche
quartine di crome. L’orchestra tiene un accompagnamento sommesso negli archi,
mentre i fiati si inseriscono qua e là, ma sempre con la massima discrezione,
come fanno il fagotto (1’27”) e i fiati (2’12”).
Ecco un primo sussulto (2’19”) con la melodia del
violino che si apre a intervalli più ampi e con i clarinetti (e i violini) a
contrappuntare con un ondeggiante motivo per terze. A 3’08” il solista riprende la sua
lirica perorazione, con salite a note sovracute, chiusa da un poco ritardando che lascia un minimo di
spazio (4’29”) ai fiati, prima del ritorno (4’51”) del solista che
ripropone la melopea iniziale, allargando quindi molto i tempi e facendosi
accompagnare da arpa in armonici e
celesta, a creare un’atmosfera eterea e sognante.
A 6’12” un improvviso intervento di
percussioni e tuba dà inizio ad una sezione più animata, dove la melodia del
solista si muove prevalentemente per terzine.
Altra breve pausa (6’54”) per il violino, occupata dai fiati e quindi (7’10”)
riecco il solista con la sua melodia fatta di terzine, adesso però incalzato
dagli archi e poi dall’intera orchestra, in un agitato ribollire di suoni,
mentre il violino ancora allarga i propri tempi. È un crescendo che raggiunge
un climax al quale fa seguito (8’19”)
una nuova ripresa del motivo puntato nel violino, che fa una pausa (8’46”)
per poi riprendersi il centro della scena (9’04”) con l’ultima esposizione che
ricapitola i diversi spezzoni di motivi uditi in precedenza. A 11’25”
ecco le ultime quattro battute del solista, tutte in armonici, con l’arpa e la celesta, morendo, a chiudere con lui questo mirabile sogno.
Segue quindi un movimento veloce, lo Scherzo, tempo Allegro, 3/8. Qui viene sostanzialmente rispettata la classica
forma scherzo-trio, con la
particolarità che il tema viene inizialmente esposto (11’52”) da flauto e
clarinetto basso, con il solista a ritmarne l’accompagnamento, prima di
prendere possesso (12’05”) della scena! A 12’48” il solista ripropone (come
consuetudine classica) lo Scherzo,
che poco dopo (13’03”) modula bruscamente, mentre i fiati espongono, innalzato
di un semitono e lievemente storpiato verso il basso alla fine (RE#-MI-DO#-SI)
il motto DSCH (RE-MIb-DO-SI, iniziali del compositore) che riascoltiamo subito
dopo (13’17”) nei secchi strappi in doppia corda del violino.
Si arriva (13’37”) al Trio, Poco più mosso, 2/4,
sempre dominato dal solista, con motivi e ritmo che ricordano il Klezmer (danza ebraica) comportando
anche veloci scorribande, fino ad arrivare (15’36”) alla ripresa
dello Scherzo, dove ascoltiamo
impertinenti interventi dell’oboe prima, del flauto poi e infine dell’ottavino
a contrappuntare il solista.
La scansione si fa sempre più frenetica fino a
sfociare (17’27”) nella temporanea ripresa del tempo di Trio (2/4, Poco più mosso) che chiude (17’47”)
tornando a 3/8 (tempo dello Scherzo) con una riproposizione del motto DSCH
(adesso senza storpiature, ma trasposto di un tritono, a LAb-LA-SOLb-FA) e con
il solista che insiste nel suonare quartine di crome sul tempo ternario, fino
alla brusca chiusura.
Eccoci ora alla Passacaglia,
Andante, 3/4. Il basso ricorrente (si
ripeterà per 9 volte) copre 17 battute e viene inizialmente suonato (18’11”)
dagli archi bassi, con corni a contrappuntare in ottave e timpani a scandire il
ritmo. La seconda apparizione (19’06”) coinvolge la tuba e il
fagotto, con gli altri fiati a cantare una specie di corale. Sulla terza (20’01”)
affidata agli archi bassi ecco arrivare il violino solista, che intona una languida
melodia (di atmosfera simile a quella del movimento iniziale). Il suo motivo
viene ripreso dal corno inglese alla quarta tornata (20’56”) mentre il solista
si lancia in volute più ampie. La quinta ripetizione (21’50”) vede al basso il
primo corno, mentre il solista prosegue la sua melopea. Anche alla sesta
reiterazione del basso (22’39”) affidata a corni, tuba,
celli e contrabbassi, Il solista continua nel suo canto, sempre più accorato,
animato ora da ripetute terzine.
La settima proposizione del tema di passacaglia (23’29”)
è affidata ora direttamente al solista, con piglio stentoreo, mentre all’ottava
(24’16”)
sul basso tenuto da tuba e fagotti sono i clarinetti ad accompagnare la prima
melodia tornata nel violino. Ai timpani (25’10”) spetta di guidare la nona
ricorrenza dell’accompagnamento, con il solista sempre in primo piano, che
arricchisce il suo tema di note ribattute. Seguono (26’12”) 12 battute di
chiusura, con passaggi anche in doppia corda, che portano inaspettatamente (27’01”)
ad una mastodontica Cadenza. Essa
inizia riprendendo l’ultimo motivo suonato nella passacaglia, per poi
svilupparsi in tempo Maestoso, con
qualche moderata variazione agogica e dinamica. A 30’09” un primo Accelerando anima il ritmo e poi un
secondo (31’15”) introduce la parte conclusiva, in Allegro, dove troviamo ogni artifizio virtuosistico, compresi
passaggi in doppia, tripla ed anche quadrupla corda!
E così, senza soluzione di continuità,
a 31’42”
attacca la conclusiva Burlesque, Allegro con brio, 2/4. É uno dei classici, inconfondibili,
tarantolati pezzi di questo autore, dove solista e orchestra sembrano
inseguirsi in una forsennata discesa senza freni. Il ritmo è spesso puntato,
singhiozzante, oppure più regolare ma sempre forsennato.
L’orchestra apre con 28 battute introduttive che
preparano l’entrata (32’02”) del violino solista
accompagnato dal clarinetto, con il quale innesca una specie di gioco a
rincorrersi, chiuso da reiterati sussulti, quasi dei singhiozzi dei flauti. Il
solista d’ora in poi avrà solo poche pause di respiro, alternando motivi in ritmo
puntato ad altri (32’46”)
più distesi, ma senza mai rallentare il passo.
Dopo una sezione caratterizzata da passagi
sincopati, a 33’18” il solista riprende il motivo dell’introduzione
orchestrale, poi continua contrappuntato da strappi di flauti e clarinetti. A 33’50”
si concede finalmente una pausa, lasciando momentaneamente spazio all’orchestra,
per poi riprendere (34’21”) la sua corsa solitaria (accompagnato solo da violini e
viole) e successivamente (34’43”) anche da clarinetti, corno e
xilofono. Il passo adesso accelera, con volate di semicrome che portano (34’59”)
a nuovi sussulti nei fiati, che accompagnano il solista fino a 35’36”.
Qui il violino, ora sostenuto solo dagli archi, attacca una sezione con note
ribattute, anche in corda doppia.
A 35’46” ecco iniziare il Presto che ci conduce al repentino schianto conclusivo.
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La
bella Francesca ce lo ha porto mirabilmente, mettendone in risalto la grande
nobiltà dei temi, in specie nei due movimenti lenti. In quelli veloci ha fatto
valere le sue eccezionali doti tecniche.
Una prestazione davvero eccellente, salutata dal folto pubblico con grandi applausi. Che lei ha ricambiato, dopo l’impegno proibitivo del Concerto con ben tre encore, aperti da un ossessionato Ysaÿe.
Una prestazione davvero eccellente, salutata dal folto pubblico con grandi applausi. Che lei ha ricambiato, dopo l’impegno proibitivo del Concerto con ben tre encore, aperti da un ossessionato Ysaÿe.