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18 maggio, 2019

laVerdi 18-19 - Concerto n°29


Secondo appuntamento con Robert Trevino per l’integrale delle sinfonie di Brahms. Ieri (replica domani) è stata la volta delle 3 e 4, composte (come la prima coppia, del 76-77) a stretto giro l’una dall’altra (83-85). Poi, a parte il doppio concerto, Brahms abbandonerà la grande orchestra e le grandi forme per ritornare, in fondo, alle sue origini liederistiche, cameristiche e corali, peraltro ora temprate dalle esperienze sinfoniche.

Si parte quindi con la Terza, in FA maggiore. Dai tempi di Hanslick si usa dire che la musica di Brahms è assoluta, in opposizione a quella a programma di Liszt, di Wagner (ovviamente) di Strauss e anche di Mahler. Ma allora come si spiega che una musicista raffinata, colta e sensibile come l’amata Clara (Schumann) nel felicitarsi con l’autore per la sua Terza gli confida di vederci i boschi e le foreste, i boscaioli inginocchiati ai piedi di una cappella nel verde, e ancora lo sciacquio del ruscello ed il ronzio degli insetti?

In realtà a questa, come a qualunque altra sinfonia o musica in genere, si possono appiccicare dall’esterno tutti i programmi di questo mondo, quanto infinite sono le sensazioni che ciascuno di noi può provare ascoltando quei suoni.

E questa Terza non comincia per caso con un motivo preso da un’altra Terza, precisamente quella dell’amato Schumann, esplicitamente sottotitolata renana? E non era proprio il Reno che Brahms poteva ammirare dalle finestre della casa che lo ospitava a Wiesbaden mentre componeva la Terza? Ma c’è di più: se in quel tema di Schumann sostituiamo la tonica di partenza (SOL) con una sesta (MI) non troviamo forse l’incipit del motivo - assolutamente renano - del Weia-Waga di Wagner (che poi è anche quello del Sonno e dell’Uccellino del bosco?) Beh, ce n’è abbastanza per ripensare certe categorie piuttosto stucchevoli che ancora vengono usate per catalogare musiche e musicisti… 

Trevino? Ha letto - e sono pienamente con lui - quest’opera come un raffinato connubio fra romanticismo e decadentismo, una cosa piuttosto lontana dalla burbera serietà dell’Hamburger... Così ha attaccato l’Allegro con brio, appunto, con... brio! (spesso i direttori che si credono brahmsiani il brio lo dimenticano proprio.) Delizioso e lezioso l’Andante, dove le indicazioni espressivo, dolce vengono mirabilmente tradotte in suoni eterei. Un minuto buono di silenzio viene rispettato prima dell’attacco del Poco allegretto (un diminutivo del diminutivo) reso celebre da racconti e celluloide. Nell’Allegro finale resta memorabile l’avvicinamento - e poi l’esplosione dell’intera orchestra, ma degli ottoni in particolare - allo Höhepunkt, in FA maggiore.

Due secondi di braccia alzate dopo l’ultimo accordo in pianissimo precedono lo scrosciare degli applausi del pubblico. Trevino fa, come suo solito, il giro del palco per omaggiare da vicino tutte le prime parti (e i colleghi) delle diverse sezioni.   
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Ecco infine la Quarta. Brahms, da grande alchimista dei suoni, la apre con un trucco: prende due insulse serie di terze (prima discendenti e poi ascendenti) e ci ricava un tema raffinato che ci lascia stupefatti. Il tutto semplicemente introducendo quattro rivolti dell’intervallo di terza...

Motivo che tornerà anche nel finale, dopo la variazione 29. Finale a sua volta costruito prendendo un tema (8 battute) di Bach (dalla Cantata Nach dir Herr verlanget mich, BWV150, Ciaccona Meine Tage in den Leiden, basso) sul quale Brahms costruisce un colossale movimento di passacaglia! In mezzo, l’Andante moderato, un Brahms che si riconosce... a prima vista. E poi l’Allegro giocoso, degno in tutto e per tutto di... Beethoven!

Trevino? A differenza della Terza, qui mi pare usare un approccio abbastanza conservativo, nel senso che non forza mai i contrasti di agogica e dinamica, proponendo un Brahms tutto sommato rigoroso e austero. Certo non mancano momenti esaltanti, come l’Allegro giocoso, al cui termine uno spettatore (troppo esaltatosi, o poco... informato) ha urlato uno stentoreo bravo! Trevino non ci ha fatto caso ed ha attaccato la conclusiva passacaglia con grande risolutezza, mettendone in risalto le mille mutevoli facce. 

Parlare di trionfo non è esagerato. Prima ancora che dal pubblico, è dagli orchestrali (guidati da Dellingshausen) che sono arrivate manifestazioni di apprezzamento (innesco di applauso ritmato) al direttore texano, che ha ripetuto il suo giro fra le sezioni dell’orchestra per complimentarsi con tutti.

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