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11 agosto, 2010

Quel che sia Consonanza, Dissonanza, Harmonia & Melodia.


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DA i Mouimenti tardi & ueloci, adunque, insieme proportionati nasce la Consonanza, considerata principalmente dal Musico, la qual dichiarando da nuouo dico, ch'ella è compositione di suono graue & acuto, che peruiene alle nostre orecchie soauemente & uniformemente, & hà possanza di mutare il senso; ouero è (secondo che la definisce Aristotele) Ragion de numeri nell'acuto & nel graue. Dallequali definitioni potiamo comprendere, che la Consonanza nasce, quando due suoni, che sono tra lor differenti senz'alcun suono mezano, si congiungono concordeuolmente in un corpo; & è contenuta da una sola proportione. Ma perche di due opposti, ritrouandosi l'uno in essere, è necessario, che si ritroui anco l'altro, & si habbia di loro una istessa scienza; però essendo la Dissonanza contraria alla Consonanza, nel modo ch'io la dichiarai nel principio del Secondo delle Dimostrationi; non sarà difficile saper quello, ch'ella sia; percioche ella è compositione di suono graue & d'acuto, laquale aspramente peruiene alle nostre orecchie. Et nasce in tal maniera, che mentre tali Suoni non si uogliono vnire l'un con l'altro, per la disproportione, che si ritroua tra loro; & si sforzano di restar nella loro integrità; offendendosi l'un l'altro peruengono senz'alcuna soauitade all'Vdito. Ne solamente si ritrouano due Suoni tra loro distanti per il graue & per l'acuto, che consonino; ma tali Suoni anco si odono molte fiate tramezati da altri suoni, che rendono soaue concento; com'è manifesto; & sono contenuti da più proportioni; però i Musici chiamano tal compositione Harmonia. Onde si dè auertire, che l'Harmonia si ritroua di due sorti; l'una dellequali chiamaremo Propria, & l'altra non Propria. La Propria è quella, che descriue Lattantio Firmiano, in quello dell'Opera di Dio, dicendo; i Musici nominano propriamenteHarmonia il concento di chorde, ò di uoci consonanti ne i loro modi, senza offesa alcuna delle orecchie; intendendo per questa il concento, che nasce dalle modulationi, che fanno le parti di ciascuna cantilena, per fino à tanto che siano peruenute al fine. Harmonia propria adunque è compositione, ò mescolanza de suoni graui & de acuti tramezati, ò non tramezati, la qual percuote soauemente il senso; & nasce dalle parti di ciascuna cantilena, per il proceder che fanno accordandosi insieme, fin à tanto, che siano peruenute al fine; & hà possanza di dispor l'Animo à diuerse passioni. Et questa Harmonia non solamente nasce dalle Consonanze; ma dalle Dissonanze ancora; percioche i buoni Musici pongono ogni loro studio di fare, che nelle Harmonie le Dissonanze accordino; & che con marauiglioso effetto consonino di maniera, che noi la potiamo considerare in due modi; cioè, Perfetta & Imperfetta. La Perfetta quando si ritrouano molte parti in una cantilena, che uadino cantando insieme, di modo che le estreme siano tramezate dall'altre; & la Imperfetta, quando solamente due uanno cantando insieme, senza esser tramezate da alcun'altra parte. La non propria è quella, c'hò dichiarato di sopra; la quale più presto si può chiamare Harmoniosa consonanza, che Harmonia; conciosia che non contiene in se alcuna modulatione; ancora c'habbia gli estremi tramezati da altri suoni; & non hà possanza alcuna di dispor l'Animo à diuerse passioni; come l'Harmonia detta Propria; laquale di molte harmonie Non proprie si compone. Et se ben pare, che l'Harmonia Propria non habbia da se tal forza; tuttauia l'acquista col mezo del Numero & dell'Oratione; cioè, del Parlare, ò delle Parole, che se le accompagnano; le quali tanto più, ò meno commuouono; quanto più ò meno sono accommodate al Rhythmo, oueramente al Metro con proportione. La onde poi da tutte queste tre cose aggiunte insieme; cioè, dall'Harmonia propria, dal Rhythmo & dall'Oratione; nasce (come uuol Platone) la Melodia. Ma come l'Harmonia Non propria si diuida in quella, ch'è detta Semplicemente, & nella detta Ad un certo modo; & quello che sia l'una & l'altra; da quello, ch'io hò scritto nella Quarta & Quinta definitione del Secondo delle Dimostrationi, si potrà comprendere; come etiandio si potrà dalla Prima & dalla Seconda conoscer quello che sia Consonanza Propriamente & la Communemente detta; nelle quali essa Consonanza si uiene à diuidere.


ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 12. (MDLVIII)

29 giugno, 2010

Da che nascono i Suoni graui, & da che gli acuti.















DAL Mouimento adunque nascono i Suoni & le Voci; ma perche de i mouimenti alcuni sono Equali, & alcuni Inequali; & de questi alcuni sono tardi & rari, & alcuni veloci & spessi; però è da sapere; che da i primi nascono i Suoni graui, & da i secondi gli acuti; & questo è manifesto al Senso; percioche se noi pigliaremo uno Istrumento musicale, nel quale siano tese molte chorde, & percuoteremo insieme equalmente alcune di esse, di modo che la percussione fatta all' una, non sia più forte di quella fatta all'altra; ritrouaremo nelle chorde, che danno i Suoni più graui, i Mouimenti più tardi & più rari, & più lungamente durare il lor Suono; & nelle più acute i Mouimenti più ueloci & spessi, & li Suoni più presto mancare. Conciosia che le Chorde piu lasse debolmente percuotono l'Aria, & piu dura il Suono, che nasce da loro; & questo è per la tardità de i Mouimenti; ma quelle che sono piu tirate, percuotono l'Aria gagliardamente & con prestezza, & è men durabile il Suono, che da esse procede; percioche per la uelocità de i Mouimenti cessa tanto piu presto & arriua al fine. Ogni giorno vediamo per esperienza, che la chorda piu tesa rende il Suono piu acuto; & se la tiriamo piu di quello, ch'è tirata, ritrouiamo in essa Mouimenti piu veloci; & il Suono fatto piu acuto, di quel ch'era di prima; & se la rallentiamo, i suoi Mouimenti sono piu tardi, & il Suono produtto da lei piu graue; conciosia che 'l Mouimento quanto piu è tardo, tanto piu è uicino al suo fine; cioè, al fermarsi; & il Suono quanto è più graue, tanto è piu uicino alla taciturnità. Si debbe però intender di quella Tardità, che si ritroua nel fine de i Mouimenti violenti; percioche tali Mouimenti sono per loro natura gagliardi nel principio & ueloci, nel fine poi sono deboli & tardi; essendo che à poco à poco uanno perdendo la sua uelocità. Et questa tardità si ritroua nella chorda, quando è vicina al fermarsi; conciosia che allora è piu debole & piu lassa. La onde il Mouimento di qualunque chorda percossa nel principio è ueloce, & rende molto Suono; ma à poco à poco debilitandosi il Mouimento lo và perdendo. Nascono etiandio i Suoni graui dalle chorde grosse, & dalle sottili gli acuti; percioche 'l Suono acuto non tanto nasce dalla velocità del Mouimento, quanto dalla sottigliezza della chorda, che è piu penetratiua nell'Aria. Ne ci dobbiamo imaginare, che qualunqne uolta vna Chorda sia percossa, ch'ella generi solamente un Suono; anzi bisogna esser certi, che i Suoni & le Percussioni siano molte; & che tante uolte, quante da quella è l'Aria percossa, che renda tanti Suoni differenti, secondo la uelocità, ò tardità de i Mouimenti fatti in essa chorda; & che percuoti l'Aria, fino à tanto che tal chorda tremi. E' ben uero, che le Differenze de i Suoni graui & acuti, nati dalla chorda, non sono vdibili; il che può auenire non sono dalle percussioni, che sono ueloci, & in tal maniera congiunte, che paiono à noi una sola; ma etiandio per i minimi Interualli, che si ritrouano da un Suono all'altro; de i quali l' Vdito non è capace, si per la sua picciolezza; com'anco perche sono molto congiuinti; onde l'Vdito resta ingannato nella cosa vdibile, quasi all'istesso modo, che fà il Vedere nella cosa visibile; conciosia che sè alcuno pigliarà in mano un tizzone acceso, & lo girerà velocemente à torno; parerà che nell'Aria sia un cerchio di fuoco; nondimeno secondo la uerità non sarà cosi; percioche dalla uelocità del Mouimento unito, & dalla Forma di tal figura, la quale non hà angoli, l'occhio resta ingannato. Essendo adunque i Suoni graui fatti da i Mouimenti tardi & rari, & gli acuti da i ueloci & spessi; potiamo dire, che dalla aggiuntione de i Mouimenti si facino i Suoni de graui acuti; & per il contrario dalla diminutione, de acuti graui. Di modo che essendo fatti i Suoni acuti dalla maggior parte de i Mouimenti, & i graui dalla minore; da tal differenza, che consiste in una certa pluralità, è necessario che cadino sotto il Numero; & che comparato il maggior numero loro al minore, si ritroui quella comparatione & proportione tra loro, che si ritroua tra i Numeri semplici nella quantità discreta. Et si come tali Mouimenti, comparati secondo 'l Numero, parte sono tra loro Equali, & parte Inequali; cosi ancora i Suoni sono tra loro parte Equali & parte distanti l'un dall'altro per l'Inequalità. Onde in quelli, che non sono discordanti per alcuna Inequalità, non si può trouare alcuna Consonanza; ne meno il suo opposto, ch'è la Dissonanza; conciosia che la Consonanza è concordanza de più suoni tra loro differenti & inequali, redotta in uno; & la Dissonanza è mistura di suono graue & acuto, che offende l'Vdito. Adunque si come dalle Quantità, che sono tra loro inequali, l'una comparata all'altra (nel modo che nella Prima parte vedemmo) nascono Cinque generi di proportione, detti di Maggiore inequalità; de i quali le Specie sono infinite; cosi ancora dalla comparatione de i Suoni tra loro inequali, nascono cinque generi & infinite Specie. Et benche i Suoni si ritrouino in atto nell'Aria, come nel loro proprio soggetto; & che di loro per uia del soggetto non ne possiamo hauere alcuna cognitione, ò ragione determinata; essendo che i termini loro sono incogniti à noi; tuttauia in quanto nascono da i Corpi sonori, che sono Quantità commensurabili, & si ritrouano in loro in potenza; dalla misura loro ne habbiamo perfetta cognitione; percioche i suoi termini sono conosciuti dalla diuision delle chorde, come già nella Prima parte hò detto; dalla quale noi cauiamo le Ragioni de i Suoni graui & de gli acuti, & le lor differenze; & questo secondo 'l Numero delle parti, che le misurano; dal qual Numero uenimo ad esser certi della quantità de Suoni; & non pur di essi; ma delle Voci ancora, le quali senza dubbio sono Suoni; applicando però essi suoni, che nascono da i corpi Sonori alle Voci; le quali sono prodotte da i Corpi humani.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 11. (MDLVIII)
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21 aprile, 2010

De i Suoni & delle Voci, & in qual modo naschino.


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FA Mestieri adunque sapere, che Se tutte le cose fussero immobili, ne l'una si potesse far uerso l'altra, ò l'una non potesse muouere, ò spinger l'altra, mancarebbe necessariamente il Mouimento, & mancarebbono i Suoni & le Voci; & per conseguente ogni Consonanza musicale, ogni Harmonia & ogni Melodia; poi che da altro non nascono, che dalla repercussione violenta dell'Aria; la qual senza dubbio alcuno non si può hauer senza il Mouimento. Onde alla loro generatione (come vuole Aristotele) necessariamente concorrono tre cose; primieramente Quel che percuote, dopoi il Percosso, & ultimamente il Mezo, nel quale è riceuuto il Suono. Dico, Quel che percuote & il Percosso; percioche dalla percussione si genera il Suono; essendo massimamente il Suono (come lo dichiara Boetio) repercussione d'Aria non sciolta, che peruiene infino all'Vdito; nella quale si ricerca quel che percuote, come agente; & il percosso, come patiente; come nel Mouimento sempre si ricerca quel che muoue, & quel ch'è mosso. Dopo queste ui concorre il Mezo, nel quale il Suono è riceuuto, come nel proprio soggetto; & questo è l'Aria; conciosia che acciò si generi il Suono, fà dibisogno, che quello, che percuote, tocchi il percosso in tal maniera, che nel toccare faccia la botta; ma non senza mouimento locale, nelquale l'Aria mezana si muoue tra quel che percuote & quello ch'è percosso, & peruiene alle nostre orecchie mouendo l'Vdito. Onde è uero quel, che dicono i Filosofi; che 'l Mouimento locale sempre si fà in alcun Mezo, & non mai nel Vacuo. E' ben uero, che 'l Suono può nascere in molti modi; primieramente, quando due corpi duri sono percossi l'un con l'altro: come l'Incudine & il Martello; & questo conferma Aristotele, dicendo; che 'l Suono nasce dalla collisione, ò confricatione di due corpi solidi & duri, i quali rompino fortemente l'Aria; secondariamente nasce, quando un corpo liquido percuote un duro & fermo come l'Aria, che percuota con uiolenza in vno arbore; ouer per il contrario, quando un corpo liquido è percosso da un duro & fermo; come quando l'Aria è percossa da una uerga; simigliantemente, quando due corpi liquidi concorrono insieme ouer s'incontrano; come fanno due Acque correnti; oueramente quando alcuno Vento, ouer'altro Vapore spinge uelocemente una parte d'Aria sopra un'altra; come auiene quando si scarica un'Artigliaria, ouer'altra cosa simile. Et non solamente nasce il Suono in questi modi; ma etiandio quando si separa alcuna parte d'un Corpo dall'altra; come si fà per la diuisione d'alcun Legno; ò per stracciar Veluto, Panno, Tella, ouer'altre cose simili, ne i quali effetti concorre sempre la uiolenta Repercussione dell'Aria. Et si come quando si getta nell'acqua alcun sasso, subito si fà in essa un picciol cerchio; & tanto si sà maggiore, quanto gli è permesso dal mouimento; percioche essendo stanco, si ferma, ne procede più oltra; cosi intrauiene de i Suoni nell' Aria & delle Voci; che tanto si diffondono i circoli fatti in esso, & si fanno maggiori, quanto gli è permesso dal Mouimento; & in tal modo ferisce l'orecchie de i circostanti. Intrauien però; che si come l'Onde, che fanno i circoli, tanto maggiormente sono deboli & di minor possanza, & dall'occhio son men comprese, quanto più sono lontane dalla loro origine; cosi ancora i Suoni, ò Voci tanto più debolmente feriscono l'Vdito, quanto piu sono lontani dal loro principio, & si rendono all'Vdito piu oscuri, & minormente sono intesi da esso; onde poi stanco il mouimento, non piu si odono; ma se per caso auennse, ch'alcuna cosa facesse ostacolo alle commemorate onde, ò circoli fatti nell'acqua; ouero gli impedisce il farsi maggiori, per quanto dalla natura del mouimento li fusse concesso; ritornano essi circoli fin là decrescendo, oue hebbero principio, & cessa il mouimento. Questo istesso fà l'Aria; che s'alcuna cosa se le oppone, subito ritorna ai suo principio; cioè, alla origine del mouimento; & dalla reflessione si fà nelle nostre orecchie un nuouo suono, ilquale chiamano Echo. Dal Mouimento adunque, come principale si fà il Suono; alla cui similitudine nascono anco le Voci: quantunque diuersamente di quel che fanno i Suoni; imperoche alla generatione delle Voci, non solo si ricerca le nominate cose concorrenti al nascer de i Suoni; ma di piu fà dibisogno, che ui siano due Istromenti naturali sommamente necessarij, che sono il Polmone & la Goia. Il Polmone dico, che quasi come un Mantice tiri & mandi fuori l'Aria; & la Gola, nella quale percuota l'Aria. Conciosia che essendo la Voce suono; & generandosi il Suono dalla repercussione; è necessario, che quando la Voce si genera, che l'Aria mandata dal Polmone percuota alla Gola; cioè alla Canna, che è detta Arteria uocale, & per tal percussione sia generata. Et benche dal Polmone & dalla Gola naschino molti suoni; non sono però tutti da nominare Voci; come la Tosse, & altro simil Strepito; ma quelli solamente, che sono articolati, & significano alcuna cosa; da i quali nasce il Parlare, ch'è proprio dell' Huomo; alla generatione de quali fanno dibisogno tutti quelli Istrumenti naturali, ch'io commemorai nella Prima parte; & questi sono considerati dal Musico; percioche fanno al suo proposito ma non i primi, che non sono atti à fare alcuno concento. Hora potiamo ueder la differenza, che si troua tra il Suono & la Voce; conciosia che il Suono è quello, che solamente si ode; & è repercussione d'Aria non sciolta, che peruiene fino all'Vdito, & non rappresenta cosa alcuna all'Intelletto; & la Voce è repercussione di Aria respirata all'Arteria vocale, che si manda fuori con qualche significatione; lasciando da un canto il Latrar de cani & altre come simili, che non fanno qui al proposito. Si dee però auertire, che (come dice il Filosofo nel cap. 23. della Poetica) per traslatione si chiamano etiandio Voci quei Suoni, che nascono dalle Tibie & dalle Fistole; de i quali anco il Musico ne hà gran consideratione. Et si può anco dire, che 'l Suono sia come il Genere, & la Voce come la Specie: imperoche ogni Voce è Suono; ma non per il contrario.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 10. (MDLVIII)

17 febbraio, 2010

In che modo le predette Sedeci chorde siano state da i Latini denominate.




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ET benche gli antichi Greci nella fabrica, ò diuisione de i Monochordo, considerassero solamente Sedeci chorde, diuise in cinque Tetrachordi; ne tentassero di passar più oltra, per la ragione detta di sopra; nondimeno i Moderni non contenti di cotal numero, lo accrebbero; passando più oltra, hora nel graue & hora nell'acuto; imperoche Guido Aretino nel suo Introdottorio, oltra le nominate chorde, ue n'aggiunse dell'altre alla somma de Ventidue, & le ordinò in sette Hexachordi; & tale ordine fu & è più che mai accettato & abbracciato dalla maggior parte de i Musici prattici; essendo che in esse sono collocate & ordinate le chorde al modo delle mostrate Pitagoriche. E ben uero, ch'à ciascuno di essi, aggiunse, per commodità de i cantanti, alcune di queste Sei sillabe: Vt, Re, Mi, FA, Sol, La, cauate dall' Hinno di San Giouanni Battista;

Vt queant laxis Resonare fibris Mira getorum Famuli tuo- rum; Solue polluti Labij reatum sancte Iohannes;

& li concatennò con tale arteficio & in tal maniera; che ciascuno contiene tutte le Specie della Diatessaron, le quali sono tre; come vederemo nella terza parte; accommodando il Semituono, circoscritto da queste due sillabe mezane Mi & Fa, nel mezo di ciascuno. La onde aggiunse primieramente alla Proslambanomenos di questo suo ordine nella parte graue una chorda, distante per un Tuono, segnata con lettera Greca maiuscola ritrouata forse per inanti, ouero aggiunta da altri Musici de suoi tempi all'ordine delle chorde Greche in questo modo G; & l'altre poi con lettere Latine; che dinota, la Musica (come uogliono alcuni) essere stata ritrouata primamente da i Greci, & posta in uso; & al presente da i Latini essere honoreuolmente posseduta, abbracciata & accresciuta. Et alla predetta Lettera aggiunse la prima delle Sei sillabe; cioè, Vt; in questo modo G, vt; che uuol dire Gamma ut; & cosi nominò la chorda aggiunta di tal nome; & è la prima chorda della sua ordinatione. Chiamò poi Proslambanomenos de i Greci A re; ponendo insieme la prima lettera latina & la seconda sillaba delle mostrate; & fù la seconda chorda del suo Introdottorio. La terza poi; cioè, la seconda Greca, detta Hypate hypaton, nominò r mi; ponendo insieme la seconda lettera latina, & la terza sillaba seguente; & pose tal lettera quadrata, differente da la b rotonda; per dinotarci la differenza de i Semituoni, che fanno queste due chorde; conciosiache non sono in un'istesso luogo; quantunque siano alle fiate congiunte quasi in una istessa lettera sopra una istessa riga, ouero spacio; come altroue vederemo. Nominò dopoi la quarta C fa ut, & il resto per ordine, fino à Netehyperboleon, applicandoli vna delle prime lettere latine, A, r, ouer B, C, D, E, F, G; descriuendole nel primo ordine maiuscole, nel secondo picciole, & nel terzo raddoppiate; come nell'Introdottorio si uedono. Ma sopra Nete hyperboleon aggiunse altre cinque chorde nel terzo ordine; cioè, bb fa, ee mi; cc sol fa; dd la sol; & ee la; & fece questo per finire gli ultimi due Hexachordi, de i quali l'uno hà principio in f; & l'altro in g: & per tal modo le chorde Greche acquistarono altra denominatione. Fù tenuto tale ordine da Guido (com'io credo) forse non senza consideratione, applicando cotali Sillabe alle chorde sonore, moltiplicate per il numero Settenario; perche comprese, che nel Senario si conteneua la diuersità de i Tetrachordi; & che nel Settenario erano Sette suoni, ò uoci, l'una dall'altra per natural diuisione al tutto uariate & differenti; come si può vedere, & udire nelle prime Sette chorde, le quali sono essentiali, & niuna di loro s'assimiglia all'altra di suono; ma sono molto diuerse. Questa diuersità conobbe il dottissimo Homero, quando nell'Hinno fatto à Mercurio disse:

Ma Sette chorde fatte di budella
Di pecore distese, che tra loro
Erano consonanti.


Cosi Horatio parlando all'istesso Mercurio, commemorò tali chorde con queste parole;

Tuque testudo resonare septem
Callida neruis.

Et se ben Theocrito pone, che la Sampogna di Menalcha pastore facesse Noue suoni differenti, quando disse:

Questa bella Sampogna, la qual feci
De Noue suoni.


Credo, che questo habbia fatto; perche (com'è manifesto & lo afferma Giouanni Grammatico) Theocrito scrisse nella lingua Doricale sue poesie, le quali cantandosi alla Cetera, ouer Lira, si cantauano nel Modo Dorio; che procedeua (secondo che uederemo nella Quarta parte) dal graue all'acuto, ò per il contrario, per un tal numero di chorde. Ma Virgilio suo imitatore, accordandosi con Homero, nella Bucolica espresse il numero di sette chorde solamente, dicendo:

Est mihi disparibus septem compacta cicutis
Fistula.


Et nel libro Sesto dell'Eneida toccò tal numero; quando disse,

Necnon Threicius longa cum veste sacerdos,
Obloquitur numeris septem dicrimina uocum.


Similmente Ouidio nel Secondo libro delle Trasformationi disse:

Dispar septenis fistula cannis.

Et però con giudicio (com'hò detto) esse Lettere da Guido furono replicate, & non variate; perche conobbe, che l'Ottaua chorda era simile di uoce alla prima; la Nona, alla seconda; la Decima, alla terza, & l'altre per ordine. E' vero, che non mancano quelli, che per le autorità addotte de i Poeti uogliono intendere le Sette consonanze diuerse, contenute nella Diapason; che sono l'Vnisono, il Semiditono, il Ditono, la Diapente, l'Hexachordo minore, il maggiore, & essa Diapason; & altri anco, che intendono il simigliante; lasciando fuori l'Vnisono; perche non è Consonanza propriamente detta; come vederemo al suo luogo; ponendoui la Diatessaron; le quali opinioni non sarebbono da sprezzare, quando fussero secondo la mente de tali autori, & non fussero lontane dalla verità; imperoche seguendo i Poeti indubitatamente l'opinione di Pitagora, di Platone, di Aristotele, & d'altri eccellentissimi Musici & Filosofi più antichi; non si può dire, che mai hauessero alcuna opinione, di porre il Semiditono, il Ditono, & li due Hexachordi nel numero delle Consonanze; per le ragioni dette di sopra. Ma s'alcun dicesse, che nella Diapason si ritrouano non solo Sette suoni, ò voci differenti; ma di più ancora; come si può uedere ne gli Istrumenti artificiali; il che arguisce contra quello, che di sopra hò detto; Si risponderebbe, ch'è uero, che tra la Diapason si ritrouano molti Suoni differenti, oltra i Sette nominati; ma tali Suoni non sono ordinati secondo la natura del genere Diatonico; ne meno sono acquistati per alcuna diuisione della Proportionalità harmonica.
























INTRODUTTORIO DI GVIDO Aretino ordinato secondo le diuisioni Pitagoriche nel genere Diatono Diatonico.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 30. (MDLVIII)

26 gennaio, 2010

Che gli Antichi attribuirono alcune chorde de i loro Istrumenti alle Sphere celesti.















LA opinione che gli Antichi hebbero massimamente i Pitagorici, dell'Harmonia, ò concento del Cielo; li diede cagione di contemplare intorno à questo varie cose. La onde dalla diuersità de i lor pareri nacquero diuersi principii & uarie ragioni; imperoche da una parte Alcuni hebbero opinione, che 'l Firmamento, ò uogliam dire Sphera delle stelle fisse, laquale de tutte l'altre è piu ueloce nel mouimento diurno; come afferma Platone; mandasse fuori il Suono più acuto d'ogn'altra Sphera; forse indotti da questa ragione; Che quel Corpo, il quale si muoue più uelocemente, è cagione del Suono più acuto; onde mouendosi i Corpi superiori del Cielo più uelocemente de gli inferiori; concludeuano, che tali Corpi facessero il Suono più acuto. Dall'altra parte erano Alcuni, che teneuano il contrario, che la Sphera della Luna facesse il Suono più acuto, formando tal ragione; I Corpi minori rendono minor Suono & più acuto di quello che fanno i maggiori; come sensatamente si comprende; la onde essendo che i Corpi inferiori celesti sono minori de i superiori; seguita che gli inferiori Corpi minori mandino fuori Suoni minori & piu acuti de i superiori. Quelli che fauorirono la prima opinione furono molti; tra i quali si troua Cicerone nel Lib. 6. della Repu. come si può comprendere dalle parole poste nel Cap. 4. della Prima parte; laquale opinione Ambrosio Dottore Santo recita nel suo Hexameron. Ma tra i moderni Scrittori si troua Battista Mantoano Poeta elegantissimo, che cotal cosa ci manifesta à questo modo;
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Insonuere poli, longeque auditus ab alto.<>
Concentus, mixtumque melos, pars ocyus acta
Clarius, & cantu longè resonabat acute,
Tarda ibat grauiore sone.
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E' ben uero, che quello, che dice, si può accommodare à qual si uoglia delle due narrate opinioni; percioche se noi uorremo attribuire la Tardità del mouimento annuale alla Sphera di Saturno; ueramente il suo mouimento è più tardo d'ogn'altra Sphera interiore; come mostra Platone nell'Epinomide; conciosia che fà la sua reuolutione in trenta anni; & questo sarà in fauor de quelli, che tengono, che i Corpi maggiori fanno il Suono più graue. Ma se la tardanza s'attribuirà al mouimento diurno sarà in fauor de quelli, che fauoriscono la prima opinione; & bisognerà intendere il contrario: poiche non è dubbio alcuno; come si uede col senso; che 'l mouimento della Sphera della Luna sia più tardo d'ogn'altro, quando dall'Oriente si muoue all'Occidente. Ma sia pure più tardo, ò piu veloce, quanto si uoglia; come cosa che importa poco à noi, lasciaremo della loro tardità, ò velocità la cura à gli Astronomi. Dell'altra fattione si ritrouano molti; imperoche Dione historico raccontando la cagione, perche i Giorni siano stati denominati dal nome delle Sphere celesti, & non siano numerati secondo l'ordine loro; incomincia render tal ragione, secondo l'opinione de gli Egitij, dalla Sphera di Saturno uenendo à quella del Sole; ponendo l'una & l'altra per gli estremi della consonanza Diatessaron; lasciando le due mezane; cioè, quella di Gioue & quella di Marte; dopoi da quella della Luna, & forma un'altra Diatessaron; similmente da questa à quella di Marte, & da Marte à Mercurio ne fà due altre; di modo che lasciando sempre le due mezane Sphere, rende la ragion di tal Problema; ritornando sempre circolarmente alla prima Sphera; la onde si uede, che incominciando dalla Sphera di Saturno, & uenendo à quella del Sole, & da questa, à quella della Luna; pone la prima come quella, che fà il suono graue; & venendo uerso l'altre Sphere, le pone come quelle, che fanno i suoni acuti; imperoche è costume della maggior parte di coloro, che trattano della Musica, di por prima il Graue nelle loro ragioni; come cosa piu ragioneuole; & dopoi l'Acuto. Ne debbe parer strano, se Dione ritorna dalla Sphera della Luna à quella di Marte, facendo un'ordine riuerso, procedendo dall'acuto al graue, contrario di quello che hauea mostrato prima; percioche à lui bastaua solamente con tal mezo di mostrar la ragione di cotal cosa; ancora che questa ragione non sia molto sufficiente à fauorir tale opinione. Euui etiandio l'opinione de gli Antichi, che pone Plinio nella sua Historia naturale; primieramente dell'Harmonia celeste, dopoi dell'ordine; onde dice, che la Sphera di Saturno fà il tuono Dorio, quella Gioue il Frigio, & l'altre per ordine gli altri Tuoni. Onde non è dubbio, essendo il Dorio tenuto dalla maggior parte de i Musici piu graue del Frigio, che la Sphera di Saturno sia quella, che faccia il suono graue. Oltra di questo (lasciandone molt' altri da parte) ui è Boetio; il quale, quasi recitando l'altrui opinione, attribuisce la chorda Hypate à Saturno, ch'è d'ogn'altra grauissima; dopoi piu abbasso attribuisce alla medesima sphera (secondo la prima opinione medesimamente da lui recitata) il suono acuto, & i graui per ordine; attribuendo il grauissimo al globo lunare. Da queste differenze nacque, che i Filosofi, per uoler mostrare in atto quella Harmonia, che per ragioni conosceuano esser nelle sphere celesti; attribuirono à ciascuna (come erano de diuersi pareri del Sito de i suoni graui & acuti) diuerse chorde de i loro Istrumenti variatamente ordinate; imperoche quelli che fauoriuano la prima opinione, attribuirono alla Sphera della Luna, Pianeta à noi più uicino, la chorda Proslambanomenos; perche fà il suono più graue di qualunque altra Sphera; à quella di Mercurio la Hypate hypaton; & all'altre sphere altre chorde per ordine; secondo che sono poste nella figura. Plutarcho dice, ch'alcuni attribuirno la chorda Proslambanomenos alla Terra, & a la Luna la Hypate, & al Sole (lasciando di nominar gli altri pianeti) alla Mese. Ma quelli, c'haueano contraria opinione, attribuirono la chorda Hypate meson alla sphera di Saturno; perche si pensauano, che facesse il suono più graue d'ogn'altra sphera; la Parhypate, à Gioue; Lychanos, à Marte; Mese, al Sole; & cosi all'altre attribuirono altre chorde, secondo il mostrato ordine. Et si come furono di uario parere intorno à quello, c'hò detto; cosi anco furono differenti nel porre le chorde à i loro Istrumenti; essendo che quelli, c'hebbero opinione, che Saturno facesse il suono acuto & la Luna il graue, posero le Chorde acute nel soprano luogo, ouer nella parte destra; & le graui nel luogo più basso, ouer nella parte sinistra; & quelli, ch'erano di contrario parere, faceuano al contrario; conciosiache poneuano le graui nella parte superiore, ouer nella banda destra & le acute nella inferiore, ouer nella sinistra. Ilche dimostra esso Plutarcho nella Questione 8. delle Platoniche, & in quello che fà della Procreatione dell'Anima, che alla chorda acuta attribuisce il nome di Hypate; & alla graue il nome di Nete. Ma Platone accommodò à ciascuna sphera (come nella Prima parte si è detto) una Sirena; cioè, una delle noue Muse, che manda fuori (come dice) la sua uoce, ò suono; dalquale nasce l'Harmonia del Cielo. Et benche non ponga l'ordine loro; nondimeno il dottissimo Marsilio Ficino sopra quello del Furor poetico di Platone, lo pone; & applica alla prima sphera lunare la Musa detta Thalia, Euterpe à Mercurio, Erato à Venere, al Sole Melpomene, & cosi l'altre per ordine; come nella figura si uede. E' ben uero, ch'attribuisce Calliope à ciascuna sphera; per dinotarci il concento, che nasce dalle uoci e tutte poste insieme. Ma perche (come dice Plinio) queste cose si uanno inuestigando più presto con sottil dilettatione, che necessaria; pero farò fine hauendo ragionato à bastanza di tal materia; & uerrò à mostrare, in che modo le predette Sedeci chorde siano state nominate da i Latini.























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ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 29. (MDLVIII)
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15 dicembre, 2009

In qual genere di Melodia siano stati operati i narrati effetti.















RITROVANDOSI nella Musica (come al suo luogo vederemo) tre sorti di Melodia, l'una delle quali è detta Diatonica, l'altra Chromatica, & la terza Enharmonica, sono stati alcuni, che, indotti da una lor falsa ragione, hanno hauuto parere, che gli effetti della Musica narrati di sopra, non siano, ne possino esser stati operati nel primo de i nominati Generi; ma si bene ne i due ultimi; nel Chromatico, ouer nell'Enharmonico; percioche dicono; se fussero stati operati nel Diatonico, si uederebbono tali operationi anco ne i tempi nostri, essendo solamente tal Genere, & non gli altri, essercitato da i Musici; conciosia che Ogni cagione posta in atto non manca mai del suo effetto; quando da alcuno soprauenente accidente non sia impedito. Onde non si uedendo hora tali cose, concludono, che per il passato, ne anco siano state operate nel predetto Genere. Costoro ueramente di gran lunga s'ingannano; percioche suppongono una cosa falsa per uera, & pongono due cagioni diuerse; come se fussero simili. La prima si dimostra esser falsa per questa ragione; che la Musica mai cessa in diuersi modi & tempi di operare & di produr uarii effetti, secondo la natura della cagione, & secondo la natura & dispositione del Soggetto, nel quale opera cotali effetti. Laonde uediamo etiandio à i nostri giorni, ch'ella induce in noi uarie passioni, nel modo che anticamente faceua; imperoche alle uolte si uede, che recitandosi alcun bello, dotto & elegante Poema al suono d'alcuno Istrumento, gli ascoltanti sono grandemente commossi & incitati à far diuerse cose: come ridere, piangere, ouer'altre simili; & di ciò si è ueduto l'esperienza dalle belle & leggiadri compositioni dell'Ariosto; che recitandosi (oltra l'altre cose) la pietosa morte di Zerbino; & il lagrimoso lamento della sua Isabella; non meno piangeuano gli ascoltanti mossi da compassione, di quello che faceua Vlisse udendo cantare Democodo musico & poeta eccellentissimo. Di maniera che se bene non si ode, che la Musica al di d'hoggi operi in diuersi soggetti, nel modo che già operò in Alessandro; questo può essere, perche le cagioni sono diuerse & non simili, come suppongono costoro; percioche se per la Musica anticamente erano operati tali effetti; era anco recitata nel modo, che di sopra hò mostrato; & non con una moltitudine de parti, & tanti Cantori & Istrumenti, nel modo ch'ella si usa al presente, ch'alle uolte non si ode altro che un strepito & romor de uoci mescolate con diuersi suoni, & un cantar senz'alcun giuditio & senza discretione, con un disconcio proferir de parole; che non si ode altro che confusione; onde la Musica in tal modo essercitata non può fare in noi effetto alcuno, che sia degno di memoria. Ma quando ella è recitata con giudicio, & più s' accosta all'uso de gli antichi; cioè, ad un semplice modo, cantando al suono della Lira, del Leuto, o d'altri simili Istrumenti alcune materie, che hanno del Comico, ouer del Tragico, & altre cose simili con lunghe narrationi; allora si uedono i suoi effetti; perche ueramente possono muouer poco l'animo quelle Canzoni, nelle quali si racconta con breue parole una materia breue; come si costuma hoggidi in alcune Canzonette, dette Mandriali; le quali benche molto dilettino, non hanno però la sopradetta forza. Et che sia uero che la Musica più diletti uniuersalmente quando è semplice, che quando è recitata con tanto arteficio & cantata con molte parti; si può comprender da questo; che con maggior dilettatione si ode cantare un solo al suono dell'Organo, della Lira, del Leuto, ò d'un'altro simile Istrumento, che non si ode molti. Et se pur molti cantando insieme muouono l'animo; non è dubio, che uniuersalmente con maggior piacere, s' ascoltano quelle Canzoni, le cui Parole sono da i Cantori insieme pronunciate, che le dotte compositioni, nelle quali si odono le Parole interrotte da molte parti. Per la qual cosa si uede, che le cagioni sono molto diuerse de gli effetti, & differenti l'una dall'altra, & non simili, come costoro le pongono. Onde non sarebbe marauiglia, quando bene al presente uno de i narrati effetti non si uedesse. Ma tengo & credo per certo, che quando i Musici moderni fussero tali, quali erano gli Antichi, & la Musica si essercitasse, come gia si faceua; che molto più effetti l'udirebbono à i nostri tempi, che non sono quelli, che li leggono operati per inanti; percioch'al presente è maggiore la moltitudine de i Musici, che già non era. Ma lasciamo queste cose; percioche sono manifeste ad ogn'uno, che hà giudicio; & cerchiamo di ribattere l'opinione loro con uiue & efficaci ragioni, mostrandogli il loro errore; il che facilmente ne uerrà fatto, per uno inconueniente, che ne seguirebbe; oltra gli altri, che sono molti; & è questo: Che se fusse uero quel, che dicono; ne seguirebbe, che l'Artificiale potesse più che 'l Naturale, quando fusse soprauanzato nel porre in essere tali effetti; conciosia che 'l Genere diatonico è naturale, & gli altri due sono arteficiali; come dalle parole di Vitruuio si può comprendere, le quali dicono; I Generi delle Canzoni sono tre; il primo è quello, che i Greci chiamano Harmonia, & è modulatione conceputa dall'Arte, & la sua Canzone hà molta grauità & autorità non poca; il Chroma con sottil diligenza & spessezza de modi hà dilettatione più soaue; & il Diatonico, per esser naturale, è più facile per la distanza de gli Interualli, che ei ritiene. Boetio ancora nomina il Diatonico più d'ogn'altro duro & naturale; & dice Più naturale; conciosiache ciascuno d'essi Generi dalla parte de i Suoni & delle Voci è naturale; ma non dalla parte de gli Interualli; percioche il rimettergli & lo allungargli appartengono all'Arte, & non alla Natura; come altroue uederemo. Franchino Gaffuro etiandio mosso dall'autorità de gli Antichi dice, che 'l Chromatico è arteficiosamente fatto per ornamento del Diatonico; & lo Enharmonico è detto Perfetto ornamento del naturale & artificiale Systema musico Diatonico & Chromatico; & dice anco, che 'l Tetrachordo Diatonico è naturale. Appare similmente vn'altro grande inconueniente; che sforzandosi costoro di diffender la loro opinione, pongono l'Effetto inanti la Cagione per grandissimo spacio di tempo; il che è contra ogni douere; conciosiach'ogni cagione, ouero è prima dell'effetto, ouer si pone insieme con esso lui. Ma ueramente lungo tempo dopo tali effetti successero non solamente gli Inuentori, ma l'Inuentione etiandio de tali Generi, & di questo n'è testimonio Plutarco, ilquale dice; che 'l diatonico è d'ogn'altro Genere antichissimo; percioche essendo per auanti ogni cosa Diatonica nella Musica, gran tempo dopoi (s'è vero quello che scriuono alcuni) fù ritrouato il genere Chromatico da Timotheo Milesio lirico figliuolo di Tersandro, ò di Neomiso, ouero di Filopide, come vuole Suida & Boetio. Di costui come ritrouator di cose nuoue (com'io credo) fà mentione Aristotele nella sua Metaphisica, dicendo; Se non fusse stato Timotheo non haueressimo la Melopeia varia, ò molteplice, che la uogliamo dire, ne costui haurebbe acquistato cotali cose, se Frinide non fusse stato auanti di lui. Et se costui fu quello, che operò co 'l mezo della Musica in Alessandro quel tanto marauiglioso effetto; come di sopra habbiamo detto; & visse nella Centesima & vndecima Olimpiade; intorno anni 338. auanti l'Anno di nostra Salute; percioche Alessandro regnaua in quei tempi; & pur si legge de molti altri effetti marauigliosi operati per la Musica, inanti che costui si nominasse. Dopo costui venne Olimpo; quale egli si fusse, come di parere d'Aristosseno riferisce Plutarco, primo ritrouatore del genere Enharmonico; essendo per auanti nella Musica ogni cosa Diatonica & Chromatica. Ragioneuolmente tali effetti douerebbono esser successi dopo gli Inuentori, & dopo l'Inuentione; accioche (secondo la verità) le Cagioni fussero prima de gli Effetti; ma stiamo à vedere se uogliamo scorger la pazzia di costoro. Ritrouo nelle historie, che Pitagora, per la cui accortezza la Musica operò nel giouine Taurominitano il sopranarrato effetto; fù nel tempo, che Seruio Tullio regnaua in Roma, & ne i tempi di Ciro Re di Persia, intorno l'anno 600. auantil'Auenimento del Figliuol di Dio, nel tempo di Sedechia Re de Giudei, anni intorno 260. auanti i tempi d'Alessandro. Come poteuano adunque i due sudetti generi operar cosa alcuna; se per lungo tempo dopo, da gli Inuentori furono ritrouati? Di più; Homero Poeta famosissimo scrisse in verso Heroico gli infortuni & casi diuersi d'Vlisse; & come da Demodoco fu prouocato à piangere; & disse, che per il pianto fù conosciuto da Alcinoo; nondimeno Homero fù per anni 490. poco più, o meno auanti Pitagora, & auanti che Roma fusse edificata anni 160. ne i quali tempi regnaua Iosafà nella Giudea. Più oltra: Dauid profeta, ilquale iscacciò molte uolte il maligno spirito da Saul, fù auanti Homero intorno anni 20. per quello c'hò potuto raccorre nelle Historie; & auanti esso Timotheo più de anni 700. O' gran pazzia di costoro; come può essere, che non ui essendo la cagione, che pongono; se non per tanti & tanti anni dopo; ne possa da lei uscire alcuno effetto; Veramente se hauessero posto insieme la cagione & lo effetto, cotali cose sarebbono almen dette con qualche ragione: ma perche Huomini sono, hanno (come molt'altri) potuto errare; però è dibisogno d'hauerli per iscusati. Se adunque col mezo del Chromatico, non furono operati quei effetti; i quali habbiamo raccontati di sopra; minormente furono fatti col mezo dell'Enharmonico; percioche questo fù ritrouato molto tempo dopo. Non essendosi adunque operati col mezo de questi due Generi, se guita che fussero operati col mezo del Diatonico. Ma poniamo che Timotheo inuentore del genere Chromatico non fusse stato quello, che spingesse Alessandro à pigliar l'arme; come forse alcuni potrebbono dire, seguendo l'opinione di Suida Greco dignissimo scrittore; ma si bene vn altro più antico di lui; imperoche questo (come dice Dione Chrisostomo & Suida) fù veramente sonator di Piffero, & fù chiamato al seruiggio d'Alessandro, & fù più antico di quello; che fu sonator di Lira, ò di Cetera; ciò non farà, che non si appiglino al falso; essendo che tanto l'uno quanto l'altro si trouarono al tempo di questo Re. Facciamo etiandio che le ragioni addotte di sopra da noi siano di poco ualore per questo non conseguiranno il lor uolere; percioche se lo effeminar l'animo, ò auilirlo, & il farlo diuenir molle; come è la natura del Chromatico; secondo che scriue ogni Greco & Latino scrittore; è contrario effetto à farlo diuentar virile & forte; non poteua quel Timotheo, qual'ello si fusse col mezo di questo Genere operare in Alessandro vn tale effetto, che ueramente fù da virile & da forte; ma col mezo del Diatonico, il quale è piu d'ogn'altro seuero. Tutte queste cose hò uoluto discorrere innanti ch'io incominci à trattar quelle cose, che appartengono à questa Seconda parte; per mostrar la differenza, che si ritroua tra la Musica antica & la moderna; accioche si vegga quello, ch'era la cagione principale, di fare operare quei mirabilissimi effetti, che si leggono, c'hà operato la Musica; & non si attribuisca alle Harmonie (come fanno alcuni sciocchi) se non quello, che le conuiene; & acciò non paia strano quello, ch'io ragionerò intorno i due vltimi generi Chromatico & Enharmonico. Ma in qual modo gli Antichi procedessero nelle loro Harmonie, lo vederemo altroue. Ritornando adunque al nostro principale intendimento, incomincierò à ragionar dell'Origine de i Suoni & delle Voci; conciosia che sono considerate dal Musico come primi Elementi, de i quali si fanno le cose, che ei considera nella sua Scienza.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 9. (MDLVIII)
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25 ottobre, 2009

In qual modo l'Harmonia, la Melodia & il Numero possino muouer l'animo & disporlo à varij effetti; & indur nell'Huomo variati costumi.


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NON sarebbe gran marauiglia, se ad alcun paresse strano, che l'Harmonia, la Melodia, & il Numero hauessero forza ciascuna da per se di dispor l'animo, & poste tutte insieme, indurlo in diuerse passioni: essendo senz'alcun dubio cose estrinseche, lequali nulla, ò poco fanno alla natura dell'Huomo; ma in uero è cosa pur troppo manifesta, c'hanno cotal forza: onde è da notare, ch'essendo le Passioni dell' Animo poste nell'Apetito sensitiuo corporeo & organico, come nel suo uero soggetto; ciascuna di esse consiste in una certa proportione di calido & frigido, & di humido & secco, secondo una certa dispositione materiale; quasi di numero à numero: di maniera che quando queste Passioni sono fatte, sempre soprabonda una delle nominate qualità in qualunque di esse. Onde si come nell'Ira predomina il calido humido, cagione dell'incitamento di essa; cosi predomina nel Timore il frigido secco, il quale induce il ristrengimento de i spiriti. Il simile intrauiene etiandio nell'altre passioni, che dalla soprabondanza delle nominate qualità si generano. Et queste Passioni tutte, senza dubbio, sono riputate uitiose nell'Huomo morale; ma quando tali soprabondanze si riducono ad una certa mediocrità, nasce una operation mezana, che non solo si può dire uirtuosa; ma anco lodeuole. Questa istessa natura hanno etiandio le Harmonie; onde si dice, che l' harmonia Frigia hà natura di concitar l'Ira, & hà dell'affettuoso; che la Mistalidia fa star l'Huomo più ramaricheuole & più raccolto in se stesso: & che la Doria è più stabile, & molto appropriata à i costumi de Forti & Temperati; essendoche è mezana tra le due nominate; & questo si comprende nella diuersa mutatione dell'Animo, che si fà, quando si ode coteste Hamonie. Per la qual cosa potiamo tener per certo, che quelle Proportioni istesse, che si ritrouano nelle qualità narrate, si ritrouano anco nelle Harmonie; poi che D'un solo effetto non gli è se non una propria cagione; la quale nelle Qualità già dette & nelle Harmonie, è la proportione. La onde potiamo dire, che quelle istesse Proportioni, che si ritrouano nella cagione dell'Ira, ò del Timore, ò d'altra passione nelle sopradette qualità; quell'istesse si ritrouino anco nell'Harmonie, che sono cagioni di concitare simili effetti. Queste cose adunque essendo contenute sotto simili proportioni; non è dubbio, che si come le Passoni sono uarie, che non siano anco uarie le Proportioni delle cagioni; perche pur troppo è uero, che Delle cose contrarie sono contrarii gli effetti. Essendo adunque le passioni, che predominano ne i Corpi per uirtù delle nominate qualità, simili (dirò cosi) alle Complessioni, che si ritrouano nelle Harmonie; facilmente potiamo conoscere, in qual modo l'Harmonie possino mouer l'Animo & disporlo à uarie passioni; percioche s'alcuno è sottoposto ad alcuna passione con diletto, ouer con tristezza, & ode un'Harmonia, la quale sia simile in proportione; tal passione piglia aumento; & di questo n'è cagione la Similitudine; laquale (come uuole Boetio) ad ogn' uno è amica & la Diuersità gli è contraria, & odiosa; ma se auiene, che ne oda una di proportione diuersa, tal passione diminuisce; et se ne genera una contraria; & si dice, che allora tale Harmonia purifica da tal passione colui, che la ode, per la corruttione, & per la generatione d'un'altra cosa contraria; come si uede; che s'alcuno è molestato d'alcuna passione, la qual uenga con tristezza, ò con lo accendersi il sangue; come la Ira; & oda un'Harmonia di contraria proportione, laquale contenga alcuna dilettatione; allora cessa in lui l'Ira & si corrompe; & immediatamente si genera la Mansuetudine; cosa che suole auenire anco nell'altre passioni; poiche Ogn'uno naturalmente si diletta più di quella Harmonia, laquale è più simile, conueniente & proportionata alla sua natura & complessione, & secondo che è disposto; che di quella, che gli è contraria. Nascono adunque le Dispositioni diuerse ne gli huomini, non da altro, che da i diuersi mouimenti dello Spirito, ilquale è il primo Organo si delle sensitiue, quanto delle motiue Virtù dell' anima per alteratione, ò per moto locale; da i quali mouimenti alcuna uolta intrauiene il raccoglimento, alcuna uolta il boglimento, & alle uolte la dilatatione de i Spiriti; i quali Mouimenti diuersi non solamente nascono dalla diuersità delle Harmonie musicali; ma da i Numeri soli ancora; come è manifesto; percioche mentre noi attentamente udimo leggere, ò recitar Versi; alcuni ci ritengono in una certa modestia, alcuni ci muouono à cose liberali & diietteuoli, & alcuni ci incitano à cose leggieri & uane, & altri c'inducono in un moto uiolento. Et di questo basta solamente lo essempio d'Archiloco: il quale, come dice Horatio;

Proprio rabies armauit Iambo.
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Dalle quali cose si può comprendere, in qual modo l'Harmonia & il Numero con una certa dispositione possino diuersamente mutar le passioni & costumi dell'animo. Ma perche hò detto; che Ogn'uno naturalmente più si diletta di quella Harmonia, la quale è più simile, conueniente & proportionata alla sua natura, ò complessione, & secondo ch'è disposto; però è da notare; che essendo l'Harmonia & li Numeri parti della Melodia; & hauendo l'Harmonia & li numeri facoltà di mouer l'Huomo interiormente, come si è dimostrato: non è dubio che la Melodia non habbia maggiormente forza di mutar di dentro le Passioni & i costumi dell'Animo di quello, che hà ciascuna di esse parti separatamente. Auertisca però qui ogn'uno, che (secondo la dottrina de 'l Filosofo) le Virtù morali & li Vitij non nascono con esso noi; ma si generano per molti habiti buoni, ò tristi frequentati, nel modo che uno per sonare, ò scriuere spesse fiate male, diuenta tristo Sonatore, ò Scrittore; ouer per il contrario, essercitandosi spesse uolte bene, diuenta buono & eccellente. La onde colui che spesso essercita la Iniustitia, per tal cosa diuenta Iniusto; & colui ch'essercita la Iustitia, diuenta Iusto; nel modo che colui, che si usa à temere i pericoli diuenta timido, & non li stimando diuiene audace. Di maniera che, quali sono le Operationi, tali sono gli Habiti; & dalle buone sono i buoni, & dalle triste i tristi Habiti. Essendo adunque l'Harmonie & i Numeri simili alle Passioni dell'animo; come afferma Aristotele; potiamo dire, che l'assuefarsi alle Harmonie & à i Numeri, non sia altro, che uno assuefarsi & disporsi à diuerse Passioni, & à diuersi Habiti morali & costumi dell'animo; percioche quelli, che odono le Harmonie & li Numeri, si sentono tramutare secondo la dispositione dell'animo, alcuna uolta nell' amore, alcuna uolta nell'ira, & alcuna uolta nell'audacia; il che da altro non auiene come hò detto; che dalla simiglianza, che si troua tra le sopradette Passioni con le Harmonie. Et questo si uede; conciosia che uno, il quale hauerà più uolte udito una sorte d' Harmonia, ò de Numeri, si dilettarà maggiormente, per hauersi già assuefatto in quella. Dobbiamo però sapere (per maggiore intelligenza di quello, che si è detto) che il Numero quantunque si piglia (come nella Prima parte uedemmo) per la Moltitudine. composta de più unità, & per l'Aria (dirò così) d'alcuna Canzone; come intese il Poeta, quando disse;

Numeros minimi, si uerba tenerem;
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Et in molti altri modi; nondimeno in questoluogo non è altro, che una certa misura di tempo breue, ò lungo, nel quale si scorge la proportione, ò misura di due mouimenti, ò più, insieme comparati, secondo una cambieuole ragione di tempo di essi mouimenti; il quale è detto Rhythmo; & si scorge ne i piedi del Metro & del Verso, che si compongono di piu Rhythmi ò Numeri, con un certo ordine, ò spacio determinato. Ma il Metro & il uerso è una certa Compositione & ordine de piedi, ritrouata per dilettar l'vdito; oueramente è un'Ordine & Compositione de più uoci, finita con Numero & modo. Potrei hora dire la differenza, che si ritroua tra il Metro & il Verso; ma per breuità la uoglio passare; imperoche coloro, che desiderassero di saperla, leggendo il Cap. 2. del Terzo lib. della Musica del P. S. Agostino, potranno d'ogni suo desiderio esser satisfatti. Solamente si haurà da auertire, che il Rhythmo è differente dal Metro & del Verso in questo; che il Metro & il Verso contengono in se un certo spacio determinato; & il Rhythmo è piu uniuersale, & ha i suoi spacij liberi & non determinati; onde è come il Genere; ma il Metro & il Verso sono meno uniuersali, & sono come la Specie; percioche da quello si hà la quantità, ò la materia, & da questi la qualità, ò la forma. Alcuni altri dicono, che 'l Metro & il Verso è Ragione con modulatione; & il Rhythmo modulatione senza ragione. Ma sia quello, che si uoglia, questo sia detto à bastanza intorno à cotal cosa.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 8. (MDLVIII)
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17 agosto, 2009

Che 'l Numero non è Cagione propinqua & intrinseca delle Proportioni musicali, ne meno delle Consonanze; & quali siano le quattro Cagioni...















AVEGNA ch'io habbia detto di sopra, che i Suoni siano la Materia delle Consonanze, & i Numeri & le Proportioni la loro Forma; non si dee per questo credere, che 'l Numero sia la cagione propinqua & intrinseca delle Proportioni musicali, ne meno delle Consonanze; ma si ben la remota & estrinseca; come vederemo. Onde si debbe auertire, ch'essendo il proprio fine del Musico (come uogliono i Filosofi, massimamente Eustratio) il Cantare con modulatione; oueramente il Sonare ogni Istrumento con harmonia, secondo i precetti dati nella Musica; similmente il Giouare & il Dilettare; com'è quello del Poeta; hauendo ei sopra 'l tutto riguardo à cotal cosa; piglia primieramente l'Istrumento, nel quale ritroua le Chorde, che rendono i Suoni, apparecchiate; dopoi per poter conseguire il desiderato fine, introducendo in esse la forma delle Consonanze, riducendole in una certa qualità, & in un certo temperamento, pone tra loro una distanza proportionata, & le tira di modo, che percosse da lui, rendono perfetto concento & ottima harmonia. Et quantunque in questo concorrino quattro cose, come etiandio concorrono in ciascun'altra operatione; cioè, il Fine dell'attione, al quale sempre si hà riguardo; ch'è il Sonare con harmonia; ouero il Giouare & Dilettare; che si dice Cagion finale; lo Agente; cioè, il Musico, che si nomina Cagione efficiente; la Materia, che sono i Suoni mandati fuori dalle chorde; & si chiamano Cagione materiale; & la forma, ò Proportione, che si ritroua nelle distanze da un Suono all'altro; la quale si addimanda Cagione formale; nondimeno queste due ultime sono cagioni intrinseche; & l'Agente & il Fine, estrinseche della cosa: imperoche queste non appartengono ne alla natura, ne all'esser suo; & quelle sono essentiali di essa; conciosia che ogni cosa corruttibile è composta di materia & di forma; & la Materia si dice quella, della quale si fà la cosa, & è permanente in essa; come i Suoni, de i quali si fà la Consonanza; & la Forma è quella specie, ò similitudine, ò uogliamo dire essempio, che la cosa ritiene in se; per la quale è detta tale; com'è la Proportione nella Consonanza; & questa si chiama Cagione intrinseca, à differenza della estrinseca; la quale è (per dir cosi) il Modello, ò uogliamo dire Essempio; alla cui similitudine si fà alcuna cosa; come è quella della Consonanza, ch'è la Proportione di numero à numero. Nondimeno è da auertire, che di queste cagioni, alcune sono dette Prime, & alcune Seconde; & tal ordine di primo & di secondo si può intendere in due modi; primieramente, secondo un certo ordine de numeri, nel quale una cosa è prima & remota, & l'altra seconda & propinqua; Secondariamente si può intender secondo l'ordine compreso dalla ragione in una sola cagione; il quale è posto tra l'Vniuersale & il Particolare; imperoche naturalmente l'Vniuersale è primo, & dopoi il Particolare. Nel primo modo diciamo propriamente quella cagione esser prima, la quale dà uirtù & possanza alla seconda di operare; come si dice nella cagione efficiente, che 'l Sole è prima cagione (remota però) della generatione; l'Animal poi è cagione seconda & propinqua di tal generatione; percioche egli dà all'Animale la uirtù & la possanza di generare. Ma nel secondo, il Genere è il primo, & la Specie il secondo; la onde dico, che la prima & uniuersal cagione della Sanità è l'Artefice; & la seconda & particolare è il Medico, ouer il tal medico. E' ben uero, che la prima & la seconda cagione del Primo modo sono differenti dalla prima & dalla seconda del Secondo; percioche nel secondo modo non si distinguono in effetto l'una dall'altra; ne la più uniuersale, dalla meno uniuersale; ne questa della singolare; ma sono distinte solamente nell'intelletto: Ma nel primo modo sono distinte; conciosia che l'una è contenuta dall'altra; & non per il contrario. Et questi due modi (massimamente in quanto al Secondo) si ritrouano in tutti i Generi delle cagioni; percioche nella materiale il Metallo è prima cagione del coltello, & il Ferro la seconda, come nella formale (uenendo ad uno accommodato essempio secondo 'l nostro proposito) la prima cagione della consonanza Diapason è il numero 2 & 1. & la Seconda è la proportione Dupla; & cosi dell'altre per ordine. La Proportione adunque è la cagione formale, intrinseca & propinqua delle Consonanze, & il Numero è la cagione uniuersale, estrinseca & remota; & è come il modello della Proportione, per la quale si hanno da regolare & proportionare i Corpi sonori, accioche rendino formalmente le Consonanze. Et questo accennò il Filosofo, mentre dichiarando quel che fusse la Consonanza, disse, che è Ragione de numeri nell'acuto & nel graue; intendendo della Ragione, secondo la quale si uengono à regolare i detti Corpi sonori. La onde non disse, che fusse Numero assolutamente; ma Ragion de numeri; il che si può vedere più espressamente nelle Proportioni musicali, comprese ne i nominati corpi; imperoche non si ritroua in esse alcuna specie, ò forma di numero; conciosia che se noi pigliamo i loro estremi, misurandoli per il numero dopoi ch'è fatta cotal misura, tai corpi restano nella loro prima integrità & continuati, come erano prima; ne si ritroua formalmente in essi Numero alcuno, il quale costituisca alcuna proportione, ma si ben la Ragione del Numero. Percioche se ben noi prendiamo alcuna parte d'una chorda in luogo d'Vnità, & per replicatione di quella venimo à saper la quantità di essa & la sua proportione, secondo i numeri determinati, & per conseguente la proportione de i Suoni prodotti dalle chorde; come dal Tutto & dalle Parti; non potiamo però dire, se non che tali Numeri siano quel Modello & quella Forma de i Suoni, che sono cagione essemplare & misura estrinseca di essi Corpi sonori, che contengono le Proportioni musicali; lequali senza 'l suo aiuto difficilmente si potrebbono ri trouar nelle Quantità continue. La onde il numero è sola cagione di far conoscere & ritrouare arteficiosamente le Proportioni delle consonanze & di qual si uoglia Interuallo musicale; onde è necessario molto nella Musica, in quanto che per esso più espeditamente si uà speculando le differenze de i Suoni, secondo il graue & l'acuto, & le loro passioni; & con piu certezza di quello, che si farebbe misurando co i Compassi, ouero altre misure i Corpi sonori; hauendo prima conosciuto con l'esperienza manifesta, come si misurino secondo la loro lunghezza con proportione, & percossi insieme muouino l'Vdito secondo il graue & l'acuto; ma altramente di quello, che si considerano ne i Numeri puri secondo la ragione. Il perche dirò, per concludere, che si come il Numero non può essere à modo alcuno la cagione intrinseca & propinqua de tali Proportioni; cosi non potrà esser la cagione intrinseca & propinqua delle Consonanze; come hò dichiarato.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,

Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Prima Parte. Capitolo 41. (MDLVIII)
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10 giugno, 2009

Quanto la Musica sia stata da principio semplice, roza, & pouera di Consonanze.






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POICHE nella Prima parte à sufficienza si è ragionato de i Numeri & delle Proportioni; è cosa ragioneuole, che hora si ragioni in particolare, & secondo che tornerà à proposito, di quelle cose, che la Musica considera in uniuersale; come de i Suoni & delle Voci de gl'Interualli, de i Generi, de gli Ordini de Suoni, de i Modi, delle Mutationi, & delle Modulationi; ilche si uedrà più essattamente trattate ne i nostri Sopplimenti. Ma prima che si uenga à tal ragionamento, mostrerò in qual modo la Musica sia stata da principio semplice; & come da gli Antichi era usata; dopoi, ueduto in qual modo i Suoni & le Voci naschino; & fatta la loro diuisione, uerrò à quello, ch'è la mia principale intentione. Dico adunque che se ben la Musica ne i nostri tempi è peruenuta à tal grado & perfettione d'Harmonia, in quanto all'uso de tutte quelle Consonanze, che si possono ritrouare; delle quali alcune appresso gli Antichi non erano in consideratione; & che quasi non si uegga di poterle aggiungere cosa alcuna di nuouo; tuttauia non è dubbio, che da principio (com'è auenuto anco dell'altre Scienze) ella non sia stata non solo semplice & roza; ma etiandio molto pouera di Consonanze. Ilche esser uerissimo ne dimostra quel che narra Apuleio di essa, dicendo; che Da principio si adoperaua solamente il Piffero; non con fori, come quelli, che si fanno al nostro tempo; ma senza, alla simiglianza d'una Tromba; ne si faceuano tante sorti de concenti, con uariati Istrumenti & variati Modi; ma gli Antichi ricreauano i loro spiriti, & si dauano tra loro piacere & solazzo col sopra detto Piffero solamente senza uarietà alcuna di suono. Et tal Piffero vsauano ne i loro publici spettacoli, & ne i loro Chori, quando recitauano le Tragedie, & Comedie; come manifesta Horatio, parlando in cotal modo;

Tibia, non ut nunc, oricalcho uincta, tubaeque

Aemula; sed tenuis, simplexque foramine pauco

Adspirare, & adesse choris erat utilis:

Alquale dopoi Hiagne Frigio à quei tempi dotto nella Musica, che fù padre & Maestro di Marsia, u'aggiunse i fori, & incominciò à sonar quello con uariati suoni; & fu il primo che fece sonar due Pifferi con un sol fiato; & che sonò tale Istrumento con la destra & con la sinistra mano; cioè, mescolò il suono graue con l'acuto, con destri fori & sinistri. Vsarono etiandio gli Antichi da principio la Cetera, ò la Lira con tre chorde, ouer con quattro solamente; della quale fù inuentore Mercurio; come uuol Boetio; & erano in quella ordinate di modo, che la prima con la seconda, & la terza con la quarta conteneuano la Diatessaron; la prima con la terza, & la seconda con la quarta, la Diapente; & di nuouo la seconda con la terza il Tuono; & la prima con la quarta la Diapason, & insino al tempo di Orfeo fu seruato cotale ordine; ilquale fu dopoi accresciuto in uarii Istrumenti; & prima Chorebo di Lidia u'aggiunse la Quinta chorda; dopoi dal sopranominato Hiagne ui fù aggiunta la Sesta; ma la Settima aggiunse Terpandro Lesbio. Et questo Numero de chorde (come dice Clemente Alessandrino) era prima contenuto nell'antica Lira, ò Cetera; dopoi da Licaone da Samo fù aggiunta la Ottaua; ancorache Plinio attribuisca l'Inuentione di tal chorda à Simonide, & della Nona à Timotheo; & Boetio uoglia, che questa chorda sia stata aggiunta da Profrasto Periota, la Decima da Estiacho Colofonio, & la Vndecima da esso Timotheo. Ma sia come si uoglia; Suida attribuisce l'aggiuntione della Decima & della Vndecima chorda à Timotheo Lirico. Et certo è, che da molti altri ue ne furono aggiunte tante, che crebbero al numero de Quindeci. Aggiunsero dopoi à queste la Sestadecima chorda; ne più oltra passarono & si contentarono di tal numero, & le collocarono nell'ordine, che più oltra dimostraremo; diuidendole per Tuoni & Semituoni in cinque Tetrachordi, osseruando le Ragioni delle proportioni Pitagoriche; ritrouate ne i martelli da Pitagora; nel modo che nella Prima parte hò mostrato; le quali conteneuano quelle istesse, che si ritrouauano tra le chorde della sopradetta Cetera, ò Lira ritrouata da Mercurio:













LIRA DI MERCVRIO. Diapason. Diapente. Diapente. Diatess. Tuono. Diatess. Parhypate hypaton. Prima chorda. 12 Parhypate meson. Seconda chorda. 9 Lichanos meson. Terza chorda. 8 Trite diezeugmenon. Quarta chorda. 6

& che nel sottoposto essempio si ueggono. Imperoche il maggiore (come dicono) pesaua libre dodici, l'altro noue, & libre otto il terzo; ma il quarto & minore pesaua libre sei; da i quali numeri Pitagora cauò le Ragioni delle Consonanze musicali; che furono appresso gli Antichi cinque; come narra Macrobio, & nascono da Cinque numeri; il primo de i quali chiamarono Epitrito, il secondo Hemiolio, il terzo Duplo, il quarto Triplo, & il quinto Quadruplo; con uno Interuallo dissonante, ilquale istimauano, che fusse principio d'ogni Consonanza; & lo chiamarono Epogdòo. Di modo che dall'Epitrito era contenuta la Diatessaron, dall'Hemiolio la Diapente, dal Duplo la Diapason, dal Triplo la Diapasondiapente, dal Quadruplo la Disdiapason, & dall'Epogdòo il Tuono Sesquiottauo. Alle qual Consonanze Tolomeo aggiunse la Diapason diatessaron, contenuta dalla proportione dupla superbipartienterza tra 8 & 3. laqual consonanza è posta da Vitruuio anco nel Cap 4. del Quinto libro della Architettura; & da noi nella Vndecima del Secondo delle Dimostrationi è dimostrata esser Consonanza communemente detta. Et ueramente gli Antichi non conobbero altre Consonanze, che le sopradette; le quali tutte da i Musici moderni sono chiamate Perfette; & non haueano per consonanti quelli Interualli, che i Moderni chiamano Consonanze imperfette; cioè, il Ditono, il Semiditono & li due Hexachordi, maggiore & minore; come manifestamente dimostra Vitruuio nel nominato luogo, dicendo; Che nella Terza, Sesta & Settima chorda non si possono far le Consonanze; & questo dice hauendo rispetto alla grauissima d'ogni Diapason; il che si può etiandio uedere in ciascun'altro autore, si Greco, come Latino. La onde da questo potiamo comprendere la imperfettione, che si ritrouaua nell'antiche Harmonie, & quanto gli Antichi erano poueri di Consonanze & di Concenti. Et se bene alcuno, mosso dall'autorità de gli Antichi, laquale è ueramente grande; più tosto che dalla ragione, uolesse dire, che oltra le nominate Consonanze perfette, non si possa ritrouare alcun'altra Consonanza; non dubitarei affermare simile opinione esser falsa; percioche ella contradice al Senso, dal quale hà origine ogni nostra cognitione. Conciosiache niuno di sano intelletto negherà, che oltre le sopradette Consonanze perfette, non si ritrouino ancora le Imperfette, le quali sono tanto diletteuoli, uaghe, sonore, soaui & harmoniose à quelli, che non hanno corrotto il senso dell'Vdito; quanto dir si possa; & sono talmente in uso, che non solo i periti Cantori & Sonatori di qualunque sorte si uoglia Istrumenti le usano nelle lor Harmonie; ma quelli ancora, che senz'hauere alcuna Scienza, cantano & sonano per prattica solamente.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 1. (MDLVIII)
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11 maggio, 2009

Quali cose nella Musica habbiano possanza da indur l'Huomo in diuerse passioni. (cont.)














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Ritrouo adunque che Quattro sono le cose, le quali sempre hanno concorso insieme in simili effetti; delle quali mancandone alcun, nulla, ò poco si potea uedere. Era la prima l'Harmonia, che nasceua da i suoni, ò dalle Voci; la seconda il Numero determinato contenuto nel Verso; il qual nominiamo Metro; la terza la Narratione d'alcuna cosa, la quale conteneua alcuno costume; & questa era la Oratione, ouero il Parlare; la quarta & ultima poi; senza la quale nulla, ò poco si potea uedere; era un Soggetto ben disposto, atto à riceuere alcuna passione. Et questo può esser manifesto; percioche se noi al presente poniamo in atto la semplice Harmonia, senz'aggiungerle alcuna altra cosa; ella non hauerà possanza di fare alcuno effetto estrinseco de i sopranarrati; ancora c'haurà possanza ad un certo modo, di dispor l'Animo intrinsecamente ad esprimere più facilmente alcune passioni, ouero effetti; come è ridere, ò piangere; com'è manifesto; che s'alcuno ode una cantilena, che non esprima altro che l'Harmonia; piglia solamente piacere di essa, per la proportione, che si ritroua nelle distanze de i suoni, ò uoci, & si prepara & dispone ad un certo modo intrinsecamente alla allegrezza, ouero alla tristezza; ma non è però indotto da lei ad esprimere alcuno effetto estrinseco de i sudetti, ouer fare alcuna altra cosa manifesta. Ma se à tale Harmonia si aggiunge il Numero determinato & proportionato; subito ella piglia gran forza, & muoue l'Animo; come si scorge nell'Harmonia, che si ode ne i Balli, la quale spesso ne inuita ad accompagnar seco alcuni mouimenti estrinsechi col corpo, & à mostrare il piacere, che pigliamo di tale aggiunto proportionato. Aggiungendo poi à queste due cose la Oratione; ò il Parlare, il quale esprima Costumi col mezo della narratione d'alcuna Historia, ò Fauola; è impossibile di poter dire quanta sia la forza di queste tre cose aggiunte insieme. E' ben uero, che se non ui si trouasse il Soggetto disposto; cioè, l'Vditore, ilquale udissi uolentieri queste cose, & in esse si dilettasse; non si potrebbe uedere alcun'effetto; & nulla, ò poco farebbe il Musico. Percioche si come auiene al soldato, che per esser naturalmente inchinato alle cose della guerra è poco mosso da quelle, che trattano la pace & la quiete; & alcune uolte è alterato da i ragionamenti d'Arme & de cose campestri, che molto li dilettano; cosi il ragionar dell'Arme nulla, ò poco diletto porge all'Huomo, che sia per natura pacifico, quieto & religioso; Ma si bene il ragionar delle cose di pace & della gloria celeste molte uolte li muouono l'animo & lo costringono per dolcezza à piangere. Et si come poco possono mouer i casti ragionamenti il Lussurioso; cosi gli altri, che sono lasciui & sporchi annogliano il Temperato & casto; imperoche ogn'uno uolontieri ode ragionare di quella cosa, della quale maggiormente si diletta; & da simili ragionamenti è sommamente mosso; & per il contrario, hà in odio quelli, che non sono conformi alla sua natura; onde da simili ragionamenti non può esser commosso. Per la qual cosa, se Alessandro figliuolo di Filippo Re di Macedonia fu indotto da Timotheo musico, ò da Senofanto (com'alcuni uogliono) à prender l'arme con gran furore; non dobbiamo marauigliarsi; percioche era in tal maniera disposto, che uolontieri, & con sommo piacere vdiua ragionamenti, che trattauano delle cose della guerra; & da tali ragionamenti era indotto à far cose marauigliose. Onde ben lo dimostrò un certo huomo ad alcuni, che si marauigliauano, che la Musica hauesse in lui tanta forza, dicendo; Se questo Senofante è huomo tanto ualoroso, come di lui si dice; perche non ritroua egli alcuni modi, i quali lo riuochino dalla battaglia? Volendo inferire, che non è gran cosa & di molta arte, spinger l'Huomo da quella parte, nella quale per sua natura è inchinato; ma si bene è cosa marauigliosa à ritirarlo da quella; & è cosi in uero. Però se Alessandro ad altro non attendeua, che à quelle cose, le quali poteuano condurlo ad una gloria immortale, che erano l'Arme; non era cosa difficile di poterlo indurre à far li narrati effetti; della qual gloria quanto fusse ambitioso & sitibondo, da questo si può comprendere; che cercò d'auanzare ogn'altro; ne hebbe inuidia à chiunque si fusse nelle arme; percioche ad alcuno mai non si riputò in cotal cosa inferiore; se non ad Achille, per hauere hauuto Homero, che con si sublime stile cantò di lui; onde lo dimostrò; percioche si legge, che

Giunto Alessandro alla famosa tomba
Del fero Achile, sospirando disse:
O fortunato, che si chiara tromba
Hauesti, che di te si alto scrisse.

Si ricerca adunque un Soggetto tale, che sia ben disposto; conciosia che senza esso (come ancora hò detto) nulla ò poco si uederebbe. Et benche in simili mouimenti fatti per la Musica, ui concorrino le nominate cose; nondimeno il preggio & l'honore si dà al Composto delle tre prime, che si chiama Melodia; percioche se ben l'Harmonia sola hà una certa possanza di dispor l'animo & di farlo allegro, ò mesto; & che dal Numero posto in atto le siano raddoppiate le forze; non sono però potenti queste due cose poste insieme di generare alcuna passione estrinseca in alcun soggetto, al modo detto; essendoche tal possanza acquistano dalla Oratione, che esprime alcun costume. Et che questo sia uero, lo potiamo uedere; percioche Alessandro non fù mosso dall'Harmonia solamente; ne meno dall'Harmonia accompagnata col Numero; ma si bene (come uuole Suida, Euthimio & altri ancora) dalla legge Orthia, di sopra commemorata, & dal Modo Frigio; dal qual, & forse anco da tal Legge, il sudetto giouane Taurominitano ebbrio (come narra Boetio) fù sospinto, quando uolse abbrusciar la casa d'un suo riuale, nella quale era nascosta una meretrice; la onde Pitagora ò Damone Musico, che ei fusse; come scriue Galeno; conoscendo tal cosa, commandò al Musico, che mutasse il Modo & cantasse lo Spondeo, col quale placò l'ira del Giouane & lo ridusse al primo stato. Arione etiandio Musico & inuentore del Dityrambo (secondo l'opinione di Herodoto, & di Dion Chrisostomo ) prese ardire di precipitarsi nel mare, hauendo (per mio parere) cercato di comporsi prima col mezo di cotal Legge (come recita Gellio) un'animo intrepido & uirile; per poter fare cotal cosa senz'alcun timore. Hora potiamo uedere, che tali & cosi fatti mouimenti sono stati fatti, non per uirtù delle prime parti della Melodia; ma si bene dal tutto; cioè, dalla Melodia istessa, la quale ha gran forza in noi, per uirtù della terza parte; cioè, delle Parole, che concorrono alla sua compositione, senza le quali sempre si haurebbe fatto, ò farà nulla ò poco; percioche il Parlare da sè senza l'Harmonia & senza il Numero hà gran forza di commouer l'Animo; conciosia che se noi haueremo riguardo à cotal cosa, uederemo ch'alcune fiate, quando udimo leggere, ò raccontare alcuna Fauola, ouero Historia, siamo costretti ridere, ò piangere; & alcune uolte c'induce all'ira & alla colera; & alle fiate di mesti ne fà diuentare allegri; & cosi per il contrario; secondo il soggetto che in essa si contiene. Ne dobbiamo di ciò marauigliarsi: percioche il Parlare ne induce alla furia & ne placa; ne fà esser crudeli & anco ne addolcisce. Quante uolte è accaduto, che leggendosi semplicemente una pietosa Historia, ò Nouella, gli ascoltanti non siano stati presi da compassione in tal modo, che al loro dispetto dopo alcuni sospiri, li sia stato dibisogno accompagnarli le lagrime? Dall'altra parte, quante fiate è auenuto, che leggendosi, ò narrandosi alcuna Facetia, ò Burla, alcuni non siano quasi scoppiati dalle risa? Et non è marauiglia; percioche il più delle uolte se 'l si rappresenta à noi alcuna cosa degna di commiseratione, l'animo è commosso da lei & è indutto à piangere; & se udimo cosa, la quale habbia del feroce & del crudele, l'animo declina & si piega in quella parte. Et di ciò (oltra ch'è manifesto) n'è testimonio Platone, quando dice; che Qualunque uolta udimo Homero, ouer alcun altro Poeta tragico, che imiti alcuno de gli Heroi afflitto per il dolore gridar fortemente & pianger la sua fortuna con modi flebili, percuotendosi il petto con pugni; ad un certo modo si dilettiamo; & hauendo una certa inclinatione à coteste cose, seguitiamo quelle & insieme siamo presi da tal passioni, & lodiamo quello, come buon Poeta, il qual grandemente commuoua l'animo nostro. Questo ancora più espressamente conferma Aristotile, dicendo; Ancora si uede, che gli Huomini udendo l'Imitationi, hanno compassione à quei casi, quantunque siano senza Numero & senz'Harmonia. Ma se 'l Parlare hà possanza di muouer gli animi & di piegargli in diuerse parti, & ciò senza l'Harmonia, & senza il Numero; maggiorimente haurà forza quando sarà congiunto co i Numeri, & co i Suoni musicali, & con le Voci. Et tal possanza si fà chiaramente manifesta per il suo contrario; percioche si uede, che quelle Parole muouono men l'animo, le quali sono proferite senza Melodia & senza Proportione, che quelle, che sono proferite con i debiti modi. Però gran forza hà da se stesso il Parlare; ma molto più hà forza quando è congiunto all'Harmonia; per la simiglianza che hà questa con noi & alla potenza dell'Vdito; conciosiache niuna cosa è tanto congiunta con le nostre menti; come dice Tullio; che i Numeri & le Voci, per le quali si commouiamo, infiammiamo, plachiamo & rendiamo languidi. Non è questo gran marauiglia; dice egli ancora; che i sassi, le solitudini, le spelunche, & gli antri rispondono alle uoci? & le bestie crudeli & feroci spesse uolte sono dal canto fatte mansuete, & da esse sono fermate? Nè ci dobbiamo di ciò marauigliare; conciosia che se 'l uedere una Historia, ò Fauola dipinta solamente, ne muoue à compassione tallora, tallora ne induce à ridere; & tallora ne sospinge alla colera; maggiormente questo può fare il Parlare, il qual meglio esprime le cose, che non fà alcun Pittore, quantunque eccellente sia, col suo pennello. Onde si legge di uno, ilquale riguardò una imagine dipinta, & fù sospinto à piangere; & di Enea, che entrato nel tempio fabricato da Didone nella nuoua Carthagine;

Videt Iliacas ex ordine pugnas,
Bellaque iam fama totum vulgata per orbem,
Atridas, Priamumque & saeuum ambobus Achillem.
Constitit; & lachrymans: Quis iam locus (inquit) Achate,
Quae regio in terris nostri non plena laboris?
En Priamus: sunt hîc etiam sua premia laudi:
Sunt lachrymae rerum, & mentem mortalia tangunt.
Solue metus; feret haec aliquam tibi fama salutem.
Sic ait: atque animum pictura pascit inani.
Multa gemens, largoque humectat flumine uultum.

Et di Porcia figliuola di Catone Vticense si legge ancora, che hauendo ueduto una certa Tauola di pittura, pianse amaramente. Et benche la Pittura habbia forza di commouer l'animo; nondimeno maggior forza hebbe la uiua uoce di Demodoco Musico & sonatore di Cetera, il quale riducendo in memoria Vlisse, dipingendoli le cose passate, come se li fussero state presenti, lo costrinse à piangere; dal qual effetto; come dice Homero & Aristotele; fu subito conosciuto dal Re Alcinoo. Ma non pure allora accascarono coteste cose; ma etiandio à i nostri tempi si uede accascare il medesimo tra molte genti Barbare; imperoche raccontandosi da i lor Musici con certi uersi al suono d'uno Istrumento i fatti di alcuno loro capitano; secondo le materie, che recitano, quelli ch'ascoltano cambiano il uolto, facendolo per il riso sereno, & tallora per le lagrime oscuro; & per tal modo sono presi da diuerse passioni. Si può adunque concludere, che dalla Melodia; & principalmente dalla Oratione, nella quale si contenga alcuna Historia, ò Fauola, ouero altra cosa simile, che esprima imitationi & costumi, siano stati & ancora si possino porre in atto cotali effetti; & l'Harmonia & il Numero esser cose, le quali dispongono l'animo; purche 'l Soggetto sia sempre preparato & disposto; senza il quale in uano ogni Musico sempre si affaticarebbe.
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ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 7. (MDLVIII)
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17 aprile, 2009

Quali cose nella Musica habbiano possanza da indur l'Huomo in diuerse passioni.















S'IO non dubitassi d'esser tenuto mordace & maldicente, uorrei hora mostrare in parte l'ignoranza & temerità d'alcuni sciocchi Compositori, non dirò Musici, moderni; i quali, perche sanno porre insieme quattro, ouer sei Cifere musicali, predicano di loro stessi le maggiori cose del mondo; riputando nulla gli Antichi & poco istimando alcun'altro de i Moderni; di modo che chi loro udisse, senza dubbio direbbe, che ualessero più costoro nell'arte della Musica, che non ualsero Platone & Aristotele nella Filosofia. Questi alle uolte, dopo l'hauersi lambicato il ceruello per molti giorni, pongono fuori alcune loro assai bene inordinate & goffe compositioni con tal riputatione & superbia, che li pare hauer composto un'altra Iliade, ouero un'altra Odissea assai più dotta di quella di Homero. Meschini che sono, si douerebbono pur'accorgere del loro errore; percioche mai si udirà, che col mezo delle lor compositioni, habbiano conseruato la pudicitia & l'honestà d'alcuna femina; come già fece uno de gli Antichi la pudicitia di Clitennestra moglie di Agamennone; come lasciarono scritto Homero & Strabone; ne meno si udirà, che la Musica loro à i nostri tempi habbia costretto alcuno à pigliar l'arme; come si legge appresso de molti, & spetialmente appresso di Basilio Magno, del grande Alessandro; ilquale da Timotheo musico qual si fusse, fù col mezo della Musica sospinto ad operare un tale effetto. Non si udirà ancora, che col canto loro habbiano fatto diuentare alcuno furioso mansueto; come mostra Ammonio d'un giouane Taurominitano; che dall'accorgimento di Pitagora, & dalla virtù del Musico, di furioso ch'era, diuentò humano & piaceuole: ma ben si ode al presente il contrario; che le uituperose & sporche parole contenute nelle lor cantilene, corrompono spesse uolte gli animi casti de gli vditori. Et se ben costoro sono degni d'ogni biasimo & d'ogni castigo; sono nondimeno più da riprendere & castigare coloro, che in luogo di ammonirli della lor pecoraggine, pigliano gran piacere & molto si rallegrano, & lodano grandemente simili cantilene; mostrando di fuori quanto bene siano composti nell'habito interiore; & di ciò non ci dobbiamo marauigliare; poi che l'Animo lasciuo (come dice Boetio) ouer si diletta e gode de i Modi lasciui; ouer che udendoli spesse uolte diuiene molle & effeminato; percioche Ogni simile appetisce il suo simile. Ma lasciamo hormai costoro; poi che questi & simili altri errori lungamente si potrebbono piangere, ma non già emendare; & ritorniamo al nostro proposito, & diciamo, che grandemente dobbiamo lodare & riuerire i Musici antichi; conciosia che per la loro virtù, col mezo della Musica, essercitata nel mostrato modo, succedeuano tali & tanti effetti marauigliosi, che 'l uoler raccontarli, sarebbe quasi impossibile; & l'affermare che ciò fusse uero incredibile. Ma à fine che queste cose non parino fauolose & strane da udire, uederemo quello, che poteua esser la cagione de tali mouimenti.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 7 (incipit). (MDLVIII)

28 marzo, 2009

Per qual cagione la Musica sia detta subalternata all'Arithmetica, & mezana tra la Mathematica & la Naturale.



MA perche la Scienza della Musica piglia in prestanza dall'Arithmetica i Numeri & dalla Geometria le Quantità misurabili; cioè, i Corpi sonori; però si fà alle due nominate Scienze soggetta; & si chiama Scienza subalternata. Onde è da sapere, che di due sorti sono le Scienze; percioche sono alcune dette Principali, ò Subalternanti; & alcune Nonprincipali, o Subalternate. Le prime sono quelle, lequali dependono da i Principii conosciuti per lume naturale & cognitione sensitiua; come l'Arithmetica & la Geometria; le quali hanno alcuni Principij conosciuti per la cognitione d'alcuni termini acquistati per uia de i Sensi; come dire, che La Linea sia lunghezza senza larghezza; ch'è un principio proprio della Geometria; & che 'l Numero sia moltitudine composta de più vnità; che è proprio principio dell'Arithmetica; oltra i Principii communi, che sono quelli, che dicono; Il tutto esser maggior della sua Parte; La Parte esser minore del suo Tutto; & molti altri, de i quali l'Arithmetico & il Geometra cauano le loro conclusioni. Ma le seconde sono quelle, che oltra i proprij Principii, acquistati per il mezo de i Sensi, ne hanno alcuni altri, che procedono da i principii conosciuti nell'una delle Scienze superiori & principali; & sono dette Subalternate alle prime; come la Prospettiua alla Geometria: conciosiache, oltra i Proprii principii, ne hà alcuni altri, che sono noti & approuati nella Scienza à lei superiore, ch'è la Geometria. Et è di tal natura la Nonprincipale & subalternata, che piglia della principale l'istesso Soggetto; ma per sua differenza ui aggiunge l'Accidente; percioche se fusse altramente, non ui sarebbe tra l'una & l'altra alcuna differenza di Soggetto; come si uede della Prospettiua, che piglia per soggetto la Linea per sè; della quale si serue anche la Geometria; & ui aggiunge per l'accidente la Visualità; & cosi la Linea visuale uiene ad esser il suo soggetto. Il medesimo intrauiene ancora nella Musica, c'hauendo ella con l'Arithmetica per commune soggetto il Numero, aggiunge à questo per sua differenza la Sonorità, & si fà ad essa Arithmetica subalternata; tenendo il Numero sonoro per soggetto. Ne solamente hà la Musica i Proprij principii; ma ne piglia anco de gli altri dall'Arithmetica, per i mezi delle sue Demostrationi; accioche per essi habbiamo la vera cognitione della Scienza, E' ben vero, che tali Principii & mezi non sono tutte le conclusioni, che nell'Arithmetica si ritrouano; ma solamente una parte, della quale il Musico ne hà dibisogno; & sono di Relatione; cioè, delle Proportioni; & questo per mostrar le Passioni de i numeri sonori, secondo il proposito. Onde ancora noi pigliaremo quelle Conclusioni solamente, che ci faranno dibisogno; & le applicaremo al Suono, ouero alla Voce, che dal Naturale (come dimostra Aristotele) sono considerate; Il perche diremo, che la Musica secondo la dottrina di questo Filosofo: non solo alla Mathematica; ma etiandio alla Naturale è subalternata; non in quanto alla Parte de i Numeri; ma si bene in quanto alla parte del Suono, ch'è naturale; dalquale nasce ogni Modulatione, ogni Consonanza, ogni Harmonia, & ogni Melodia: la qual cosa è confermata anche da Auicenna, il qual dice; che La Musica hà i suoi Principij dalla Scienza naturale, & da quella de i Numeri. Et si come nelle cose naturali, niuna cosa è perfetta mentre ch'è in potenza; ma solamente quando è ridutta in atto; cosi la Musica non può esser perfetta, se non quando co 'l mezo de i naturali, ò arteficiali Istrumenti si fà udire; la qual cosa non si potrà fare co 'l Numero solo, ne con le Voci sole; ma accompagnando queste & quello insieme; massimamente essendo il Numero inseparabile dalla Consonanza. Per questo adunque sarà manifesto, che la Musica non si potrà dire ne semplicemente Mathematica, ne semplicemente Naturale; ma si bene parte Naturale & parte Mathematica; & conseguentemente mezana tra l'una & l'altra. Et perche dalla Scienza naturale il Musico hà la ragione della materia della Consonanza, che sono i Suoni & le Voci; & dalla Mathematica hà la ragione della sua forma; cioè, della sua Proportione; però douendosi denominar tutte le cose dalla cosa più nobile; piu ragioneuolmente diciamo la Musica esser Scienza mathematica, che naturale; conciosia che la Forma sia più nobile della Materia.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,

Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Prima Parte. Capitolo 20. (MDLVIII)