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10 giugno, 2009

Quanto la Musica sia stata da principio semplice, roza, & pouera di Consonanze.






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POICHE nella Prima parte à sufficienza si è ragionato de i Numeri & delle Proportioni; è cosa ragioneuole, che hora si ragioni in particolare, & secondo che tornerà à proposito, di quelle cose, che la Musica considera in uniuersale; come de i Suoni & delle Voci de gl'Interualli, de i Generi, de gli Ordini de Suoni, de i Modi, delle Mutationi, & delle Modulationi; ilche si uedrà più essattamente trattate ne i nostri Sopplimenti. Ma prima che si uenga à tal ragionamento, mostrerò in qual modo la Musica sia stata da principio semplice; & come da gli Antichi era usata; dopoi, ueduto in qual modo i Suoni & le Voci naschino; & fatta la loro diuisione, uerrò à quello, ch'è la mia principale intentione. Dico adunque che se ben la Musica ne i nostri tempi è peruenuta à tal grado & perfettione d'Harmonia, in quanto all'uso de tutte quelle Consonanze, che si possono ritrouare; delle quali alcune appresso gli Antichi non erano in consideratione; & che quasi non si uegga di poterle aggiungere cosa alcuna di nuouo; tuttauia non è dubbio, che da principio (com'è auenuto anco dell'altre Scienze) ella non sia stata non solo semplice & roza; ma etiandio molto pouera di Consonanze. Ilche esser uerissimo ne dimostra quel che narra Apuleio di essa, dicendo; che Da principio si adoperaua solamente il Piffero; non con fori, come quelli, che si fanno al nostro tempo; ma senza, alla simiglianza d'una Tromba; ne si faceuano tante sorti de concenti, con uariati Istrumenti & variati Modi; ma gli Antichi ricreauano i loro spiriti, & si dauano tra loro piacere & solazzo col sopra detto Piffero solamente senza uarietà alcuna di suono. Et tal Piffero vsauano ne i loro publici spettacoli, & ne i loro Chori, quando recitauano le Tragedie, & Comedie; come manifesta Horatio, parlando in cotal modo;

Tibia, non ut nunc, oricalcho uincta, tubaeque

Aemula; sed tenuis, simplexque foramine pauco

Adspirare, & adesse choris erat utilis:

Alquale dopoi Hiagne Frigio à quei tempi dotto nella Musica, che fù padre & Maestro di Marsia, u'aggiunse i fori, & incominciò à sonar quello con uariati suoni; & fu il primo che fece sonar due Pifferi con un sol fiato; & che sonò tale Istrumento con la destra & con la sinistra mano; cioè, mescolò il suono graue con l'acuto, con destri fori & sinistri. Vsarono etiandio gli Antichi da principio la Cetera, ò la Lira con tre chorde, ouer con quattro solamente; della quale fù inuentore Mercurio; come uuol Boetio; & erano in quella ordinate di modo, che la prima con la seconda, & la terza con la quarta conteneuano la Diatessaron; la prima con la terza, & la seconda con la quarta, la Diapente; & di nuouo la seconda con la terza il Tuono; & la prima con la quarta la Diapason, & insino al tempo di Orfeo fu seruato cotale ordine; ilquale fu dopoi accresciuto in uarii Istrumenti; & prima Chorebo di Lidia u'aggiunse la Quinta chorda; dopoi dal sopranominato Hiagne ui fù aggiunta la Sesta; ma la Settima aggiunse Terpandro Lesbio. Et questo Numero de chorde (come dice Clemente Alessandrino) era prima contenuto nell'antica Lira, ò Cetera; dopoi da Licaone da Samo fù aggiunta la Ottaua; ancorache Plinio attribuisca l'Inuentione di tal chorda à Simonide, & della Nona à Timotheo; & Boetio uoglia, che questa chorda sia stata aggiunta da Profrasto Periota, la Decima da Estiacho Colofonio, & la Vndecima da esso Timotheo. Ma sia come si uoglia; Suida attribuisce l'aggiuntione della Decima & della Vndecima chorda à Timotheo Lirico. Et certo è, che da molti altri ue ne furono aggiunte tante, che crebbero al numero de Quindeci. Aggiunsero dopoi à queste la Sestadecima chorda; ne più oltra passarono & si contentarono di tal numero, & le collocarono nell'ordine, che più oltra dimostraremo; diuidendole per Tuoni & Semituoni in cinque Tetrachordi, osseruando le Ragioni delle proportioni Pitagoriche; ritrouate ne i martelli da Pitagora; nel modo che nella Prima parte hò mostrato; le quali conteneuano quelle istesse, che si ritrouauano tra le chorde della sopradetta Cetera, ò Lira ritrouata da Mercurio:













LIRA DI MERCVRIO. Diapason. Diapente. Diapente. Diatess. Tuono. Diatess. Parhypate hypaton. Prima chorda. 12 Parhypate meson. Seconda chorda. 9 Lichanos meson. Terza chorda. 8 Trite diezeugmenon. Quarta chorda. 6

& che nel sottoposto essempio si ueggono. Imperoche il maggiore (come dicono) pesaua libre dodici, l'altro noue, & libre otto il terzo; ma il quarto & minore pesaua libre sei; da i quali numeri Pitagora cauò le Ragioni delle Consonanze musicali; che furono appresso gli Antichi cinque; come narra Macrobio, & nascono da Cinque numeri; il primo de i quali chiamarono Epitrito, il secondo Hemiolio, il terzo Duplo, il quarto Triplo, & il quinto Quadruplo; con uno Interuallo dissonante, ilquale istimauano, che fusse principio d'ogni Consonanza; & lo chiamarono Epogdòo. Di modo che dall'Epitrito era contenuta la Diatessaron, dall'Hemiolio la Diapente, dal Duplo la Diapason, dal Triplo la Diapasondiapente, dal Quadruplo la Disdiapason, & dall'Epogdòo il Tuono Sesquiottauo. Alle qual Consonanze Tolomeo aggiunse la Diapason diatessaron, contenuta dalla proportione dupla superbipartienterza tra 8 & 3. laqual consonanza è posta da Vitruuio anco nel Cap 4. del Quinto libro della Architettura; & da noi nella Vndecima del Secondo delle Dimostrationi è dimostrata esser Consonanza communemente detta. Et ueramente gli Antichi non conobbero altre Consonanze, che le sopradette; le quali tutte da i Musici moderni sono chiamate Perfette; & non haueano per consonanti quelli Interualli, che i Moderni chiamano Consonanze imperfette; cioè, il Ditono, il Semiditono & li due Hexachordi, maggiore & minore; come manifestamente dimostra Vitruuio nel nominato luogo, dicendo; Che nella Terza, Sesta & Settima chorda non si possono far le Consonanze; & questo dice hauendo rispetto alla grauissima d'ogni Diapason; il che si può etiandio uedere in ciascun'altro autore, si Greco, come Latino. La onde da questo potiamo comprendere la imperfettione, che si ritrouaua nell'antiche Harmonie, & quanto gli Antichi erano poueri di Consonanze & di Concenti. Et se bene alcuno, mosso dall'autorità de gli Antichi, laquale è ueramente grande; più tosto che dalla ragione, uolesse dire, che oltra le nominate Consonanze perfette, non si possa ritrouare alcun'altra Consonanza; non dubitarei affermare simile opinione esser falsa; percioche ella contradice al Senso, dal quale hà origine ogni nostra cognitione. Conciosiache niuno di sano intelletto negherà, che oltre le sopradette Consonanze perfette, non si ritrouino ancora le Imperfette, le quali sono tanto diletteuoli, uaghe, sonore, soaui & harmoniose à quelli, che non hanno corrotto il senso dell'Vdito; quanto dir si possa; & sono talmente in uso, che non solo i periti Cantori & Sonatori di qualunque sorte si uoglia Istrumenti le usano nelle lor Harmonie; ma quelli ancora, che senz'hauere alcuna Scienza, cantano & sonano per prattica solamente.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 1. (MDLVIII)
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