XIV

da prevosto a leone
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24 marzo, 2018

laVerdi 17-18 – Concerto n°19

                                           
Giuseppe Grazioli è il protagonista dal podio del concerto di questa settimana. O anche no... nel senso che il mattatore della serata è stato Stefan Milenkovich, che non credo di sbagliare affermando essere lui il responsabile della presa d’assalto dell’Auditorium da parte di un pubblico entusiasta. Lui è già stato due volte ospite qui negli ultimi anni: dopo i lavori di Mendelssohn e Brahms, ora  ci propone quello di Ciajkovski.

Esecuzione - manco a dirlo - superlativa (qualche libertà che mi è parso abbia preso sulla partitura nulla toglie alla sua prestazione). E così ci regala un tris-di-bis, con due capolavori del suo adorato Bach ad incastonare una trascendentale interpretazione dell’ultimo dei 24 capricci paganiniani. Un fenomeno: così adesso lo aspettiamo come minimo in Mozart, Beethoven, Paganini, Schumann, Bruch, Spohr, Lalo, Dvorak, Wieniawski, Sibelius, Prokofiev, Berg, Shostakovich...
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Si resta in Russia con la Prima (delle due) Sinfonia di Vasily Kalinnikov, composta sul finire dell’800 da questo musicista poco più che 30enne, destinato ahilui a scomparire 4 anni dopo. laVerdi ce la ripropone dopo averla eseguita per la prima volta più di 8 anni fa sotto la guida di Vedernikov.

Opera interessante anche se ancora assai acerba: ci lascia solo intravedere cosa avrebbe potuto produrre Kalinnikov se la tubercolosi non lo avesse stroncato a soli 35 anni. La sinfonia si muove chiaramente nel solco di Ciajkovski (da qui l’appropriatezza di proporla accanto al ben più famoso compositore) del quale affiorano qua e là memorie più o meno vaghe. La forma è quanto di più classico si possa immaginare, con qualche spunto velleitario  (ma nulla al confronto con ciò che si affacciava all’orizzonte con un tale Mahler...) Strano che un tipo come Toscanini, che sempre rifiutò di dirigere il rivale boemo, abbia invece inciso questo lavoro nel 1943 con la sua NBC.

Seguiamo i quattro movimenti della Sinfonia in questa (ormai storica, 1960) interpretazione del venerabile Kirill Kondrashin.

Allegro Moderato: tempo 4/4 alla breve, la tonalità (SOL minore) rievoca vagamente i sogni invernali della prima di Ciajkovski. L’impianto è strettamente in forma-sonata, con alcune libertà. Dopo che il tema principale - assai marcato e maschile, con struttura ritmica irregolare - è stato esposto dalla dominante RE, esso passa (12”) alla tonica SOL, per poi divagare (24”) a FA maggiore, quindi (28”) a SIb maggiore (relativa della tonalità d’impianto) e ancora (34”) a MI maggiore e infine (39”, poi 54”) a FA# minore, nella cui relativa LA maggiore attacca (1’07”) il secondo tema. Insomma, esercizi di... insubordinazione, tipici di un giovane di belle speranze! Questo secondo tema è, canonicamente, di natura più elegiaca, femminile, e sfocia in una transizione che introduce (2’13”) un temino secondario, derivato dal primo, in SIb Maggiore (qui si rispettano le regole!) che poi, tornando a SOL minore (2’29”) chiude l'esposizione. Esposizione da ripetersi: non tutti lo fanno, ovviamente, ma Kondrashin obbedisce (2’48”). Lo sviluppo (5’23”) è aperto dal secondo tema (LA maggiore) poi (6’02”) dal primo, in MIb minore e ancora (6’11”) in MIb maggiore. È una sezione di dimensioni considerevoli e mostra un lodevole tentativo di far confrontare e scontrare i due temi, come nella miglior tradizione beethoveniana, anche se il risultato non è proprio dei più edificanti. A 9’59” arriva la ricapitolazione, assai rispettosa delle regole; infatti al primo tema in SOL minore segue (10’57”) il secondo nella relativa SIb maggiore; esso viene più volte reiterato, finchè (11’44”) il terzo temino dell’esposizione introduce una coda assai corposa (quasi una specie di sviluppo aggiuntivo) che porta (13’05”) alla ricomparsa del primo tema, che si incarica di guidare il movimento alla severa conclusione.

Andante commodamente: in tempo 3/4, principia (13’40”) con arpa e violini che, in MIb maggiore, preparano l'entrata (14’10”) del corno inglese, una triste melopea doppiata dalle viole, poi ripresa (14’29”) da clarinetto e violoncelli. Si passa ora (15’04”) alla sezione centrale e più movimentata, inizialmente in SOL# minore, poi (15’23”) nella relativa SI maggiore, dove l’atmosfera si ravviva parecchio, per poi tornare a calmarsi (16’17”) con l’intervento del corno e (16’32”) del clarinetto che insieme ripropongono il tema principale, qui in LA maggiore, seguiti (16’54”) dai violini, con i flauti a contrappuntare con veloci figurazioni. Si torna (17’31”) a SOL# minore, l’atmosfera diviene più rarefatta, si ode il corno in lontananza, e poi  (18’18”) ecco la calma del MIb e (18’51”) il corno inglese che espone la sua triste melopea, portando quindi alla chiusa in ppp. È probabilmente questo il momento migliore della sinfonia, una specie di notturno con qualche lontano lampo boreale.

Scherzo, Allegro non troppo: melodie e armonie di stampo ciajkovskiano, con qualche spruzzata di Borodin, impiantate su un canovaccio bruckneriano. In DO maggiore ecco (20’09”) un primo tema (3/4) poi uno secondario (20’52”) più enfatico, che vengono ripetuti divagando (21’53”, tema secondario) a SOL maggiore, per tornare subito alla tonalità principale. Il corno solo (22’23”) introduce il trio (2/4) nella relativa LA minore, anch'esso in due sezioni, la seconda (in DO maggiore) a 23’07”, cui segue ancora la prima in LA minore. Una nuova melodia,sempre in LA minore (24’19”) chiude il trio e porta (25’12”) al ritorno dello scherzo, con i due temi che sconfinano in tonalità diverse, prima di tornare al DO maggiore che chiude il movimento. 

Allegro moderato – risoluto: in 4/4, inizia (27’34”) con il riciclo del tema iniziale del primo movimento (SOL minore) poi passa subito ad introdurre (27’52”) in SOL maggiore il tema principale di questa specie di rondò, cui segue (28’10”) nel clarinetto un nuovo motivo, più riflessivo, in RE maggiore, reiterato (28’23”) da flauto e violini. Ritorna dopo una transizione veloce (28’42”) il tema principale, poi il secondo (29’02”) dapprima in MI minore, che modula subito a SOL maggiore, quindi (29’16”) a RE maggiore, a SOL minore, per due volte. Ecco poi una rievocazione (29’48”) in clarinetto e corni del secondo tema del movimento iniziale, anche qui in SIb maggiore. Essa porta rapidamente (30’07”) ad una nuova esplosione del tema principale, in SOL maggiore. Dopo una rarefazione del suono, riecco in violini e legni (30’31”) il secondo tema, questa volta in MI maggiore. A 30’51” prende piede un gran crescendo, basato sul primo tema, che porta (31’15”) ad un clossale tutti orchestrale, che sfuma però all’improvviso. Il secondo tema, in SIb maggiore (31’36”) ritorna, dapprima magniloquente, poi quasi scherzando, quindi sfumando nel nulla... A 32’24” l’oboe introduce i violini ad una ripresa variata del primo tema, in SOL maggiore, che sfocia (32’52”) in una nuova enfatica perorazione dello stesso tema finchè (33’21”, 3/2) ecco tornare - dilatato enormemente - il tema dell’Andante, in MIb maggiore. Altra presa di respiro, e poi arriva (34’16”) la retorica coda, in SOL maggiore, che è un'autentica apoteosi del fracasso, dove l'orchestra deve sputare persino l’anima.
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Posto che non è un capolavoro (nè si potrebbe pretenderlo, francamente) se suonata come si deve anche questa Sinfonia qualcosa di positivo ti lascia (replico il concetto applicato al Respighi della Drammatica). Grazioli l’ha interpretata con assoluta rigorosità (incluso il da-capo dell’esposizione dell’iniziale Allegro moderato) e l’Orchestra ha risposto in modo strepitoso, a dimostrazione di aver raggiunto livelli di eccellenza nel panorama non solo nostrano, ma internazionale (come dimostra il recente successo a Lucerna). A lei e al Direttore il pubblico non ha mancato di manifestare tutto il suo apprezzamento.

17 febbraio, 2017

2017 con laVerdi – 8


Prima apparizione stagionale (delle due) in Auditorium di Gaetano D’Espinosa, per un programma tutto-Brahms, che ripropone due opere risuonate qui (con diversi interpreti) anche nel corso della stagione 2016.

Il 40enne belgradese (ma ormai cittadino del... mondo) Stefan Milenkovich, già visto, udito ed apprezzato qui la scorsa estate nell’etereo MI minore di Mendelssohn, affronta da par suo il seriosissimo RE maggiore del grande amburghese, un altro dei caposaldi della letteratura violinistica di tutti i tempi.

A differenza del teutonico Kolja Blacher (che ce lo aveva proposto 4 mesi fa con un rigore quasi astratto) il simpatico Stefan ci mette tutto il suo spirito un po’ zigano e un po’ latino e ne dà così una lettura, per così dire, mediterranea, con impiego di rubato, espressività e calore. Il tutto ovviamente sostenuto da una tecnica straordinaria, un dono di natura che lo rivelò al mondo (e all’Italia) quando ancora portava i calzoncini corti.

Gran successo e questa volta i bis sono limitati a due (!) del suo amatissimo Bach: questa Allemanda e la Giga dalla terza Partita.    
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Si retrocede di appena un paio d’anni (nella carriera di Brahms) per ascoltare la... decima-di-Beethoven, come iperbolicamente Hans von Bülow definì l’opera del tardivo esordio sinfonico che Clara Schumann aveva praticamente estorto al recalcitrante amico, con infinite insistenze.  

D’Espinosa ce la restituisce più o meno come l’aveva proposta un anno fa la bacchetta di Jader Bignamini. Come Milenkovich, anche il non ancora 40enne Direttore palermitano aggiunge una verve tutta solare alle atmosfere nordiche e alpine (che lui del resto ha respirato a lungo in quel di Dresda) che caratterizzzano questo monumento sinfonico. E come Bignamini, anche lui (meritoriamente) non ci risparmia nemmeno il da-capo dell’Allegro di apertura.

Pubblico entusiasta e, come già per il precedente concerto, applausi ritmati e grida di bravi! Insomma, ancora una gran serata di musica.

25 giugno, 2016

laVERDI 2016 – Concerto n°23


Tocca ad uno dei tre Direttori Principali Ospiti, l'orsacchiotto uzbeko Aziz Shokhakimov, condurre i ragazzi de laVERDI nel concerto di questa settimana, interamente dedicato a Mendelssohn.

Del quale ascoltiamo subito il celeberrimo Concerto per violino, interpretato dal non ancora 40enne serbo Stefan Milenkovich, ex-bambino-prodigio cresciuto anche in Italia e ora americanizzato.

Non si scopre di certo qui la sua straordinaria tecnica, come la sua grande amabilità, dimostrata al termine di un’esecuzione strepitosa, con simpatiche battute ad intercalare non un bis ma addirittura un tris! Tre tappe perfettamente consequenziali: da Mendelssohn non si può che andare a Bach (Allemanda dalla Partita 2); poi ancora Bach (Preludio dalla Partita 1); e da qui, per simpatia, alla Ossessione di Ysaÿe!
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Seconda parte occupata dall’intero (ehm... quasi) corpo delle musiche di scena composte nel 1842 da Mendelssohn per la versione tedesca dello shakespeare-iano Sogno di una notte d’estate (titolo assai appropriato all'attualità... brexit, dico!) Alla famosa Ouverture, che il 17enne di Lipsia aveva composto 16 anni prima, furono aggiunti 13 numeri, che accompagnano alcune delle scene principali del dramma. Di questi, 8 hanno caratteri di numero chiuso (strumentale e con eventuali voci, n° 1-3-5-7-9-11-12-13) mentre gli altri 5 sono costituiti da successioni di brani, spesso brevi o brevissimi, e servono da riempitivo musicale per alcune scene del dramma. Qui vengono eseguiti, dopo l’Ouverture, i numeri 1-3-5-7-9-10(solo la marcia funebre)-11-13.

Se interessa un’esecuzione integrale, la si può seguire con André Previn alla guida della London Symphony.

Mendelssohn, dopo l’Ouverture (in MI maggiore) che è abbastanza lunga (11-13 minuti) non compose alcunchè per l’intero primo atto, che introduce i personaggi umani della vicenda: Teseo e Ippolita, futuri sposi; Egeo, che ha un diavolo per capello (sua figlia Ermia vuol sposare Lisandro invece di Demetrio); Elena, innamorata respinta da Demetrio; una compagnia di artigiani ateniesi che intende allestire uno spettacolo teatrale in onore di Teseo-Ippolita.

A chiusura dell’Atto I ecco invece lo Scherzo (N°1, SOL minore, 12’30”) al termine del quale compare il folletto Puck, che subito all’inizio dell’Atto II incontra una fatina. I due si scambiano notizie sui rispettivi sovrani (Oberon e Titania) che sono però in lite, contendendosi il possesso di un fanciullo indiano. Il N°2 (inizialmente in SOL minore, 17’23”) fa da sfondo al loro incontro. Poi ecco arrivare (17’57”) i cortei di Oberon e Titania, accompagnati da una marcetta in MI minore. Qui abbiamo il battibecco Titania-Oberon a proposito del piccolo indiano e Titania se ne va. In SI minore (19’22”) la musica accompagna ora Oberon che si fa aiutare da Puck a mettere in atto la sua magìa per sottomettere Titania.

Il N°3 (Atto II, Scena II) è un Canto con coro (19’38”): le fatine di Titania (due soprani e il coro femminile) espongono due strofe (in LA minore) e due ritornelli (in LA maggiore). Il N°4 consiste di due coppie di sequenze (MI minore, SI minore) che accompagnano (24’03”) Oberon che opera la magìa su Titania, poi l’arrivo di Ermia e Lisandro, quindi Puck (24’30”) che opera la magìa su Lisandro (invece che su Demetrio) e infine (24’48”) l’arrivo di Elena e Demetrio, cui segue il risveglio di Lisandro che si innamora di Elena.

Il N°5 (LA minore e DO maggiore, 24’55”) è un brano agitato che si suona in chiusura dell’Atto II, quando Ermia si perde nel bosco. Si chiude (27’24”) con un passaggio in LA maggiore che accompagna l’allegro ingresso in scena (Atto III) degli artigiani che discutono dello spettacolo da allestire. Il N°6 (28’26”) è un lungo susseguirsi di spezzoni musicali che devono sottolineare le complicate vicende dell’intero terzo atto: Puck che si prende gioco di Bottom (facendogli una testa d’asino) e Titania che si sveglia (29’34”, i quattro accordi dell’Ouverture distortamente armonizzati) innamorandosi dell’asino, con i folletti che esultano (29’58”). Poi Puck (31’00”) che torna da Oberon, e i due che vedono arrivare Ermia e Demetrio, al che Puck confessa di aver fatto la magìa all’uomo sbagliato. Quindi i battibecchi di Elena con Ermia, Demetrio e Lisandro, il mancato duello fra i due ateniesi, e infine Puck che fa la magìa su Lisandro, per farlo tornare innamorato di Ermia. E qui abbiamo, in chiusura di Atto III (33’38”) il famoso Notturno (N°7, MI maggiore) che accompagna i due amanti addormentati, ma prelude anche al sonno di Titania e Bottom-asino all’inizio dell’Atto IV.

Il N°8 (MI maggiore e minore) fa da sfondo (40’54”) all’inizio dell’Atto IV: Oberon ha ottenuto il fanciullo indiano ed ora sveglia Titania dall’incantesimo, riappacificandosi con lei. Da qui niente musica fino a fine atto (arrivo di Teseo e riconciliazione generale di Egeo con Ermia-Lisandro ed Elena-Demetrio) e i preparativi dello spettacolo degli artigiani.

La celeberrima Marcia nuziale (N°9, DO maggiore) viene suonata alla fine dell’Atto IV (43’08”) così introducendo l’atto conclusivo in Atene. Il N°10 (DO maggiore, minore e MIb maggiore, 48’17”) contiene poche battute per sottolineare l’inizio della rappresentazione e successivamente (48’51”) la marcia funebre per Piramo e Tisbe, amanti suicidi.

Il N°11 (SI maggiore) è la Danza dei clown (Bergomask) che chiude (49’50”) lo spettacolo degli artigiani. Il N°12 (DO maggiore, coda della marcia nuziale) accompagna Teseo e Ippolita in corteo (51’31”); poi (MI minore, i folletti) ecco Puck che anticipa l’arrivo dei cortei di Oberon e Titania. Sono le fate (N°13, finale, SOL minore e MI maggiore) a chiudere lo spettacolo (52’33”) prima del ritorno dei quattro accordi del motto che aveva aperto l’Ouverture.
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L’esuberante (e pure esilarante) Shokhakimov, che nell’intervallo ha smesso il frac per vestire un blusone leggero, ha diretto con molta gigionaggine e pochissima leggerezza, il che non è l’ideale per ricreare l’atmosfera romantica ed eterea di questa partitura. Eccellente la prestazione del coro rosa (10 soprano e 10 mezzo) di Erina Gambarini, che ha ben supportato le due fatine Nina Almark e Mariachiara Cavinato.

Alla fine un successone per tutti, in un Auditorium piacevolmente affollato.