Giuseppe
Grazioli
è il protagonista dal podio del concerto
di questa settimana. O anche no... nel senso che il mattatore della serata è
stato Stefan
Milenkovich, che non credo di sbagliare affermando essere
lui il responsabile della presa d’assalto dell’Auditorium da parte di un
pubblico entusiasta. Lui è già stato due volte ospite qui negli ultimi anni: dopo i lavori di Mendelssohn e Brahms, ora
ci propone quello di Ciajkovski.
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Si resta in Russia con la Prima (delle due) Sinfonia
di Vasily Kalinnikov, composta sul finire dell’800
da questo musicista poco più che 30enne, destinato ahilui a scomparire 4 anni
dopo. laVerdi ce la ripropone dopo
averla eseguita per la prima volta più di 8 anni fa sotto la guida di Vedernikov.
Opera
interessante anche se ancora assai acerba: ci lascia solo intravedere cosa
avrebbe potuto produrre Kalinnikov se la tubercolosi non lo avesse stroncato a
soli 35 anni. La sinfonia si muove chiaramente nel
solco di Ciajkovski (da qui l’appropriatezza di proporla accanto al ben più
famoso compositore) del quale affiorano qua e là memorie più o meno vaghe. La
forma è quanto di più classico si possa immaginare, con qualche spunto velleitario
(ma nulla al confronto con ciò che si
affacciava all’orizzonte con un tale Mahler...) Strano che un tipo come Toscanini,
che sempre rifiutò di dirigere il rivale boemo, abbia invece inciso questo
lavoro nel
1943 con la sua NBC.
Seguiamo
i quattro movimenti della Sinfonia in questa (ormai storica, 1960)
interpretazione del venerabile Kirill Kondrashin.
Allegro
Moderato: tempo 4/4 alla breve, la tonalità (SOL
minore) rievoca vagamente i sogni invernali della prima di Ciajkovski. L’impianto è
strettamente in forma-sonata, con alcune libertà.
Dopo che il tema principale - assai marcato e maschile, con struttura ritmica irregolare - è stato esposto dalla
dominante RE, esso passa (12”) alla tonica SOL, per poi
divagare (24”) a FA maggiore, quindi (28”) a SIb maggiore
(relativa della tonalità d’impianto) e ancora (34”) a MI maggiore e infine
(39”,
poi 54”)
a FA# minore, nella cui relativa LA maggiore attacca (1’07”) il secondo tema. Insomma,
esercizi di... insubordinazione, tipici di un giovane di belle speranze! Questo
secondo tema è, canonicamente, di natura più elegiaca, femminile, e sfocia in una transizione che introduce (2’13”)
un temino secondario, derivato dal primo, in SIb Maggiore (qui
si rispettano le regole!) che poi, tornando a SOL minore (2’29”) chiude l'esposizione. Esposizione da ripetersi: non
tutti lo fanno, ovviamente, ma Kondrashin obbedisce (2’48”). Lo sviluppo (5’23”) è aperto dal
secondo tema (LA maggiore) poi (6’02”) dal primo, in MIb minore e
ancora (6’11”) in MIb maggiore. È una sezione di dimensioni
considerevoli e mostra un lodevole tentativo di far confrontare e scontrare i
due temi, come nella miglior tradizione beethoveniana, anche se il risultato
non è proprio dei più edificanti. A 9’59” arriva la ricapitolazione, assai rispettosa delle regole; infatti al primo
tema in SOL minore segue (10’57”) il secondo nella relativa
SIb maggiore; esso viene più volte reiterato, finchè (11’44”) il terzo temino
dell’esposizione introduce una coda
assai corposa (quasi una specie di sviluppo
aggiuntivo) che porta (13’05”) alla ricomparsa del primo
tema, che si incarica di guidare il movimento alla severa conclusione.
Andante
commodamente: in tempo 3/4, principia (13’40”)
con arpa e violini che, in MIb maggiore, preparano l'entrata (14’10”)
del corno inglese, una triste melopea doppiata dalle viole, poi ripresa (14’29”)
da clarinetto e violoncelli. Si passa ora (15’04”) alla sezione centrale e più
movimentata, inizialmente in SOL# minore, poi (15’23”) nella relativa SI
maggiore, dove l’atmosfera si ravviva parecchio, per poi tornare a calmarsi (16’17”)
con l’intervento del corno e (16’32”) del clarinetto che insieme
ripropongono il tema principale, qui in LA maggiore, seguiti (16’54”)
dai violini, con i flauti a contrappuntare con veloci figurazioni. Si torna (17’31”)
a SOL# minore, l’atmosfera diviene più rarefatta, si ode il corno in
lontananza, e poi (18’18”) ecco la calma del
MIb e (18’51”) il corno inglese che espone la sua triste melopea,
portando quindi alla chiusa in ppp. È probabilmente questo il
momento migliore della sinfonia, una specie di notturno con qualche lontano
lampo boreale.
Scherzo,
Allegro non troppo: melodie e
armonie di stampo ciajkovskiano, con qualche spruzzata di Borodin, impiantate
su un canovaccio bruckneriano. In DO maggiore ecco (20’09”) un primo tema
(3/4) poi uno secondario (20’52”) più enfatico, che vengono
ripetuti divagando (21’53”, tema secondario) a SOL maggiore, per tornare subito
alla tonalità principale. Il corno solo (22’23”) introduce il trio (2/4) nella relativa LA minore,
anch'esso in due sezioni, la seconda (in DO maggiore) a 23’07”, cui segue ancora
la prima in LA minore. Una nuova melodia,sempre in LA minore (24’19”)
chiude il trio e porta (25’12”)
al ritorno dello scherzo, con i due
temi che sconfinano in tonalità diverse, prima di tornare al DO maggiore che
chiude il movimento.
Allegro moderato – risoluto: in 4/4, inizia (27’34”) con il riciclo del tema iniziale del primo movimento (SOL minore) poi passa subito ad introdurre (27’52”) in SOL maggiore il tema principale di questa specie di rondò, cui segue (28’10”) nel clarinetto un nuovo motivo, più riflessivo, in RE maggiore, reiterato (28’23”) da flauto e violini. Ritorna dopo una transizione veloce (28’42”) il tema principale, poi il secondo (29’02”) dapprima in MI minore, che modula subito a SOL maggiore, quindi (29’16”) a RE maggiore, a SOL minore, per due volte. Ecco poi una rievocazione (29’48”) in clarinetto e corni del secondo tema del movimento iniziale, anche qui in SIb maggiore. Essa porta rapidamente (30’07”) ad una nuova esplosione del tema principale, in SOL maggiore. Dopo una rarefazione del suono, riecco in violini e legni (30’31”) il secondo tema, questa volta in MI maggiore. A 30’51” prende piede un gran crescendo, basato sul primo tema, che porta (31’15”) ad un clossale tutti orchestrale, che sfuma però all’improvviso. Il secondo tema, in SIb maggiore (31’36”) ritorna, dapprima magniloquente, poi quasi scherzando, quindi sfumando nel nulla... A 32’24” l’oboe introduce i violini ad una ripresa variata del primo tema, in SOL maggiore, che sfocia (32’52”) in una nuova enfatica perorazione dello stesso tema finchè (33’21”, 3/2) ecco tornare - dilatato enormemente - il tema dell’Andante, in MIb maggiore. Altra presa di respiro, e poi arriva (34’16”) la retorica coda, in SOL maggiore, che è un'autentica apoteosi del fracasso, dove l'orchestra deve sputare persino l’anima.
Allegro moderato – risoluto: in 4/4, inizia (27’34”) con il riciclo del tema iniziale del primo movimento (SOL minore) poi passa subito ad introdurre (27’52”) in SOL maggiore il tema principale di questa specie di rondò, cui segue (28’10”) nel clarinetto un nuovo motivo, più riflessivo, in RE maggiore, reiterato (28’23”) da flauto e violini. Ritorna dopo una transizione veloce (28’42”) il tema principale, poi il secondo (29’02”) dapprima in MI minore, che modula subito a SOL maggiore, quindi (29’16”) a RE maggiore, a SOL minore, per due volte. Ecco poi una rievocazione (29’48”) in clarinetto e corni del secondo tema del movimento iniziale, anche qui in SIb maggiore. Essa porta rapidamente (30’07”) ad una nuova esplosione del tema principale, in SOL maggiore. Dopo una rarefazione del suono, riecco in violini e legni (30’31”) il secondo tema, questa volta in MI maggiore. A 30’51” prende piede un gran crescendo, basato sul primo tema, che porta (31’15”) ad un clossale tutti orchestrale, che sfuma però all’improvviso. Il secondo tema, in SIb maggiore (31’36”) ritorna, dapprima magniloquente, poi quasi scherzando, quindi sfumando nel nulla... A 32’24” l’oboe introduce i violini ad una ripresa variata del primo tema, in SOL maggiore, che sfocia (32’52”) in una nuova enfatica perorazione dello stesso tema finchè (33’21”, 3/2) ecco tornare - dilatato enormemente - il tema dell’Andante, in MIb maggiore. Altra presa di respiro, e poi arriva (34’16”) la retorica coda, in SOL maggiore, che è un'autentica apoteosi del fracasso, dove l'orchestra deve sputare persino l’anima.
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Posto
che non è un capolavoro (nè si potrebbe pretenderlo, francamente) se suonata
come si deve anche questa Sinfonia qualcosa di positivo ti lascia (replico il
concetto applicato al Respighi della Drammatica).
Grazioli l’ha interpretata con assoluta rigorosità (incluso il da-capo dell’esposizione dell’iniziale Allegro moderato) e l’Orchestra ha
risposto in modo strepitoso, a dimostrazione di aver raggiunto livelli di eccellenza
nel panorama non solo nostrano, ma internazionale (come dimostra il recente
successo a Lucerna). A lei e al Direttore il pubblico non ha mancato di
manifestare tutto il suo apprezzamento.
2 commenti:
Non ricordavo l'esecuzione di Vedernikov. Grazioli ci ha proposto questo lavoro sinfonico facendocelo molto apprezzare, ha perseguito una concertazione molto efficace cercando di lavorare bene sui passi (molto difficili) e sulle dinamiche. Kalinnikov merita di essere riproposto.
@Marco
Io della precedente esecuzione con Vedernikov avevo un ricordo non proprio entusiastico, ma quella era la prima volta che ascoltavo la sinfonia dal vivo, oltre ad essere la prima volta per l'orchestra.
E' un brano comunque interessante e - come tanti altri poco eseguiti - è quindi giusto proporlo.
Grazie! a presto.
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