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12 settembre, 2019

MITO-2019 - Chung-Romanovsky agli Arcimboldi


Ieri sera il vasto anfiteatro degli Arcimboldi - riempito più di un uovo! - ha ospitato la Filarmonica scaligera per un concerto tutto russo. Sul podio il redivivo orientale-estremo Myung-Whun Chung e alla tastiera l’orientale-semplice (ma svezzato qui da noi, nel bolognese) Alexander Romanovsky.

É curioso ricordare il diverso atteggiamento tenuto (ai suoi tempi) verso i due brani in programma da tale Gustav Mahler. Il quale, nel 1911 a New York, si adoperò allo spasimo per ribadire il successo al nuovissimo Terzo concerto di Rachmaninov con la NY Philharmonic, un paio di mesi dopo la prima eseguita dalla NY Symphony con Damrosch sul podio. Lo stesso Autore (e interprete) rimase stupefatto dal rigore e dal perfezionismo di Mahler, che non esitò a strapazzare gli orchestrali, costringendoli ad un super-lavoro nelle prove per raggiungere l’eccellenza nell’esecuzione.

Ecco invece come lo stesso Mahler, nell’estate di 10 anni avanti, a Vienna, aveva descritto a Guido Adler la Patetica ciajkovskiana:

Si tratta di un lavoro superficiale e senza profondità. Anche il colore dovrebbe darci qualcosa di più di se stesso, altrimenti rimane un mero ornamento e polvere negli occhi! Osservandolo da vicino, non ne resta poi gran cosa. Questi arpeggi, che vanno dal grave all’acuto, queste concatenazioni armoniche insignificanti non possono dissimulare il vuoto e l’assenza di invenzione.

Apperò!
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Dopo il consueto pistolotto (in senso non salviniano!) della maestrina Gaia Varon, che è incorsa in un tipico lapsus da lateral-thinking (attribuendo l’idea di appiccicare alla Sesta il titolo di Patetica a Modest... ehm, Musorgski) il 35enne ukraino si è quindi cimentato con il famigerato Rach3, da lui caricato di tutto il possibile tardo-decadente-romanticismo, che da sempre suscita nel pubblico e nei critici ampie divisioni, fra ammiratori estasiati e detrattori nauseati. Ma il ragazzo (non sembra cambiato molto dal lontano 2001 quando si impose al Premio Busoni) ha una tal carica espressiva, coniugata con una innata modestia (temprata dagli anni duri che lui e famiglia passarono dopo l’emigrazione) da garantirsi un successo clamoroso e ripetute chiamate, alle quali risponde dapprima con un altro Rachmaninov e poi con un Bach... adulterato!      
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Chiusura quindi in grande con la Patetica, dove Chung ha avuto modo di smentire ampiamente il velenoso giudizio di Mahler, mettendo in risalto di questa ormai inflazionata partitura il carattere di sguardo-all’indietro (come sarà, ma guarda un po’ la nemesi, la Nona mahleriana) a ripercorrere una vita artistica accidentata e costellata di grandezze - lo spontaneo applauso arrivato alla fine dell’Allegro molto vivace ne è stato testimone - e di miserie, destinata inesorabilmente a chiudersi nel silenzio, dopo le ultime battute della triade di SI minore esalate dagli archi bassi, sull’indicazione Molto ritenuto (e non... Morendo, come la simpatica Gaia ha inventato, anche qui parlando di Mahler!)   

Pubblico entusiasta e prodigo di battimani e ovazioni per Direttore e Professori.

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