Ieri
sera il vasto anfiteatro degli Arcimboldi - riempito più di un uovo! - ha
ospitato la Filarmonica scaligera per
un concerto
tutto russo. Sul podio il redivivo orientale-estremo Myung-Whun Chung e alla tastiera l’orientale-semplice
(ma svezzato qui da noi, nel bolognese) Alexander Romanovsky.
É
curioso ricordare il diverso atteggiamento tenuto (ai suoi tempi) verso i due
brani in programma da tale Gustav Mahler.
Il quale, nel 1911 a New York, si adoperò allo spasimo per ribadire il successo
al nuovissimo Terzo concerto di
Rachmaninov con la NY Philharmonic, un paio di mesi dopo la prima eseguita dalla NY Symphony con
Damrosch sul podio. Lo stesso Autore (e interprete) rimase stupefatto dal
rigore e dal perfezionismo di Mahler, che non esitò a strapazzare gli
orchestrali, costringendoli ad un super-lavoro nelle
prove per
raggiungere l’eccellenza nell’esecuzione.
Ecco invece come lo stesso Mahler,
nell’estate di 10 anni avanti, a Vienna, aveva descritto a Guido Adler la Patetica ciajkovskiana:
Apperò!
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Dopo
il consueto pistolotto (in senso non salviniano!) della maestrina Gaia Varon, che è incorsa in un tipico
lapsus da lateral-thinking
(attribuendo l’idea di appiccicare alla Sesta il titolo di Patetica
a Modest... ehm, Musorgski) il 35enne ukraino si è quindi cimentato
con il famigerato Rach3, da
lui caricato di tutto il possibile tardo-decadente-romanticismo, che da sempre suscita
nel pubblico e nei critici ampie divisioni, fra ammiratori estasiati e detrattori
nauseati. Ma il ragazzo (non sembra cambiato molto dal lontano 2001 quando si
impose al Premio Busoni) ha una tal carica espressiva, coniugata con una innata
modestia (temprata dagli anni duri che lui e famiglia passarono dopo l’emigrazione)
da garantirsi un successo clamoroso e ripetute chiamate, alle quali risponde dapprima
con un altro Rachmaninov e poi con un Bach... adulterato!
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Chiusura quindi in
grande con la Patetica, dove Chung ha avuto modo di smentire ampiamente il velenoso giudizio di Mahler,
mettendo in risalto di questa ormai inflazionata partitura il carattere di sguardo-all’indietro (come sarà, ma guarda
un po’ la nemesi, la Nona mahleriana)
a ripercorrere una vita artistica accidentata e costellata di grandezze - lo
spontaneo applauso arrivato alla fine dell’Allegro
molto vivace ne è stato testimone - e di miserie, destinata inesorabilmente
a chiudersi nel silenzio, dopo le ultime battute della triade di SI minore
esalate dagli archi bassi, sull’indicazione Molto
ritenuto (e non... Morendo, come
la simpatica Gaia ha inventato, anche qui parlando di Mahler!)
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