Sarà forse perchè i contestatori seriali
delle prime hanno prolungato le
vacanze, fatto sta che L’elisir
d’amore andato in scena ier sera al Piermarini (peraltro con
diverse poltrone vuote in platea...) è stato accolto con pieno consenso di
pubblico, senza se e senza ma. Intendiamoci, nulla di storico o di strabiliante, ma uno spettacolo che nel complesso si è
rivelato di buon livello, in tutte le sue componenti: voci, orchestra e
allestimento.
Allestimento di Grischa
Asagaroff
già ampiamente e positivamente collaudato alla sua comparsa nel 2015, con le
poetiche e favolistiche scene e gli sgargianti quanto esilaranti costumi di Tullio Pericoli, il tutto sapientemente
illuminato da Hans-Rudolf Kunz.
Alla
grande come sempre il Coro di Mario Casoni, che Donizetti qui impegna
corposamente ad interloquire con i protagonisti, o a creare le tipiche atmosfere
contadine in cui prende piede la patetica vicenda di Nemorino e Adina.
E
i protagonisti di questo lieto fine hanno riscosso un caloroso consenso di
pubblico: lo yankee René Barbera per la sua voce squillante
che ha messo al servizio del rustico
e ingenuo personaggio, prestazione culminata con un trionfo dopo la Lagrima; la casertana Rosa Feola (non proprio impeccabile
soprattutto nelle note gravi) per la civetteria e la verve di cui ha ricoperto la sua parte di ragazza un po’ viziatella
ma alla fine... innamorata.
Ambrogio Maestri sembra nato per parti come questa di Dulcamara (o di
Schicchi o Falstaff): le fa con tanta efficacia che poi rischia di...
compromettere personaggi seri o truci come Amonasro, per dire. Per lui, ormai
beniamino della Scala e deus-ex-machina
della vicenda, accoglienza poco meno che trionfale.
Discreto
anche Massimo Cavalletti, efficace
nell’impersonare il tronfio Belcore: qualche forzatura di tono magari poteva
essere evitata.
L’accademica Francesca Pia Vitale ha
dignitosamente interpretato Giannetta,
un ruolo tutt’altro che di contorno.
Per
tutti, incluso il mimo Stefano Guizzi
(tirapiedi di Dulcamara) applausi e bravo!
si sono sprecati.
Positivo
anche il ritorno sul podio del 35enne Michele
Gamba, che ha guidato un’orchestra in gran spolvero (qualche eccesso di decibel si può perdonare, e comunque non
è mai andato troppo a discapito delle voci) e concertato con cura e precisione
singoli e masse sul palco (lavorare con gente come Pappano e Barenboim
evidentemente fa bene alla salute!) Lo si rivedrà nel sinfonico, il 3 ottobre in Auditorium quando inaugurerà Milano
Musica con laVerdi in
Francesconi e Mahler.
Come
ripeto: tutto sommato una serata più che positiva.
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