Torna dopo un paio di turni
l‘italiana di adozione Angela Hewitt
per proporci un monumento del pianismo ottocentesco, il Primo Concerto di Brahms. Sul podio un Direttore – il
nordico Hannu Lintu - che fa spesso
coppia con lei (e domani tutti, Orchestra compresa, si trasferiranno in Umbria
dove saranno protagonisti del Festival
del Trasimeno, presentando questo
stesso programma).
Programma che presenta due opere
di altrettanti (c’è mancato poco!) mariti di tale Clara
Wieck. Entrambe in RE minore ed entrambe caratterizzate da una gestazione assai
più laboriosa di quella dell’elefante, che ha il record (con quasi 2 anni) fra
i mammiferi.
Brahms cominciò la sua nel 1852 con un una Sonata per due (!) pianoforti,
che poi si accorse essere troppo poco... rumorosa, così pensò di trasformarla
in Sinfonia, che però gli parve ancor
più velleitaria, e così più di 7 anni dopo potè a fatica presentare il suo
Concerto ad Hannover, poi a Lipsia dove ricevette una sonora disapprovazione. Erano
tempi in cui spopolava un tale Liszt, il cui primo concerto, del 1855, sta
proprio agli antipodi di quello di Brahms. A cominciare dalla concisione, 25
minuti al massimo, mentre Brahms supera abbondantemente il doppio, neanche fosse una sinfonia
di Mahler (e infatti il concerto doveva essere appunto una sinfonia...) Poi l’ungherese
dà spazio al virtuosismo più strepitoso
(sic) laddove il burbero amburghese ci rifila una mappazza tutta cerebrale,
ecco.
Non so se sia un fatto di bioritmi
(che salgono e scendono) ma la prestazione della Hewitt non mi ha per nulla entusiasmato: per lei i mostruosi
passaggi in doppia ottava del primo movimento devono essere stati un calvario,
tanto che il miglior solista lì è risultato essere... il corno di Ceccarelli! Appena meglio l’Adagio, ma poi anche il Rondo non mi è parso proprio impeccabile.
Alla fine lei si è pure
presa parecchi brava! e non sarò
certo io a toglierglieli. Domanda: come mai non ha concessso un bis?
___
Accanto a Brahms nessuno
poteva star meglio di... Schumann,
del quale si è eseguita la Quarta Sinfonia. L'allampanato Lintu – gesto ampio e sobrio - ci dà
dentro con le dinamiche (decibel a volontà) e non ci risparmia nemmeno un da-capo, così ottenendo dai ragazzi
un’esecuzione di quelle che impediscono agli spettatori di appisolarsi, ed è
già un bel merito. Alla fine tutti si godono ovazioni e applausi ritmati, da
parte di una sala per la verità piuttosto spopolata.
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