intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

25 novembre, 2022

laVerdi 22-23. 7

Un ardito accostamento viene proposto dal 7°concerto dell’Orchestra Sinfonica di Milano: Shostakovich e Beethoven!

Ne è protagonista Luigi Piovano, da una vita primo violoncello a SantaCecilia, che affianca esibizioni solistiche alla direzione d’orchestra. E in questo doppio ruolo si presenta qui in Auditorium.

Dapprima per interpretare il primo Concerto per violoncello di Dmitri Shostakovich. Concerto di alta difficoltà, come logico, essendo stato composto espressamente per - e dedicato a - quel mostro che rispondeva al nome di Mstislav Rostropovich. Due giorni dopo la prima leningradese (domenica 4 ottobre, 1959) con Mravinski sul podio, autore e interprete si spostarono a Mosca per realizzare (con la locale Filarmonica diretta da Gauk) la prima registrazione dell’opera, cui si fa riferimento nelle note successive.
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Come sempre, Shostakovich resta formalmente fedele ai modelli classici e al diatonismo, ma li riempie di contenuti innovativi e spesso dissacranti. Basti considerare proprio l’attacco dell’iniziale Allegretto, in forma-sonata, dove troviamo tre bemolli indicati in chiave:

Sarà MIb maggiore o DO minore? Ah, saperlo, anche perché la prima battuta, occupata dal solo violoncello, contiene le prime tre note (SOL-FAb-DOb) del motto che informerà tutto il movimento e tornerà anche nel terzo e infine a chiudere il concerto: tre note che enarmonicamente lette altro non sono se non la triade perfetta di MI minore (SOL-MI-SI) assai lontana dalle tonalità prospettate in chiave. Ma poi, alla seconda battuta, il motto chiude scendendo di una seconda minore, al Sib, cui si aggiungono il MIb e il SOL dei legni, il che finalmente ci porta alla triade maggiore di MIb, tonalità classicamente evocante natura, religione o eroismo.  Ma c’è chi invece ci vede l’individuo intellettualmente libero che cerca (triade di MI minore) di elevarsi al di sopra delle convenzioni, o delle ideologie, o dei regimi, rappresentati dal MIb maggiore! Insomma: Shostakovich vs Stalin? E del resto qui c’è un MIb maggiore quasi irriconoscibile (vi manca per caso l’armonia?) che non è certo quello dell’Eroica

Dopo una breve transizione (1’27”) Il secondo tema (1’33”) è canonicamente in DO minore, con melodia più spiegata e distesa:

Melodia reiterata dal solista (2’15”) e poi (2’24”) dal clarinetto, che ci porta allo sviluppo (2’37”) che è prevalentemente occupato dal primo tema in cui spicca in particolare il corno. Poi la ripresa (4’35”) è assai variata (e accorciata) rispetto all’esposizione (il secondo tema, nel corno - 4’56” - resta però in DO minore). Segue (5’39”) la coda, monopolizzata dal primo tema, ma chiusa repentinamente (6’17”) dall’incipit del secondo nel violoncello, in MIb maggiore!

Il centrale Andante (LA minore, e relativa FA# minore) è in una forma - volutamente? – ambigua: c’è infatti chi lo riconduce ad uno spurio (in quanto tronco) rondò (A-B-A-C-A-B) e chi lo classifica come un macroscopico ternario X-Y-X (AB-AC-AB). In altri termini: uno sbeffeggio tutto shostakovich-iano alle classiche forme.  

Il ritornello A viene esposto (6’25”) dagli archi e completato (6’49”) dall’intervento del corno:

Ecco ora il primo episodio B:

esposto (7’03”) dal solista, che poi (7’36”) lo reitera, imitato (8’19”) dal clarinetto, che ne lascia al violoncello il completamento.

Ricompare negli archi (9’33”) il ritornello A in FA# minore, ma qui senza l’appendice del corno. 

Ora (10’22”) siamo al secondo episodio C, davvero esteso e complesso, di cui notiamo almeno due motivi:

Il motivo a è ripreso a 11’26”, il b a 11’58”. Poi si procede ad un progressivo intensificarsi dell’atmosfera sonora, fino a raggiungere un climax che sfocia nella reiterazione (13’48”) del ritornello A, sempre in FA# minore nella sua prima parte, poi tornando a LA minore (13’58”) con il corno che lo completa. L’ultima apparizione dell’episodio B (14’18”) è avvolta in un’atmosfera irreale, creata dagli armonici del violoncello e dall’ingresso della celesta.

Spentosi così l’Andante, attacca subito (16’35”) la Cadenza, invero ipertrofica e massacrante, basata prevalentemente su motivi del precedente Andante, ma con reminiscenze del motto. E appunto, senza soluzione di continuità si attacca al finale Allegro con motto moto.

La forma è uno spurio rondo (A-B-A-C) oppure un mozzicone di forma-sonata, dove in realtà C la fa da padrone, sfociando in un enfatico ritorno del motto. L’inizio (21’50”) non è che la conclusione della precedente Cadenza, poi ecco (21’56”) il brillante tema A, esposto da oboi e clarinetti:

In seguito (22’19”) lo riprende il violoncello, che prepara l’arrivo (22’34”) dell’episodio B, dentro il quale Shostakovich nasconde abilmente (22’52”) una citazione impertinente della canzone popolare (si dice piacesse a Stalin!) Suliko:

Torna quindi (23’07”) il tema A, un’ottava sopra, sempre in oboi e clarinetti cui si aggiunge il flauto.

Ecco ora (23’23”) la parte più corposa del movimento, con l’episodio C, che inizia con un brusco cambiamento di ritmo, da binario a ternario:

Il tema è ripreso poco dopo (23’33”) dal solista che attacca un crescendo che porta (24’01”) alla progressiva, vaga ricomparsa del motto, che poi appare davvero protervo (24’47”); motto che poi (24’58”) si allarga ulteriormente (corno) e poi (25’09”) è ripreso dal solista che innesca una progressione che si fa forsennata, finchè si arriva (25’04”) alla coda, dove ancora il motto si scatena e vi ri-occhieggia Suliko. All’ultimo, su un SOL tenuto saldamente dal solista (in tripla corda, su tre ottave!) ottavino e flauto ripetono il motto per l’ultima volta; poi restano solo due secche crome (di tutti, ottavino escluso) fatte di MIb-SOL, su sette martellate del timpano.
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Tale è il rilievo riservato (data la grandezza del dedicatario e primo interprete) al solista che l’orchestra quasi non esiste, riducendosi ad interventi (a loro volta solistici) di pochi strumenti (corno, strumentini, timpano, celesta). E ciò rende certo più agevole il compito a chi, come Piovano, opera con due cappelli in testa (anzi con un archetto e una virtuale bacchetta).

Successo strepitoso per lui, accolto da applausi ritmati dal pubblico… selezionato dell’Auditorium. E allora lui, facendosi accompagnare dall’orchestra, ci regala un vorticoso bis (qui con il suo Direttore ceciliano). 
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Ecco infine la Settima beethoveniana. Piovano l’ha mandata a memoria e la dirige con piglio enfatico: gesto ampio, ammiccamenti alle diverse sezioni, insomma una direzione plateale che – oltre l’udito - accontenta anche… la vista. L’Orchestra si lascia coinvolgere e suona come un sol uomo, suscitando, dopo il travolgente e ubriacante Allegro con brio, l’entusiasmo generale. 

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