No, Putin
purtroppo è già qui fra noi, ne avvertiamo la nefasta presenza in molti momenti
della nostra vita quotidiana. No, parliamo di quel Boris Godunov
che dopo soli 20 anni (Putin si era da poco affacciato sulla scena, con il
biglietto da visita della carneficina di Grozny, peraltro subito perdonatagli
da tutti) tornerà a tener banco alla Scala
per inaugurare la stagione 22-23.
A meno che lo stupido autolesionismo del Console di Kyiv a Milano non abbia il sopravvento sull’universalità della cultura, sortendo così il brillante effetto di far aumentare dal 60 all’80% il numero degli italiani contrari all’ulteriore invio di armi a Zelensky…
Quanto al Presidente e al Sovrintendente della Fondazione (Sala e Meyer) oggi si trovano in evidente imbarazzo a dare risposta al Console, a causa del loro stesso zelo con cui, allo scoppio della guerra, decretarono l’ostracismo agli artisti russi che non prendessero formalmente posizione contro Putin: per coerenza con quella passata decisione dovrebbero – ma proprio come minimo – chiedere la stessa cosa ad Abdrazakov, Denisova e agli altri artisti russi del cast del Boris. (Della serie: allora gli hai offerto un dito, oggi pretendono il braccio…) Non parliamo poi di come si sentirà il Presidente Mattarella ad affacciarsi in mondovisione dal Palco Reale il pomeriggio del 7 dicembre e di come fatalmente si noterà l’assenza del Console (di cui nessuno altrimenti si curerebbe).
Un’idea per salvare capra-e-cavoli potrebbe essere quella già praticata da Andrey Boreyko in Auditorium il 25 febbraio scorso: dopo Fratelli d’Italia, eseguire Šče ne vmerla Ukraïny.
Per ironia della sorte, l’ultima apparizione del Boris alla Scala (all’Arcimboldi, per la verità) risale al 2002 quando fu presentato l’allestimento del Mariinski, diretto da quello che oggi è bollato quale bieco propagandista dello zar Vladimir, tale Valery Gergiev.
Domani pomeriggio, nel foyer-Toscanini del teatro, si terrà una pubblica conferenza su questa prima. Moderata da Raffaele Mellace, recentemente nominato collaboratore scientifico della Fondazione, la tavola rotonda avrà come protagonisti il Direttore Riccardo Chailly, gli insigni musicologi Franco Pulcini ed Elisabetta Fava, e il russologo per eccellenza Fausto Malcovati (autore della traduzione italiana del libretto). Vedremo se la politica e le armi faranno capolino anche lì…
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