Il
Concerto natalizio scaligero del 2019 (domani la prima, sabato la replica) è dedicato a Berlioz (di cui si celebrano i 150 anni dalla morte) con un titolo
assai appropriato alla circostanza: L’enfance
du Christ, diretta da Sir
John Eliot Gardiner.
É una composizione
della maturità (pubblicata nel 1855) che si discosta assai dagli stilemi
caratteristici del Berlioz magniloquente e (almeno apparentemente) contorto di
tanti lavori precedenti (che gli avevano attirato le critiche dei
tradizionalisti parigini) essendo pervasa da grande lirismo coniugato ad un’estrema
parsimonia di mezzi. La gestazione di questo oratorio in forma di trilogia (Sogno di Erode - Fuga in Egitto - Arrivo a
Sais) era stata assai complicata, e corredata persino da un simpatico
scherzetto organizzato dal compositore ai danni dei suoi detrattori in
occasione di un concerto della Philarmonique,
da lui stesso diretto.
In una
delle sue tante lettere, Berlioz racconta di come martedi 14 novembre 1850 alle
ore 20, nella sala Sainte-Cécile, fra
altre composizioni presentate nel primo concerto della seconda stagione della grande
Société philharmonique de Paris, venisse eseguita la prima sezione della Fuga in Egitto (Introduzione strumentale e Coro
di pastori) che lui aveva sbozzato tempo addietro, annotandola su un pezzo di carta, mentre si annoiava a morte ad una serata in società dove non
si faceva altro che giocare a carte. Ma la locandina del concerto la indicò truffaldinamente come opera composta nel 1679 da un fantomatico (perchè totalmente sconosciuto) maestro
di cappella, Pierre Ducré, da Berlioz fortunosamente ritrovata in un polveroso archivio della Sainte-Chapelle
e da lui orchestrata.
Ebbene: il brano
riscosse un grandissimo successo proprio fra i detrattori del compositore, convinti
che mai e poi mai uno come Berlioz avrebbe saputo comporre musica così mirabile... Quando
poi la verità venne a galla, la rivincita di Berlioz fu solo apparente: poichè
i suoi detrattori argomentarono che lui, se davvero aveva saputo produrre una
tal musica, allora aveva sbagliato tutto nel comporre le sue opere precedenti, tiè!
Alla Scala si ricorda, nel
dopoguerra, una sola esecuzione integrale, diretta da Peter
Maag, avvenuta sotto Natale (12-13-17 dicembre) del 1980
nella Basilica di Santo Stefano e - una novità, per quei tempi - in forma scenica.
Poi, il 20 dicembre 2012, Robin Ticciati
propose la sola Fuga in Egitto, dopo la Fantastique.
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Il
soggetto (qui il testo integrale, dello
stesso Berlioz, francese-italiano) tratta delle vicende di Gesù situabili, più o meno, in 3-4 giorni dopo l’Epifania,
quanti ne servirono a Giuseppe&famigliola per fuggire precipitosamente da Betlemme e rifugiarsi in Egitto (precisamente
a Sais, distante 400Km circa) dopo l’angelico
avvertimento riguardo le non proprio amichevoli intenzioni di Re Erode:
Così
come negli oratori e nelle passioni bachiane troviamo la figura dell’Evangelista, che racconta la vicenda
alternandosi con arie, cori e corali, anche qui c’è la figura del Narratore che serve ad introdurre e/o
concludere le tre parti dell’oratorio.
É
lui che apre la prima parte (Le songe d’Hérode,
ultima ad essere composta) facendone un breve sommario: Gesù è nato ma ancora
non ha potuto manifestarsi; in compenso Erode è già in allarme, temendo la perdita
del trono e medita azioni spaventose. Due militari romani si incontrano durante
una ronda, e ci danno conferma dello stato alterato del Re; il quale si
esibisce in un monologo disperato, esternando i suoi incubi; gli indovini
giudei si riuniscono per cercare risposte alle allucinazioni di Erode: c’è lì da
qualche parte un neonato che detronizzerà il Re e l’unico rimedio per neutralizzarlo
- ignorandosene l’identità - è di toglier di mezzo tutti i neonati di Betlemme,
Gerusalemme e Nazaret! A Betlemme Maria e Giuseppe gioiscono della nascita di Gesù,
ma un angelo arriva ad annunciare disgrazie e a consigliare la fuga verso l’Egitto,
seduta stante.
La
seconda parte (La fuite en Egypte) è stata
- come detto - la prima ad essere composta ed anche separatamente
rappresentata. Dopo un’introduzione strumentale di sapore arcaico, il coro dei Pastori
omaggia e saluta Gesù e i genitori, in partenza frettolosa verso l’Egitto. Il Narratore
racconta adesso di una sosta ristoratrice della famigliola in un’oasi verdeggiante
e ricca d’acqua fresca. Gli angeli si stringono adoranti attorno a Gesù.
La
terza ed ultima parte (L’arrivée à Sais)
è aperta ancora dal Narratore, che ci ragguaglia sulle drammatiche difficoltà
del lungo viaggio nel deserto e dell’approssimarsi di Giuseppe&famiglia
alla loro destinazione: Sais, una città romanizzata ed abitata da gente superba
e inospitale. Per ben due volte Giuseppe bussa alla porta di case di Sais per
chiedere aiuto e ospitalità, e ne viene brutalmente respinto da occupanti romani
intolleranti (forse emuli dei Faraoni che avevano vessato Mosè...); ma al
terzo, disperato tentativo, fatto insieme alla sua Maria, ecco che il miracolo
si compie: è una famiglia ismaelita quella che li accoglie come fratelli e li
fa davvero sentire a casa propria, intonando per loro un mirabile trio (due
flauti e arpa) che lascia senza fiato per l’emozione! Mentre i profughi,
fisicamente spossati ma finalmente felici, vanno a prendere il meritato sonno,
è ancora il Narratore (spalleggiato dal coro) ad inneggiare all’amore!
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Un
corposo studio su L’Enfance du Christ
comparve nel 1898 dalla penna di Jacques-Gabriel Prod’homme, e vi si trova - oltre alla storia piuttosto
bizzarra della composizione, alla sinossi del libretto e all’interessante resoconto delle reazioni
della critica - anche un’approfondita e acuta analisi musicale, che mette in
evidenza le peculiarità di quest’opera forse ancor oggi non valorizzata come meriterebbe,
almeno quanto a pubbliche esecuzioni (le incisioni invece non mancano di certo).
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Il baronetto Gardiner, rinomato specialista
di musica antica e barocca, ma anche di Berlioz (e già interprete di quest’opera)
garantisce un Buon Natale di gran qualità. Radio3 trasmette il primo dei due
appuntamenti, domani 20 ore 20.
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