Doveva
essere la prima volta (credo) di Diego Matheuz
con laVerdi, ma qualche contrattempo
di stagione ha rimandato l’incontro, così è diventata comunque la prima volta
di Jaume Santonja, un percussionista
spagnolo passato alla direzione d’orchestra. Che ci ha proposto una speciale
edizione del balletto ciajkovskiano La bella
addormentata.
Perchè speciale,
lo vediamo fra poco, ma prima faccio un discorso più generale: salvo casi
davvero rari (uno dei pochissimi è Romeo&Giulietta
di Prokofiev) le musiche per balletto mal si prestano ad esecuzioni
integrali senza il... balletto. E Ciajkovski non fa eccezione, nemmeno con questo,
che è di certo il suo più ispirato. Troppi sono i passaggi che si giustificano
esclusivamente con la visione della danza, dei danzatori e delle scenografie,
mentre davvero lasciano il tempo che trovano se eseguiti come musica pura.
Per
averne conferma basta ascoltare una registrazione integrale come
questa con Previn. E persino Gergiev con lo squadrone del Marinsky in
questa pur sontuosa produzione (sugli originali di Petipa) si permette qualche taglio: alcuni di poco conto, ma uno addirittura
clamoroso, come quello che cassa buona parte del celeberrimo Panorama (1h28’56”).
Insomma, non per nulla dalle musiche per
balletto si sono sempre ricavate delle Suite
(di durata massima 30’) accorpando, anche in sequenza diversa da quella della
trama, alcuni dei brani più interessanti. Così è per quella della Bella addormentata, di
una concisione estrema ed efficacissima.
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In questo concerto si è pensato di
addolcire la pillola, oltre che con una buona mezz’ora di tagli, anche mediante
l’impiego di strumenti tecnologici particolari: così sopra l’Orchestra è stato
posto uno schermo gigante (usato anche per le proiezioni di film accompagnate
dal vivo) sul quale un’applicazione informatica predisposta dallo Studio Antimateria ha proiettato immagini prodotte al computer in tempo reale, catturando i
suoni delle diverse sezioni dell’Orchestra.
In sostanza la musica è stata
accompagnata di continuo da immagini che - pur prodotte dai suoni - nulla a che vedere hanno con il soggetto reale nè con una sua idealizzazione
metafisica. In fin dei conti, ciò che appariva sullo schermo era una sequenza
di quelli che sono - per un normale computer - i cosiddetti screen-saver, che si possono far comparire
sullo schermo quando il computer resta inattivo.
Insomma, una cosa parecchio deludente,
che assai opportunamente avrebbe potuto essere rimpiazzata dalla proiezione -
sui due schermi più piccoli posti in alto, ai lati del palco - dei titoli dei
brani del balletto e magari delle didascalie presenti sulla partitura.
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Jaume Santonja, forse portatovi dal suo ruolo originario di percussionista, ha
tenuto sempre altissimo il volume dell’Orchestra, la quale si è peraltro
distinta per grande compattezza e splendide sonorità. Luca Santaniello non solo l’ha guidata da par suo, ma si è anche
distinto nei passaggi squisitamente virtuosistici che la partitura dedica al
violino di spalla: Variation d’Aurore
(N° 8c) e Entr’Acte (N° 18). Da incorniciare anche il N° 15, Pas d'action, dove Tobia Scarpolini ha esposto la mirabile melodia del violoncello che viene - sapientamente variata - dall'Andante cantabile della Quinta, quasi contemporanea al balletto.
Che dire:
una proposta che poteva essere meglio articolata.
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