L’opera si apre con una perentoria sequenza di tre accordi, smaccatamente esposti dall’intera orchestra a tutta forza (fff):
Gli analisti hanno esaminato al microscopio quegli accordi, spiegandoci trattarsi
di tre triadi maggiori rispettivamente di SIb, LAb e MI. E che fra la prima
fondamentale (SIb) e la terza (MI) intercorre un intervallo di tritono, anticamente etichettato come diabolus-in-musica.
Tuttavia quella sequenza discendente è percorsa solo dai bassi, come si può osservare sulla pagina di partitura alle linee di clarinetto basso, controfagotto, trombone basso, prima sezione dei violoncelli e seconda dei contrabbassi. Mentre in realtà la melodia che arriva alle nostre orecchie è, per così dire, pilotata dalla sequenza delle note più acute dei tre accordi, che sono rispettivamente RE-MIb-MI. Quindi noi ascoltiamo una sequenza cromatica ascendente con un’armonizzazione inconsueta, perchè determinata dalle diverse posizioni delle tre triadi maggiori, rispettivamente: secondo rivolto della triade di SIb (il RE); triade fondamentale di LAb (il MIb); e primo rivolto della triade di MI (il MI).
Tuttavia quella sequenza discendente è percorsa solo dai bassi, come si può osservare sulla pagina di partitura alle linee di clarinetto basso, controfagotto, trombone basso, prima sezione dei violoncelli e seconda dei contrabbassi. Mentre in realtà la melodia che arriva alle nostre orecchie è, per così dire, pilotata dalla sequenza delle note più acute dei tre accordi, che sono rispettivamente RE-MIb-MI. Quindi noi ascoltiamo una sequenza cromatica ascendente con un’armonizzazione inconsueta, perchè determinata dalle diverse posizioni delle tre triadi maggiori, rispettivamente: secondo rivolto della triade di SIb (il RE); triade fondamentale di LAb (il MIb); e primo rivolto della triade di MI (il MI).
L’effetto che ne risulta
non è precisamente di terrore, nè per la verità di ripugnanza o disgusto, ma più
propriamente di sospetto: c’è
qualcosa in quei suoni che non ci convince, che ci lascia una sgradevole sensazione
di inaffidabilità, di falsa retorica e di volgarità mescolata a vacua magniloquenza.
Insomma, ci evocano uno scenario inquietante.
Dovendoli poi associare
alla personalità di un individuo, siamo portati a pensare a un tipo sfuggente, caratterizzato
da subdolo perbenismo, da bigotteria e doppiezza; ma anche da oscuri complessi
e da sete di dominio e di possesso: insomma, il perfetto ritratto di quel
rappresentante del potere assoluto che risponde al nome di Vitellio Scarpia!
E non è un caso che quei
tre accordi che aprono l’opera ritornino innumerevoli volte nel seguito, non
solo per accompagnare la presenza in scena del Barone, ma più spesso e
volentieri per evocare l’incombente minaccia, sua e del regime che egli
rappresenta... che non cessa di aleggiare persino dopo che lo sbifido individuo
è finito al cimitero!
Tutto ciò è esclusiva
prerogativa della musica... e
assoluto merito del musico.
(5. continua)
(5. continua)
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