Due delle più prestigiose orchestre europee, guidate dai rispettivi direttori musicali, a loro volta stelle del firmamento internazionale, hanno illuminato il fine settimana (già da esodo estivo con tanto di bollino nero, se si parla di code di auto sulle strade…) del RavennaFestival: sabato Salonen-Philharmonia e domenica Nagano-Münchener. Da leccarsi i baffi! Cosa che il pubblico, foltissimo (anche se Abbado aveva battuto tutti i record di presenza) ha puntualmente fatto.
Esa-Pekka ripropone qui la versione originale di Musorgski de La Notte di San Giovanni sul Monte Calvo, che ci aveva eseguito nell'ultima edizione del MITO. Mettendo in risalto tutte le barbare spigolosità di questa geniale partitura. Chi ha più consuetudine con la più orecchiabile versione di Rimsky può rimanere perplesso, ed anche il pubblico del PalaDeAndrè sembra preso un poco in contropiede e trattiene – per il momento – i suoi entusiasmi.
Che aumentano con l'arrivo di David Fray, trentenne dal volto e dalla capigliatura che ricordano nientemeno che Robert Schumann, il quale – accomodato su una normale sedia, in luogo del classico sgabello – ci ha offerto una bellissima interpretazione del K 466 di Mozart. Ben assecondato da Salonen, che ha fatto la sua parte nei lunghi tratti riservati all'orchestra, dentro il dialogo col solista. Fray, applaudito a scena aperta già al termine dell'iniziale Allegro, è stato delizioso soprattutto nelle cadenze e nella centrale Romanza:
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mettendo in mostra grande tecnica, accompagnata da altrettanta sensibilità e cura dei dettagli. Per lui quindi un trionfo, suggellato da un prezioso bis bachiano.
In chiusura di programma ufficiale ecco Bartok e il suo celebre Concerto per orchestra. I professori della Philharmonia hanno qui modo di mettere in evidenza anche le loro qualità solistiche, in specie i fiati, che nel secondo movimento (Il gioco delle coppie) sono chiamati ad esibirsi proprio in primo piano. Ma hanno modo di emergere anche la seconda arpa, con il suo bizzarro inciso – nell'iniziale Introduzione – suonato con due ferrettini al posto dei polpastrelli, e soprattutto il timpanista, che nell'Intermezzo interrotto deve percorrere l'intera scala cromatica, impegnando assai anche i piedi, per accordare opportunamente le membrane (ed infatti, conclusa l'impresa, il simpatico Andrew Smith mostrava tutto il suo auto-compiacimento…)
Accoglienza caldissima, con ovazioni e urla, che Salonen e i suoi ripagano – precisamente come nella citata esibizione allo scorso MITO (ma qui mancano di fantasia, smile!) - con la Valse triste, in omaggio alla patria lontana del Maestro e poi con il Preludio III del Lohengrin, che fa tremare le strutture del palazzetto e provoca quasi una sommossa sulle tribune.
Domenica è stata la volta del Filarmonici monacensi condotti dal sempre capellone nippo-yankee Kent Nagano. A Monaco si prepara il cambio della guardia fra tale Christian Thielemann (che per aver voluto troppo, è rimasto con un… biglietto per Dresda) e l'arzillo nonno Lorin, che per i prossimi tre anni farà ritorno in Baviera. Ma l'Orchestra sembra impermeabile a questi cambiamenti, e suona in modo divino (senza togliere meriti a Nagano, ovviamente). Oggetto dell'esibizione la sbifida Settima Sinfonia di Mahler (anniversari).
Che vien fuori come fosse scolpita con un rasoio, senza una sbavatura, fredda ed enigmatica come non mai: le Nachtmusiken più che sogni sembrano evocare folletti e spettri (in fondo sono coeve della Tragica…) e lo Scherzo è proprio pieno di ombre, con rari squarci di luce. Nel tempo iniziale Nagano parte con grande retorica, lasciando dispiegare tutta la cupa sonorità del Tenorhorn (dislocato in alto a destra, quasi isolato, sopra il pacchetto dei corni, nell'orchestra con disposizione alto-tedesca) ma nell'Allegro risoluto cambia subito marcia, imponendo un ritmo assillante. Per poi allargare benissimo nell'Adagio dell'episodio centrale, un vero e proprio Höhepunkt, dove ancora i tromboni e il tenorhorn espongono maestosamente questo motivo:
Travolgente il Rondo-Finale, wagnerianamente introdotto da un autentico virtuosismo dei timpani e dei corni:
Dopo il conclusivo schianto il PalaDeAndrè si trasforma in una bolgia e le chiamate si succedono per minuti e minuti, con Nagano che fa alzare i diversi professori, veri solisti di questa grande orchestra e infine mima un sayonara e prende sotto braccio il Konzertmeister per rimandare tutti a casa, mentre sul palco ci si abbraccia e ci si complimenta per questa prestazione davvero outstanding.
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Fuori – e sono quasi le 23 – la coda dei rientranti dalle spiagge è ancora interminabile (ma cos'è questa crisi?) Meno male per me che viaggio in contro-tendenza! .
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