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25 novembre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.4 (con sorpresa)


Dopo la lunga e fortunata parentesi del Mahler-Festival, l’Orchestra ha ripreso il cammino della stagione principale sotto l’effetto di una notizia cheha davvero del clamoroso: le dimissioni – ufficializzate 24 ore prima del concerto - del Direttore Generale ed Artistico della Fondazione, il Maestro Ruben Jais. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno (Jais aveva diretto meno di due settimane fa - ma non con l’Orchestra principale - il penultimo concerto del Festival, da lui fortemente voluto) che ha colto quasi tutti di sorpresa, anche se alcuni ricorderanno la spiacevole vicenda del 19 marzo scorso, culminata con la minaccia di sciopero – poi rientrato - dell’Orchestra, proprio a fronte di una discutibile iniziativa dello stesso Direttore (che comunque ieri sera si aggirava sorridente in sala).  
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Per questo fine settimana in calendario c’è un concerto bifronte, diretto dal 28enne fiammingo Martijn Dendievel, che ha affiancato un’Opera e un Autore contemporanei ad una delle più eseguite sinfonie di Ciajkovski.

Del 42enne tulipano Joey Roukens è stato eseguito, in prima italiana, In Unison, un Concerto per due Pianoforti e Orchestra del 2017 (qui l’audio della prima) interpretato dai due connazionali dedicatari, i fratelli Lucas & Arthur Jussen, che sono attualmente Artisti in residenza presso laVerdi.

Ecco qui (Lucas a sinistra, al piano-1 e il fratello minore Arthur a destra, al piano-2) la registrazione video di una loro performance del 2021 con l’Orchestra olandese co-dedicataria dell’opera, presente anche l’Autore, festeggiato con loro dopo la brillante esecuzione. Verso la fine della quale arriva un’improvvisa e lunga cadenza con un virtuosismo di timpani, che sono percossi dal padre dei due pianisti, Paul, che in quest’altro video di presentazione del brano viene anche simpaticamente preso in giro dai suoi due enfants-terribles!

Il compositore ci dice di aver scelto il titolo del Concerto ascoltando i due fratelli suonare… e con tanto affiatamento da farglieli apparire come un unico super-pianista che suona un super-pianoforte. Oltre al titolo, anche i tre classici movimenti in cui il concerto si articola recano dei sottotitoli che ne evocano l’ispirazione (fra parentesi la mia personale interpretazione delle note esplicative dell’Autore):

1. Neon Toccata (luminosa, estroversa, orecchiabile: le luci psichedeliche di una discoteca?);

2. What If (struttura A-B-A’, improvvisi cambiamenti di atmosfera: calma, agitata, calma);

3. Dark Ride (una corsa all’impazzata, cupa e grottesca, con un finale a sorpresa).

Imponente la batteria di percussioni, con tre esecutori che devono gestire, rispettivamente, 10, 10 e 8 strumenti! Tutto sommato normale la compagine di fiati e archi; una celesta si aggiunge all’organico.

Il compositore raccomanda un rigoroso rispetto dei ritmi, così come indicati in partitura, che è ricchissima di minuziose indicazioni agogiche, ad esempio: ritmicamente quanto più preciso e stabile (assolutamente non rubato); oppure: un oscuro, sinistro tran-tran… In altri casi invece l’Autore si limita ad indicare, in secondi, il tempo di esecuzione di alcune battute!

Il primo movimento ha una struttura abbastanza aperta, tipo durchkomponiern, con alternanza di passaggi affidati ai soli solisti, o alla sola orchestra, o all’insieme. Difficile individuare temi ricorrenti, salvo forse alcune figurazioni ritmiche, che talvolta si ripropongono.

Ecco qui l’attacco dei due pianoforti, alla battuta 12 (24” nel filmato) dopo che l’orchestra – ora zittitasi - ha imposto il tempo Molto allegro, con fuoco:

Dopo nove battute di silenzio l’orchestra (41”) rientra per iniziare il suo dialogo con i solisti, che poi si limita all’intervento di percussioni, ma prende nuovo slancio (1’31”) con metronomo raddoppiato fino a che (2’15”) l’orchestra rimane sola a portare avanti il discorso. È un passaggio assai rigoroso ed energico, con gli ottoni in grande evidenza, fino al rientro dei solisti (2’44”) anticipati e poi accompagnati anche dalla celesta.

Dopo una veloce ascesa del piano-1 (3’30”) i solisti tacciono per poco, lasciando spazio ancora ad un deciso intervento dei fiati, che porta ad uno schianto (3’40”) seguito da un’oasi più calma, dove abbiamo il ritorno dei due pianoforti, che a mano a mano riaccendono il ritmo, accompagnati e sostenuti soprattutto dalle percussioni. 

Si arriva quindi (4’25”) alla ripresa del tempo molto agitato, con i solisti a condurre la danza, trascinando i fiati fino ad un climax (5’19”) dopo il quale si tacciono, cedendo all’orchestra il centro della scena, caratterizzata da un’ampia e cantabile melodia nei fiati e poi negli archi, accompagnata sempre dal ritmo serrato imposto dalle percussioni.

Ecco ora rientrare i solisti (6’00”) per presentare una vera e propria cadenza:

Che è suddivisa in due parti: 14 battute dove il piano-1 suona un tremolo cangiante e il piano-2 si libra in svolazzi di semicrome e biscrome; e 10 battute dove i due solisti si scambiano i ruoli. Non è necessario che in ciascuna delle due sezioni ci sia un preciso sincronismo fra i due, che va rispettato solo nel momento (6’51”) in cui si danno il cambio.

La cadenza sfuma (7’14”) nella coda del movimento, caratterizzata da una progressiva entrata degli strumenti dell’orchestra (prima legni e archi bassi, poi celesta e percussioni, infine archi alti) e da una generale accelerazione, chiusa infine da una croma sforzata di archi e percussioni.  

Il movimento centrale (Molto tranquillo, ma ben misurato) è, come anticipato, in forma (spuria) A-B-A’. Inizia (8’26”) con ottavino (poi flauto) e violini che suonano una cullante melodia e i due solisti che dettano il ritmo lento con note ribattute (questa sarà una delle caratteristiche del movimento) supportati poi dal martellio delle percussioni.

Ora (10’20”) con leggero aumento del metronomo, sono i due pianoforti a prendere il centro della scena dando inizio ad un lungo e nobile passaggio, con archi e fiati a sostenere il dialogo con lunghe note tenute; il tempo accelera ancora impercettibilmente finchè (13’04, Con grandezza, largamente, nobilmente) i due pianoforti tacciono mentre oboi, corni e violini primi trascinano tutta l’orchestra verso un grandioso climax.

Che segna (14’15”) il brusco passaggio alla sezione B del movimento, dove il tempo aumenta del 50% (metronomo da 40 a 60 semiminime, Come improvvisamente in un'altra dimensione) e i due solisti tornano protagonisti, accompagnati prevalentemente da percussioni, riproponendo le loro figurazioni con note ribattute.

Il tempo accelera ancora in due riprese, passando da 60 a 66 e poi a 72 semiminime, fino ad arrivare (15’50”) ad un momentaneo rallentamento, con il ritorno in primo piano anche degli archi e successivamente dell’intera orchestra. Il tempo riprende ad accelerare progressivamente, tornando a 72 semiminime e quindi (17’10”, energico) a 84. I solisti tacciono ed è l’orchestra a scatenarsi ancora con un impressionante crescendo di note ribattute, crescendo che poi si spegne sul sommesso sussurro delle percussioni.

Siamo quindi arrivati (18’24”, tranquillo e religioso, il metronomo piomba a 42) all’ultima sezione del movimento (A’) dove i due solisti riprendono l’atmosfera iniziale, accompagnati in sottofondo da archi e percussioni, poi (19’59”) anche da flauti e tromboni. Eccoci quindi (20’48”) alla coda, con un impercettibile aumento del metronomo (45) e i due pianoforti (semplice, molto sereno e lirico) - accompagnati da ottavino, clarinetto e poi dalla celesta, con i primi violini chiamati ad emettere le note più acute possibili - che portano, in una progressiva rarefazione del suono, il movimento alla conclusione.

Dove troviamo una delle trovate della partitura che rasenta la bizzarria: nelle ultime tre battute del movimento (22’35”) i due solisti devono percuotere con le nocche della mano sinistra il legno sopra la tastiera del pianoforte:

Il movimento finale del Concerto (Presto, sempre molto ritmico) è aperto (23’15”) da uno schianto della sola orchestra, che introduce l’ingresso dei solisti (23’28) con 12 battute dal ritmo sincopato e sghembo (5/8, 3/4. 7/8) che caratterizzerà anche gran parte del seguito, chiuse da una rapida discesa in tutti gli ottoni.

I due pianoforti conducono questa corsa ostinata, fatta di quartine e terzine di crome in tre delle quattro mani accompagnate da note lunghe nella quarta, mentre legni e archi scandiscono il ritmo; poi (23’55”) sono la tromba e la tuba a suonare le note lunghe, mentre la quarta mano del pianoforte passa al ritmo.

Si arriva così a 24’43”, molto energico e ben articolato, con mordente, dove i solisti tacciono ed è l’orchestra a riprendere il discorso, dando ulteriore corposità al suono, che poi improvvisamente si calma (24’55”) in vista del rientro dei solisti. I quali poco dopo (25’25”) si inoltrano in un’atmosfera più rarefatta, dominata dalle note lunghe: un passaggio lirico, liquido e sognante. Il brusco risveglio (25’54”) vede impegnati quasi esclusivamente i solisti in una specie di cadenza accompagnata da percussioni e archi, che poi si arricchisce dei suoni del resto dell’orchestra.

Il passaggio è chiuso da una veloce salita dei due pianoforti (con slancio) fino ad uno schianto, seguito (27’05”, Sostenuto) da una breve oasi di calma, protagonista solo l’orchestra e chiusa (27’24”) da un altro colpo secco di legni, ottoni, tamburo e archi bassi. Si torna al Tempo I, ma ancora più veloce, dove la cavalcata generale riprende e poco dopo (27’41”, grottesco e molto energico, come un pazzo) diventa davvero travolgente, fino a spegnersi (27’58”) seguita da 5 battute grevi di fiati e archi bassi.

Ora (28’20”, Poco meno) è l’ottavino (più tardi raggiunto dal clarinetto, quindi dal flauto e con svolazzi della celesta) ad esporre una lenta melodia, mentre i due pianoforti creano una specie di sottofondo liquido. Un lento crescendo porta ad un nuovo scossone (28’54”) che prelude al colpo di teatro finale, protagonista la famigliola Jussen: mentre Lucas e Arthur si scatenano in veloci (e barbare) figurazioni su terzine di crome e semicrome, papà Paul (29’01”) si deve sottoporre ad un minuto di sfrenato tour-de-force ai timpani, chiuso da un’autentica (brutale) gragnuola di colpi.

Inizia ora (29’57”) la coda del Concerto, con i solisti, inizialmente accompagnati dalla celesta, che stringono il tempo, poi momentaneamente lo rallentano come a prender la rincorsa per lo sprint finale: dopo tre glissando (30’16”, discesa, salita, discesa) i pianoforti tacciono momentaneamente ed è l’orchestra (30’26”) che attacca (Quasi presto) e poi (30’35”, Prestissimo) introducendo quindi i due solisti (30’46”) che sparano le ultime cartucce.

Un ultimo momento di stasi, con l’intera orchestra che tiene lunghissime note in un crescendo sonoro che si arresta prima delle due battute conclusive del concerto (31’05”) dove i due solisti, rimasti… soli, all’unisono suonano contemporaneamente (su due ottave) l’intera scala dei tasti bianchi: LA-FA-RE-SI / SOL-MI-DO-LA:

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Che dire? È un ennesimo esempio di musica contemporanea composta per divertire insieme pubblico ed esecutori, dopo che per decenni – nel secolo scorso – molta della musica (allora) contemporanea sembrava scritta per esasperare il pubblico e compiacere ristrette élite di penitenti dediti all’auto-flagellazione (!)  

Travolgente successo per i due fratelli, per il Direttore e per l’Orchestra, così Lucas&Arthur ci hanno regalato questo bel bis sognante.
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Ha chiuso la serata la tremenda Quarta di Ciajkovski. L’Orchestra la potrebbe ormai suonare a memoria e forse anche senza Direttore. Direttore che in ogni caso si è fatto valere, guidando i ragazzi con gesto misurato e mettendo nel dovuto risalto i passaggi più lirici dell’opera, per poi scatenare ottoni e grancassa quando e quanto dovuto.

Inutile dire dell’accoglienza frenetica, con ovazioni per le prime parti e le diverse sezioni dell’Orchestra e ripetuti battimani ritmati all’indirizzo del Direttore.

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