Dopo
aver diretto tre settimane fa la Quinta nel Mahler-Festival con la
OSN-RAI, Robert Treviño torna sul podio dell’Auditorium per offrirci un programma
tutto francese,
che procede a ritroso nel tempo per 70 anni, dal primo ‘900 al profondo ’800:
da Ravel a Berlioz.
Di
Maurice Ravel erano originariamente in programma due brani sullo stesso
soggetto fiabesco, quello delle Mille e una notte. Si sarebbe dovuto partire
con Shéhérazade, ouverture de féerie, che rimase nel cassetto per
quasi 80 anni prima di essere pubblicata (1975); ma qualcosa dev’essere andato
storto, e così il concerto si è aperto con Shéhérazade, Trois poèmes pour
chant et orchestre, del 1903, dedicati a tre rispettabili Madame
e qui interpretati dalla 37enne mezzosoprano lituana Justina Gringyté,
che spesso si esibisce con il Direttore texan-mexicano.
Di chiaro ascendente Debussy-iano,
questo trittico è basato su testi poetici (di carattere piuttosto decadente e
con sfumature simboliste) tratti da una collana di cento poesie, ispirate a
Shéhérazade, di tale Léon Leclère, che già a quei tempi si ammantava di
un bifronte nick wagneriano (Tristan Klingsor) e con il quale Ravel
condivideva la frequentazione dell’appena neonato gruppo di artisti d’avanguardia
(e appunto sfegatati per Debussy) noto come Les Apaches.
Anche le tre dedicatarie delle liriche avevano a che fare con quell’ambiente: Janne Hatto (dedicataria di Asie)
fu la prima interprete del trittico; Marguerite de Saint-Moceaux (dedicataria
di La Flûte enchantée) era famosa per i suoi prestigiosi
ricevimenti e come mecenate di musicisti ed artisti, fra i quali proprio
Debussy e Ravel; Emma Léa Moyse (dedicataria di L’Indifférent) già
amante di Fauré, fu la seconda moglie proprio di Debussy, dopo aver divorziato
dal banchiere Sigismond Bardac.
È il più lungo dei tre testi, un
autentico viaggio nei misteri e nel fascino orientale: dopo una breve introduzione - davvero orientaleggiante - dell’oboe sul triplice richiamo Asie! Asie! Asie! e sull’evocazione, sostenuta
dal corno inglese, di quel mondo che sa di fiabe che si raccontano ai bambini,
ecco l’inizio del lungo e affascinante viaggio. Per ben 14 volte il testo
ripete Je voudrais, il desiderio di conoscere, di
esplorare, di immergersi in quel magico universo. E a quel vorrei segue di volta in volta:
1. una goletta che solca il mare spinta dalla sua vela violetta; 2. un’isola
fiorita sperduta in mezzo al mare tempestoso; 3. Damasco o una città persiana,
con gli agili minareti; 4. turbanti di seta sopra volti scuri e bianche dentature;
5. occhi e pupille piene d’amore e pelli ingiallite; 6. vesti di velluto con
lunghe frange; 7. calumet risucchiati da bocche avvolte da bianche barbe; 8. sguardi
ambigui di mercanti, visir che muovendo un dito decretano vita o morte; 9. Persia,
India e Cina, Mandarini, Principesse e letterati che discettano di poesia e bellezza;
10. un palazzo incantato ornato da preziose stoffe raffiguranti personaggi al
centro di un giardino: 11. assassini che assistono divertiti all’esecuzione di
un innocente operata da un boia con una curva scimitarra; 12. povera gente e
regine; 13. rose e sangue; 14. chi muore d’amore e chi di odio.
Ciascuno di questi desideri è
accompagnato da delicate figurazioni impressioniste, che sfociano in un
drammatico crescendo dell’intera orchestra, che poi va sfumando per dare spazio
all’epilogo: l’onirico viaggio lascia al poeta il desiderio di raccontarlo a
chi ama sognare, sorseggiando di tanto in tanto - alla maniera di Sinbad - una tazza araba, per
interrompere sapientemente il racconto…
Chissà, potrebbe essere proprio
la bella Shéhérazade a raccontare questo squarcio notturno: introdotta dalla
sensuale melodia del flauto, la favorita del sultano, che lei ha abilmente
addormentato con uno dei suoi mille ammalianti racconti, comincia ad udire –
mentre il tempo, da Très lent diventa improvvisamente Allegro – una
melodia, ora mesta, ora gioiosa, suonata dal suo amante. Il tempo torna Lent,
per farle assaporare quelle note che, dalla finestra, arrivano sulla sua guancia come un
misterioso bacio. La figurazione iniziale del flauto ritorna per chiudere
questo delicato siparietto.
Qui siamo all’Oriente più…
confuciano: come non pensare all’atmosfera (Er
stieg vom Pferd und reichte ihm den Trunk…) del mahleriano Abschied?
Un passante dai tratti effeminati transita davanti ad una porta a cui si
affaccia il soggetto recitante (maschio o femmina? chissà…): che ne è attirato
sensualmente, e lo invita a fermarsi per bere del vino con lui. Finora il tempo è
continuamente Lent, anzi, poi, ancora Plus lent. Ma il passante
(mentre il tempo si agita un poco) si allontana con un grazioso gesto di
efebica indifferenza, dopodichè il tempo torna alla perenne lentezza.
___
Davvero encomiabile la
prestazione della bella Justina, che ha sfoggiato la sua voce ben tornita e la
sua raffinata sensibilità, pienamente in sintonia con il sapore decadente di
testo e musica. Musica di cui Treviño ha
a sua volta messo in luce tutte le sfumature e le nuances, ben
assecondato dall’orchestra, soprattutto i legni che sono protagonisti assoluti.
Accoglienza calorosissima del
pur non oceanico pubblico.
___
E
infine l’inflazionata Fantastica! Un’interpretazione da manuale, quella
del Direttore, che mai si è abbandonato (e di
occasioni e… tentazioni questa Sinfonia ne presenta a josa) a gratuite e facili iniziative. Da incorniciare l’introduzione
al primo movimento, dove la musica sembra davvero nascere e crescere dal nulla;
poi la raffinatezza del Bal (protagoniste le arpe di Elena Piva e
Marta Pettoni); mirabile la resa della Scène aux Champs (il
corno inglese di Paola Scotti e l’oboe fuori scena di Emiliano Greci)
con tratti da impressionismo ante-litteram; e quindi, sempre senza soluzione di continuità, la Marcia al supplizio e il
Sabba conclusivo, dove Treviño ha scatenato le furie degli ottoni (le tube di Davide
Viana e Alberto Tondi sugli scudi, in
un protervo Dies Irae) portando il pubblico ad un parossistico
entusiasmo, con ripetuti battimani ritmati e ovazioni per Kapellmeister e
Musikanten!
Si replica
domani, ma anche
oggi pomeriggio sarà ancora e sempre Treviño, per... collaudare l’Orchestra
under-25.
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