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03 novembre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Mahler-Festival#7

L’Orchestra Regionale della Toscana ha riunito le sue forze con quelle dei ragazzi fiesolani dell’Orchestra Giovanile Italiana per offrirci il settimo concerto del Festival (con lo stesso programma inaugurano la loro nuova stagione). Sul podio il 58enne Markus Stenz, con i Lieder affidati alla sudafricana-canadese Sophie Harmsen.

La prima parte del concerto è appunto occupata dai cinque Kindertotenlieder, più o meno coevi (e ad essa collegati da sottili legami) della Quarta Sinfonia che completa il programma. (Qui alcune mie personali note, redatte in occasione di un concerto dello scorso gennaio).

La Harmsen li ha interpretati con grande sentimento, peccato che la sua bella voce di mezzosoprano acuto manchi un poco di… volume e di proiezione; e Stenz da parte sua poco ha fatto per evitare di coprirla con l’orchestra. Comunque calorosa accoglienza per lei.
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Ecco quindi la Quarta, una sinfonia difficile da inquadrare, avendo un carattere piuttosto ambiguo, a volte parodistico, se non addirittura ipocrita. Ideata già ai tempi della Seconda, presenta un primo movimento dal sapore leggero (Haydn-iano fu subito etichettato) ma non privo di quelle che Adorno definì irruzioni improvvise (inclusa quella della trombetta che anticipa l’atmosfera cupa dell’incipit della Quintain un’atmosfera apparentemente calma. Poi uno Scherzo demoniaco, con il suono del dis-cordato violinetto di strada - che Mahler stesso, in una nota poi espunta, chiamava l’amico Hein,  cioè la morte, nientemeno! - affiancato da un Trio – in cui spiccano altre irruzioni, del clarinetto - che in realtà sembra anticipare le beatitudini di là da venire… cioè il Poco Adagio, tranquillo e contemplativo, che tuttavia presenta al suo interno quel breve inciso dall’Aida che tornerà nel secondo dei Kindertotenlieder (ascoltati in apertura) e dove per il resto si nota la chiara eredità dal finale della Sinfonia precedente. A proposito della quale, nelle prime intenzioni di Mahler doveva chiudere con un settimo movimento, indovinate quale?: proprio il Lied che invece Mahler dirottò sulla Quarta!

Certo, tutto poi finisce col plateale e scolastico MI maggiore - canonica tonalità di pace, tranquillità ed estasi – con canti e danze sotto la bacchetta autorevole di Sankt Cäcilia. Ma prima non erano mancati squarci assai poco paradisiaci: non per nulla, il tutto viene dal Wunderhorn, una raccolta di stornelli, poesiacce da strada, canti disperati di gente dall’esistenza subumana, inferni terreni (Das irdische Leben, ascoltato proprio una settimana fa con la Santa Cecilia) e paradisi posticci (Das himmlische Leben, appunto) dove si divertono, insieme, il pescatore volante San Pietro ed Erode, il macellaio. Il Sant’Uffizio evidentemente al tempo doveva avere cose più importanti di cui occuparsi, altrimenti Arnim&Brentano se la sarebbero vista brutta, a pubblicare cose come Der Himmel hängt voll Geigen...

Insomma, un pot-pourri di idee, sensazioni, umori – non per nulla Humoreske erano chiamati i sei brani preesistenti addirittura alla Terza che dovevano in origine costituire la Sinfonia, solo i due estremi rimasti poi al loro posto, gli altri impiegati nella Terza, appunto, e nella Quinta! – che può apparire disarticolato e privo di una chiara narrativa

Dopodichè si tratta pur sempre di… Mahler, magari nel bene e nel male, ecco. Stenz mi pare abbia tenuto ad accentuare fortemente i contrasti, il che non è una colpa, ma una conferma che la Sinfonia si presta, per le ragioni esposte, ad interpretazioni diverse, da quelle più intimistiche a quelle più espressioniste o persino sguaiate. L’orchestra ha mostrato grandi pregi e anche notevoli individualità.

La voce leggera della Harmsen non ha fatto rimpiangere quelle di soprano (quasi universalmente impiegate) o anche quelle di voci bianche (talvolta scelte in passato da Bernstein).

Alla fine un autentico trionfo ha accomunato tutti: applausi ritmati e ovazioni si sono sprecate per questa bella realtà del panorama musicale italiano.

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