L’Orchestra
Regionale della Toscana ha riunito le sue forze con quelle dei ragazzi
fiesolani dell’Orchestra Giovanile Italiana per offrirci il settimo concerto
del Festival
(con lo stesso programma inaugurano la loro
nuova stagione).
Sul podio il 58enne Markus Stenz, con i Lieder affidati alla
sudafricana-canadese Sophie Harmsen.
La prima parte del concerto è appunto occupata dai cinque Kindertotenlieder, più o meno coevi (e ad essa collegati da sottili legami) della Quarta Sinfonia che completa il programma. (Qui alcune mie personali note, redatte in occasione di un concerto dello scorso gennaio).
Certo, tutto poi finisce col plateale e scolastico MI maggiore - canonica tonalità di pace, tranquillità ed estasi – con canti e danze sotto la bacchetta autorevole di Sankt Cäcilia. Ma prima non erano mancati squarci assai poco paradisiaci: non per nulla, il tutto viene dal Wunderhorn, una raccolta di stornelli, poesiacce da strada, canti disperati di gente dall’esistenza subumana, inferni terreni (Das irdische Leben, ascoltato proprio una settimana fa con la Santa Cecilia) e paradisi posticci (Das himmlische Leben, appunto) dove si divertono, insieme, il pescatore volante San Pietro ed Erode, il macellaio. Il Sant’Uffizio evidentemente al tempo doveva avere cose più importanti di cui occuparsi, altrimenti Arnim&Brentano se la sarebbero vista brutta, a pubblicare cose come Der Himmel hängt voll Geigen...
Insomma, un pot-pourri di idee, sensazioni, umori – non per
nulla Humoreske erano chiamati i sei brani preesistenti
addirittura alla Terza che dovevano in origine costituire la Sinfonia,
solo i due estremi rimasti poi al loro posto, gli altri impiegati nella Terza,
appunto, e nella Quinta! – che può apparire disarticolato e privo di una
chiara narrativa.
Dopodichè si tratta pur sempre di… Mahler, magari nel bene e nel
male, ecco. Stenz mi pare abbia tenuto ad accentuare fortemente i contrasti, il
che non è una colpa, ma una conferma che la Sinfonia si presta, per le ragioni
esposte, ad interpretazioni diverse, da quelle più intimistiche a quelle più
espressioniste o persino sguaiate. L’orchestra ha mostrato grandi pregi e anche
notevoli individualità.
La voce leggera della Harmsen non ha fatto rimpiangere quelle di soprano (quasi universalmente impiegate) o anche quelle di voci bianche (talvolta scelte in passato da Bernstein).
Alla fine un autentico trionfo ha accomunato tutti: applausi ritmati e ovazioni si sono sprecate per questa bella realtà del panorama musicale italiano.
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