Il sesto
concerto
del festival era interamente dedicato (così come il quarto) al Mahler
arrangiatore di partiture altrui, nella fattispecie la ri-orchestrazione delle
quattro Sinfonie di Robert Schumann. Dopo la Terza interpretata
dall’Orchestra Spira Mirabilis, ecco le prime due suonate da un’altra
prestigiosa orchestra milanese, quella dei Pomeriggi
Musicali, guidata dal giovane newyorkese James Feddeck, che dal 2020 ne
occupa la posizione di Direttore Principale.
Uno
dei capitoli del nuovo libro Tutto
Mahler, uscito proprio in occasione e in relazione al Festival, è dedicato dal curatore
Gastón Fournier-Facio alla presentazione (da lui
tradotta in italiano) che David Matthews predispose per l’uscita del CD
delle quattro sinfonie schumanniane riorchestrate da Mahler e incise da Riccardo Chailly con la Gewandhaus
di Lipsia.
Vi si legge che nella Prima Sinfonia (la Primavera) oltre a modifiche difficilmente percepibili da un ascoltatore meno che preparatissimo, c’è invece un macroscopico intervento di Mahler, proprio nelle prime 5 battute e riguarda le parti dei corni e delle trombe in SIb (la tonalità d’impianto) che suonano la fanfara di apertura. In realtà qui Mahler non fa che ripristinare l’idea originaria di Schumann, che poi, insoddisfatto della resa del passaggio, aveva attuato un suggerimento di Mendelssohn per porvi rimedio.
Nella versione pubblicata e normalmente eseguita (prima ma anche dopo l’intervento di Mahler) la prima parte della fanfara (suonata all’unisono) percorre una melodia che parte dalla mediante (REb) per poi risalirvi dalla tonica SIb, passando per la sopratonica DO. Quindi: REb/SIb-DO-REb. La seconda parte della fanfara inizia una terza sopra ed è armonizzata per quinte, ottave e terze, partendo dalla dominante FA, per poi ripetere il percorso della prima parte. Quindi: FA/SIb-DO-REb (in rosso gli interventi di Mahler):
Viceversa, la versione originale di Schumann percorreva la melodia esattamente una terza sotto, partendo dalla tonica: SIb/SOL-LA-SIb, poi REb/SIb-DO-REb. Ebbene, Schumann ascoltandola alle prove (dirette da Mendelssohn con gli strumenti senza valvole) si accorse che il SOL e il LA della prima parte uscivano malissimo. E così il Direttore suggerì all’Autore l’idea di innalzare di una terza quelle note.
Ascoltiamo
le due versioni: dapprima quella pubblicata (Bernstein, 11”-22” e
23”-35”) e poi quella originale (Chailly,
2”-9” e 10”-18”). Non
facciamo caso all’agogica, che è affare dei Direttori, ma la differenza è
lampante! Da un punto di vista estetico (ma qui
parlo per me) aveva ragione il primo Schumann, che prevedeva una perfetta
simmetria fra le due sezioni (percorso tonica-tonica e poi mediante-mediante);
simmetria che viene a mancare nella versione pubblicata (mediante-mediante e
poi dominante-dominante-mediante) per riallinearsi in vista del
passaggio a RE minore, dove Mahler potenzia assai le trombe (si confronti Bernstein,
37”-43” e Chailly, 20”-24”) per poi modificare anche il rullo di timpano (dominante LA al
posto della mediante FA di Schumann).
Altri interventi di Mahler riguardano il potenziamento del suono (ad esempio i violini all’inizio del secondo movimento) o la sottrazione di suono (tipicamente degli ottoni) quando rischia di coprire altri strumenti (tipo i fagotti). Interventi sulle dinamiche sono infine percepibili nello Scherzo e poi nel Finale, con crescendi e diminuendi del tutto assenti in Schumann (ma questi sono interventi simili a quelli che molti Direttori fanno comunque nell’interpretare il testo scritto).
Quanto
alla Seconda Sinfonia, abbiamo sempre piccoli o piccolissimi interventi
di Mahler volti ora a mattere in evidenza, ora a dare meno peso a qualche
strumento, per aumentare (secondo lui…) la chiarezza dell’esposizione dei temi.
Un esempio lo troviamo precisamente all’inizio della Sinfonia: Schumann lo
affida alle due trombe accompagnate dai due corni e da un trombone: in questa esecuzione
di Herreweghe si
vedono bene (fino a 35”) i due corni… Mahler cancella (qui Chailly,
fino a 37”) i corni e il trombone, lasciando soltanto le due trombe in primo
piano.
James Feddeck (lo vedevo-sentivo per la prima volta…) mi ha fatto un’ottima impressione: a partire dalla misura e parsimonia della sua lettura, mai prendendosi gratuite libertà; gesto sobrio e senza inutili gigionerie, quindi molto efficace (mi ha ricordato il suo connazionale Trevino, che vedremo sabato prossimo, impegnato con la Quinta mahleriana); e infine grande empatia con gli orchestrali, a testimonianza di un rapporto ormai solido e di una comunità di intenti fra podio e Musikanten.
Bella serata davvero, anche dal punto di vista meteorologico, dopo i disastri della scorsa notte!
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