intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

29 ottobre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Mahler-Festival#5

Dopo tre ospitate ad altrettante Orchestre italiane, è tornata sul palco - insieme al Direttore Emerito Claus Peter Flor - la padrona di casa in un Auditorium ancora pieno come un uovo a dimostrazione del successo che il Festival sta riscuotendo, in particolare fra i giovani, numerosi anche oggi in sala.

In programma c’era oggi la colossale, smisurata Terza Sinfonia, che ci porta, come scriveva il compositore nelle note esplicative (poi ritirate), dalla Terra al Cielo, o anche per-aspera-ad-astra, o ancora, volgarmente, dalle-stalle-alle-stelle! Un programma non diverso da quello individuabile in altre Sinfonie mahleriane, a partire dalla Seconda (dalla-morte-alla-resurrezione). Ma in senso lato presente anche nella Quinta Sinfonia: due movimenti iniziali apparentati dal carattere funebre seguiti da uno di natura giocosa e da un altro di tono lirico prima del finale in gloria. E pure la Settima pare ispirata a questo schema: due tempi estremi, il primo cupo, l’ultimo trionfalistico ed esilarante, inframmezzati da due serenate e da uno spettrale scherzo.

Ma in realtà in termini di struttura musicale dell’opera, parrebbe l’invenzione dell’acqua calda, poiché la Sinfonia stessa, come genere musicale, si andò strutturando così fin da Haydn, come minimo: quattro movimenti, di cui i due esterni più robusti (in Allegro, tipicamente) e i due interni più contemplativi (Andante) e leggeri (Minuetto o poi Scherzo).

La novità di Mahler (in buona parte mutuata dal suo idolatrato – e riorchestrato – Schumann) risiede principalmente nell’abbandonare il principio (Hanslick-iano, potremmo definirlo) di costruzione dell’edificio sinfonico con materiale musicale puro per impiegare invece una tecnica tipicamente teatrale (incluso quel teatro in miniatura che è il Lied…) Approccio non poi troppo diverso da quello di Ciajkovski, ma portato da Mahler alle estreme conseguenze.

Ecco allora che le Sinfonie di Mahler assurgono nientemeno che ad interpretazioni dell'intero mondo, dove troviamo esplicitata in suoni e secondo la visione dell'Autore ogni possibile problematica legata all'esistenza e ai suoi misteri. 
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L’esecuzione odierna non ha mancato l’obiettivo, grazie alla rigorosità che Flor ha impiegato nella sua direzione, che nulla ha trascurato e nulla ha stravolto: dal poderoso attacco degli otto corni (in palcoscenico erano nove…) capitanati dalla coppia Ceccarelli-Amatulli; alle leziosità del Minuetto, con Santaniello protagonista; al mirabile assolo della cornetta-da-postiglione di Alessandro Rosi (dislocato come richiede Mahler fuori dal palco, ma uscito alla fine a raccogliere meritatissimi applausi) alla corposa e calda voce di Anke Vendung in Nietzsche e poi nel Wunderhorn insieme alle piccole di Maria Teresa Tramontin e alle ragazze di Massimo Fiocchi Malaspina; per finire con l’apoteosi del tema beethovenian-parsifaliano che ci ha accompagnato verso il trascendente.

Grandissima emozione, sfociata in lunghi, liberatori applausi e ovazioni per tutti.

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