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26 ottobre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Mahler-Festival#2


Attesissimo e graditissimo ritorno sul podio di colui che per un intero lustro (2000-2005) guidò l’Orchestra milanese: Riccardo Chailly, che però si è portato dietro la Filarmonica scaligera per eseguire la Prima Sinfonia, in un programma già presentato a Ferrara proprio domenica scorsa e che sarà replicato domenica prossima a Rimini (come si vede, la Romagna si fa un baffo delle alluvioni e dei criminali ritardi del Governo!)

L’antipasto della serata è un’opera che forse non è nemmeno (tutta farina del sacco) di Mahler: un Preludio Sinfonico di contestata attribuzione, e del quale molti esperti tendono ad assegnare la paternità ad un compositore che il Mahler 16enne per la verità idolatrava. Parliamo di Anton Bruckner, del quale Mahler era tifoso al punto da trascriverne per pianoforte la sterminata Terza Sinfonia proprio mentre la stessa faceva una fine invereconda alla prima esecuzione.

Il brano in questione è stato suonato nell’arrangiamento/ricostruzione di Albrecht Gūrsching. Sono poco più di sei minuti di musica accattivante, piuttosto arcigna (DO minore!) ma tutto sommato godibile che forse, chissà, ci racconta qualcosa sui primi vagiti di Mahler. 

Ma il piatto forte era Il Titano, pretenzioso sottotitolo che Mahler affibbiò a quello che lui stesso definì poema sinfonico, ispirato appunto al romanzo di Jean Paul. Che alla prima di Budapest fece la stessa fine – un autentico disastro, con tumulti di folla inferocita - della Terza di Bruckner a Vienna! Ma il nostro, nonché ritirarsi in buon ordine e chiedere scusa, rilanciò alla grande, cassando un ingiudicabile movimento con trombetta obbligata (Blumine) ed elevando il suo pretenzioso poema sinfonico nientemeno che al rango di Sinfonia in quattro movimenti!

Beh, oggi possiamo tranquillamente sostenere che i progenitori del buzzurro Orban di musica non capissero proprio nulla… o per caso non siamo noi di bocca troppo buona, ormai assuefatta a tutto?

Sia come sia, l’esecuzione è stata, ma proprio a dir nulla, stre-pi-to-sa! Ovviamente a partire dall’interpretazione di Chailly, che ha letteralmente cesellato, ma proprio una-per-una, le 1707 (+ ritornelli) battute della partitura, cavandone ogni recondito segreto.

Va da sé che poi sono gli strumentisti a suonare, e ieri (credo complice l’acustica della sala, meno dispersiva di quella dell’enorme bomboniera del Piermarini) davvero hanno fatto giungere alle nostre orecchie suoni di purezza e trasparenza assoluta (archi), Naturlaute come immagino li intendesse Mahler (legni) e abbaglianti luminosità (ottoni), il tutto supportato alla grande (ove richiesto) da arpa e percussioni.

Insomma, anche chi ascoltava quest’opera per la 176ma volta alla fine ha dato in escandescenze, tributando a tutti interminabili ovazioni da stadio.

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