Buon Natale ...coreano!
In doveroso ringraziamento al maestro Chung per i 90 minuti di musica che ci ha offerto ieri sera alla Scala, con i Trepper Symphoniker e l’inossidabile coro del maestro Casoni, oltre ai volonterosi solisti.
Intanto un commento al contenuto del programma, definito “natalizio”, come da circostanza: il Vesperae de Confessore ci stava, confessiamolo subito. Ma la quarta di Mahler, può essere definita “natalizia” solo da qualcuno (e mi rifiuto di pensare sia Chung, come insinua la locandina web) che ha scambiato il “Das himmlische Leben” per un mottetto serioso, oppure pensa che i sonagli del 1° e del 4° movimento rappresentino Santa Klaus che arriva con renne e sacchi di regali. Adorno ne ha scritto cinicamente, ma lucidamente, come di un campanello birbone, mettendo in bocca a Mahler un: “Nulla di ciò che state ascoltando è vero”. (Quindi: a natale ogni scherzo vale?)
Ciò detto, lasciamo perdere per ora le ricorrenze e raccontiamo qualcosa su una serata che ha un pochino risollevato il traballante prestigio di un’orchestra che spesso - negli ultimi tempi - ha lasciato non poco a desiderare.
Il K339 di Mozart meriterebbe più pubblicità ed esecuzioni. È il regalo d’addio di Wolfgang alla Salzburg del 1780, e a quell’insopportabile (per lui) e possessivo Hieronymus von Colloredo. Una serie di 6 cammei (meno di 5 minuti cadauno) dove si (più che) intravede ciò che sta per arrivare. Chung si affida al coro, che è una sicurezza, tenendo l’orchestra sempre al guinzaglio. I solisti, che del resto hanno parti relativamente modeste, salvo qualche contrappunto più o meno severo (Confitebor) danno semplicemente man forte a Casoni (che neanche ne avrebbe bisogno). Eccezione fa Kate Royal, che ha tutta la prima parte del n°5 sulle spalle, e qualche altro intervento fugace (Beatus Vir e Magnificat) per mettersi in mostra, in attesa di... Mahler. Esecuzione comunque da teatrone, robusta, molto diversa da altre - anche incise - più raccolte e baroccheggianti, con vocine sottili, ed emissioni di testa.
Poi, la quarta mahleriana. Altro che Natale, qui è tutta una Parodie: dall’incipit haydn-schubertiano, all’anticipando (la quinta) dei funebri squilli di trombetta, al violino da strada, dis-cordato un tono sopra, che Mahler stesso, in una nota poi espunta, chiamava “l’amico Hein” cioè la morte, nientemeno! E poi il terzo movimento, che contiene un’esplicita citazione di Verdi che poi comparirà nei Kindertotenlieder, altro che Natale! Per tacere dei cupi intermezzi in MI minore del finale. Certo, tutto poi finisce col plateale e scolastico MI maggiore - canonica tonalità di pace, tranquillità ed estasi - sotto la bacchetta autorevole di Santa Cecilia: solo che questo miele celeste, troppo dolciastro, se preso sul serio rischierebbe di essere stomachevole... Non per nulla, il tutto viene dal Wunderhorn, una raccolta di stornelli, poesiacce da strada, canti disperati di gente dall’esistenza subumana, inferni terreni e paradisi posticci (proprio alla lavazza) dove si divertono insieme, precursori dei nostri bonolis-laurenti, il pescatore volante San Pietro ed Erode, il macellaio. Il Sant’Uffizio aveva al tempo cose più importanti di cui occuparsi, altrimenti Arnim e Brentano se la sarebbero vista brutta, a pubblicare cose come “Der Himmel hängt voll Geigen“.
Chung, con Adorno, sembra capire tutta la sincera ipocrisia che ci sta sotto, e pare volercela spiegare, sia nell’impostazione generale dell’interpretazione, sempre contenuta e di profilo basso (tranne le - famose - irruzioni) ed anche nei particolari, battuta per battuta, semplicemente applicando nel modo più stretto le notazioni dell’autore (che di motivi per essere ottimista su natura, dio, paradiso, felicità... ne aveva invero pochini; e non parliamo poi di Gesù bambino!) Il terzo movimento ne è stato esempio lampante, con tutti quei tranquillo, cantabile, con espressione crescente, morendo, espressivo, poco crescendo, ritardando, dolente, cantando, scorrevole, appassionato, che compaiono nelle sole prime due sezioni (106 delle 353 battute) e che Chung ha sottolineato con quasi pedante fedeltà. Così come ha fatto poi sparare tutte le cartucce disponibili nel Vorwärts della coda (che anticipa il MI maggiore dell’epilogo) durante il quale la Royal ha potuto fare il suo slalom fra i leggìi, per prendere posizione, senza tema di disturbare il suono.
Così ne è uscita una quarta asciutta, quasi antipatica... vera, in sostanza. E quindi, caso mai - in Italia - più adatta al 2 Novembre.
L’orchestra si è ben portata, con i soliti alti e bassi dei corni (che poi qui è quasi sempre uno solo, anche se per i tutti ce n’erano 5, invece dei 4 previsti in partitura): passaggi puliti e davvero mahleriani, alternati a inciampi e sbavature evidenti. Accoglienza festosa e lunga alla fine, con applauditi speciali i legni e strumentini (oboe su tutti, davvero perfetto) e - meritatamente, data la parte di spicco - l’arpa. E poi i due primi violini, impeccabili soprattutto nell’ostico secondo tempo.
Una menzione la faccio personalmente all’addetto ai sonagli: per suonarli gli basta dare qualche pugnetto dall’alto in basso all’altro pugno che “impugna” il bizzarro strumento - una cosa a metà fra un ananas e un grappolone di datteri. Molta più fatica la deve fare a riporre lo strumento con somma cautela - un’arte davvero! - onde evitare che emetta suoni a sproposito.
La Royal ha una voce ben impostata, ma poco udibile nel registro basso. Nel lied ha sparato/gridato un pò troppo un paio di SOL, ma in complesso se l’è ben cavata. Questione di gusti: a qualcuno qui magari piace di più una vocina leggera, che si addica allo scenario da paradiso infantile (anni fa Bernstein fece cantare questa parte, proprio alla Scala, da un ragazzino, con esiti interessanti).
Insomma: nonostante tutto va bene così. Perchè - visto che siamo in tema di parodie - poteva andare anche così... oppure così (questo qui però non presentatelo al maestro Chung, mi raccomando!) per cui...
In doveroso ringraziamento al maestro Chung per i 90 minuti di musica che ci ha offerto ieri sera alla Scala, con i Trepper Symphoniker e l’inossidabile coro del maestro Casoni, oltre ai volonterosi solisti.
Intanto un commento al contenuto del programma, definito “natalizio”, come da circostanza: il Vesperae de Confessore ci stava, confessiamolo subito. Ma la quarta di Mahler, può essere definita “natalizia” solo da qualcuno (e mi rifiuto di pensare sia Chung, come insinua la locandina web) che ha scambiato il “Das himmlische Leben” per un mottetto serioso, oppure pensa che i sonagli del 1° e del 4° movimento rappresentino Santa Klaus che arriva con renne e sacchi di regali. Adorno ne ha scritto cinicamente, ma lucidamente, come di un campanello birbone, mettendo in bocca a Mahler un: “Nulla di ciò che state ascoltando è vero”. (Quindi: a natale ogni scherzo vale?)
Ciò detto, lasciamo perdere per ora le ricorrenze e raccontiamo qualcosa su una serata che ha un pochino risollevato il traballante prestigio di un’orchestra che spesso - negli ultimi tempi - ha lasciato non poco a desiderare.
Il K339 di Mozart meriterebbe più pubblicità ed esecuzioni. È il regalo d’addio di Wolfgang alla Salzburg del 1780, e a quell’insopportabile (per lui) e possessivo Hieronymus von Colloredo. Una serie di 6 cammei (meno di 5 minuti cadauno) dove si (più che) intravede ciò che sta per arrivare. Chung si affida al coro, che è una sicurezza, tenendo l’orchestra sempre al guinzaglio. I solisti, che del resto hanno parti relativamente modeste, salvo qualche contrappunto più o meno severo (Confitebor) danno semplicemente man forte a Casoni (che neanche ne avrebbe bisogno). Eccezione fa Kate Royal, che ha tutta la prima parte del n°5 sulle spalle, e qualche altro intervento fugace (Beatus Vir e Magnificat) per mettersi in mostra, in attesa di... Mahler. Esecuzione comunque da teatrone, robusta, molto diversa da altre - anche incise - più raccolte e baroccheggianti, con vocine sottili, ed emissioni di testa.
Poi, la quarta mahleriana. Altro che Natale, qui è tutta una Parodie: dall’incipit haydn-schubertiano, all’anticipando (la quinta) dei funebri squilli di trombetta, al violino da strada, dis-cordato un tono sopra, che Mahler stesso, in una nota poi espunta, chiamava “l’amico Hein” cioè la morte, nientemeno! E poi il terzo movimento, che contiene un’esplicita citazione di Verdi che poi comparirà nei Kindertotenlieder, altro che Natale! Per tacere dei cupi intermezzi in MI minore del finale. Certo, tutto poi finisce col plateale e scolastico MI maggiore - canonica tonalità di pace, tranquillità ed estasi - sotto la bacchetta autorevole di Santa Cecilia: solo che questo miele celeste, troppo dolciastro, se preso sul serio rischierebbe di essere stomachevole... Non per nulla, il tutto viene dal Wunderhorn, una raccolta di stornelli, poesiacce da strada, canti disperati di gente dall’esistenza subumana, inferni terreni e paradisi posticci (proprio alla lavazza) dove si divertono insieme, precursori dei nostri bonolis-laurenti, il pescatore volante San Pietro ed Erode, il macellaio. Il Sant’Uffizio aveva al tempo cose più importanti di cui occuparsi, altrimenti Arnim e Brentano se la sarebbero vista brutta, a pubblicare cose come “Der Himmel hängt voll Geigen“.
Chung, con Adorno, sembra capire tutta la sincera ipocrisia che ci sta sotto, e pare volercela spiegare, sia nell’impostazione generale dell’interpretazione, sempre contenuta e di profilo basso (tranne le - famose - irruzioni) ed anche nei particolari, battuta per battuta, semplicemente applicando nel modo più stretto le notazioni dell’autore (che di motivi per essere ottimista su natura, dio, paradiso, felicità... ne aveva invero pochini; e non parliamo poi di Gesù bambino!) Il terzo movimento ne è stato esempio lampante, con tutti quei tranquillo, cantabile, con espressione crescente, morendo, espressivo, poco crescendo, ritardando, dolente, cantando, scorrevole, appassionato, che compaiono nelle sole prime due sezioni (106 delle 353 battute) e che Chung ha sottolineato con quasi pedante fedeltà. Così come ha fatto poi sparare tutte le cartucce disponibili nel Vorwärts della coda (che anticipa il MI maggiore dell’epilogo) durante il quale la Royal ha potuto fare il suo slalom fra i leggìi, per prendere posizione, senza tema di disturbare il suono.
Così ne è uscita una quarta asciutta, quasi antipatica... vera, in sostanza. E quindi, caso mai - in Italia - più adatta al 2 Novembre.
L’orchestra si è ben portata, con i soliti alti e bassi dei corni (che poi qui è quasi sempre uno solo, anche se per i tutti ce n’erano 5, invece dei 4 previsti in partitura): passaggi puliti e davvero mahleriani, alternati a inciampi e sbavature evidenti. Accoglienza festosa e lunga alla fine, con applauditi speciali i legni e strumentini (oboe su tutti, davvero perfetto) e - meritatamente, data la parte di spicco - l’arpa. E poi i due primi violini, impeccabili soprattutto nell’ostico secondo tempo.
Una menzione la faccio personalmente all’addetto ai sonagli: per suonarli gli basta dare qualche pugnetto dall’alto in basso all’altro pugno che “impugna” il bizzarro strumento - una cosa a metà fra un ananas e un grappolone di datteri. Molta più fatica la deve fare a riporre lo strumento con somma cautela - un’arte davvero! - onde evitare che emetta suoni a sproposito.
La Royal ha una voce ben impostata, ma poco udibile nel registro basso. Nel lied ha sparato/gridato un pò troppo un paio di SOL, ma in complesso se l’è ben cavata. Questione di gusti: a qualcuno qui magari piace di più una vocina leggera, che si addica allo scenario da paradiso infantile (anni fa Bernstein fece cantare questa parte, proprio alla Scala, da un ragazzino, con esiti interessanti).
Insomma: nonostante tutto va bene così. Perchè - visto che siamo in tema di parodie - poteva andare anche così... oppure così (questo qui però non presentatelo al maestro Chung, mi raccomando!) per cui...
...buon Natale!
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2 commenti:
Daland,auguri e complimenti per il tuo umorismo:Trepper Symphoniker é geniale.Comunque sicuramente meglio Chung di Daniel Cats,che due anni fa qui a Stoccarda ci ha parecchio annoiato con la Quarta di Mahler...
Sono d'accordo con Daland a proposito dell'esecuzione mozartiana, osservando però che il Laudate Dominum, penultimo brano, è stato eseguito con leggerezza e cantabilità meravigliose. Va detto anche che Chung ha scelto un organico orchestrale molto leggero, mentre il coro al gran completo ha avuto un ruolo da protagonista giustamente applaudito.
Nella IV di Mahler secondo me la seconda parte è riuscita meglio della prima. Ad esempio. i pianissimi degli archi, soprattutto nel terzo movimento, e la minore invadenza degli ottoni hanno reso affascinante la lettura di Chung, che ho trovato assolutamente appropriata, senza sbavature dolciastre e "natalizie". Il soprano a me è parso di buona levatura e cantava Mozart con tre allievi dell'Accademia della Scala. E' giovane e dalla sua voce possiamo aspettarci importanti progressi. I nostalgici dei "sopranini" forse dimenticano che una Quarta assolutamente sublime fu quella dell'addio di Bruno Walter ai Wiener, e il soprano era tale Schwarzkopf, che proprio sopranino non era (naturalmente "si licet parva...").
Buon Natale a tutti.
P.S. Venenum in cauda: ieri sera hanno eseguito il concerto l'Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala: biglietto di ingresso Euro 10. Quando il 9 febbraio Chung dirigerà la Filarmonica della Scala in Mendelssohn e Cajkovskij l'ingresso costerà 5 euro. Cos'è, un altro sberleffo del Gran Teatro alla sua un tempo prediletta creatura, dopo lo scherzo del 3 novembre? I Filarmonici non si sentiranno sminuiti da questa penalizzazione del marketing scaligero? Coi tempi che corrono 700 euro in più (140x5) evidentemente fanno gola anche alla Scala. Che tristezza antinatalizia!
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