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08 marzo, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.19 – Claus Peter Flor

Dopo Xian Zhang, ecco il secondo Direttore Emerito dell’Orchestra Sinfonica di Milano fare la sua rimpatriata per proporci un concerto che accosta il maturo, ma ancora arzillo, Haydn londinese, al giovin di belle speranze DvořákPubblico… ehm… selezionato, ecco

Del capostipite riconosciuto della prima scuola di Vienna ascoltiamo una delle Sinfonie composte in terra albionica, catalogata come Hoboken 101 e nota come La Pendola, per il tipico ritmo da orologio che ne caratterizza l’Andante. [Qui una mia sommaria presentazione della Sinfonia.]

Flor ne aveva diretto la precedente apparizione qui in Auditorium nel luglio 2021, appena usciti dal Covid. E anche ieri, come allora, il quartetto delle prime parti degli archi è stato il protagonista dell’esecuzione. E Dellingshausen in particolare, avendo suonato da solista i diversi ritorni del tema della Pendola… Ma gli applausi sono andati poi a tutti i membri dell’orchestra, opportunamente smagrita per creare proprio l’atmosfera tutta settecentesca del brano.  

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La Quinta Sinfonia di Antonin Dvořák fu originariamente pubblicata dall’editore Simrock nel 1888 come Terza (dopo la 6 op. 60 e la 7 op.70) e con un numero d’opera (76) assai alto, per farla passare come fosse una primizia, mentre l’opera giaceva nei cassetti di Dvořàk da più di 13 anni ed era già stata anche eseguita a Praga quasi 10 anni prima!

La poca chiarezza sulla numerazione delle sinfonie del boemo fu anche colpa dell’autore medesimo, che trattava così maldestramente le sue composizioni da perderle per strada (come accadde alla prima sinfonia, il cui manoscritto, inviato ad un concorso, non gli fu mai restituito) o da vederle confiscate dal rilegatore (la seconda) che Dvořàk non aveva i soldi per pagare (!) Così per anni e anni circolarono solo alcune delle nove sinfonie, nell’ordine la 6-7-5-8-9 che erano numerate da 1 a 5. Si sospetta che Dvořàk giocasse anche un po’ con la cabala, inventando trucchi pur di non arrivare al fatidico nove

Questa Sinfonia era stata eseguita qui in Auditorium soltanto una volta, nel gennaio-febbraio 2013, all’interno di quello che avrebbe dovuto configurarsi come il ciclo completo – spalmato su tre stagioni - delle nove sinfonie dirette dal venerabile Aldo Ceccato. Il quale, forte della sua personale, lunga esperienza fatta in terra boema (come Direttore Artistico a Brno) aveva pensato di andare a ritroso, partendo dall’ultima (il Nuovo Mondo, ottobre 2011) per poi risalire fino alla prima (Le campane di Zlonice). [Di fatto il cammino si interruppe a ottobre 2013 con l’esecuzione della Terza…]

Ecco una mia presentazione dell’opera, scritta proprio in occasione della precedente esecuzione di Ceccato.

Flor ne ha dato un’interpretazione vibrante, impiegando modica ma sapiente quantità di rubato nel movimento iniziale, esaltando il carattere intimistico dell’Andante senza peraltro farne un pezzo decadente; trascinante lo Scherzo, dai tratti schubertiani e bruckneriani; travolgente poi il finale, con il suo tema spiritato e i poderosi, teatrali interventi dei corni.

Insomma, essendo difficile, anzi impossibile per chiunque, trasformare un’opera dignitosa in un capolavoro assoluto, dobbiamo ringraziare Flor e i ragazzi di avercela fatta digerire senza bisogno di… alkaselzer. Più che doverosi e meritati quindi gli applausi e le ovazioni di cui il pubblico li ha gratificati.


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