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02 giugno, 2023

A 122 anni suonati Rusalka emerge alla Scala

Della serie: non è mai troppo tardi, ecco in arrivo alla Scala Rusalka di Antonín Dvořák, opera nata all’inizio dello scorso secolo (la prima ebbe luogo a Praga, domenica 31 marzo, 1901).

Rusalka è una delle rappresentanti di creature femminili semi- o ultra- o para-umane: arriva da noi in coda ad una lunga dinastia che – per non retrocedere fino all’antica Grecia - pare iniziare in Europa con la medievale Melusine (quella che musicherà Mendelssohn…) alla quale si ispirarono poi, nella prima metà dell’800, la Undine di De la Motte e Den lille Havfrue (la Sirenetta) di Andersen.

Ma anche le Figlie del Reno di wagneriana memoria discendono da lì (le loro evoluzioni nel Rheingold sono musicalmente parenti di quelle di Mendelssohn). E a proposito di Reno, che dire poi della Loreley messa in musica da Catalani.

Dietro a tutte le storie di questa lunga serie ovviamente si nascondono (più o meno) simbolismi di varie fatte, e Rusalka non ne è certo sfornita. Nel libretto di Jaroslav Kvapil troviamo due mondi che sembrano inconciliabili (e qui l’odierno assetto del nostro Pianeta e i problemi e contrasti che vi nascono possono essere impiegati dal regista per dare attualizzazione al soggetto): quello della Natura incontaminata (boschi, laghi e creature che li abitano) e quello della società umana, i cui rappresentanti portano valori quasi esclusivamente negativi. Più il personaggio di Ježibaba, la strega, un rifiuto della società da cui vive separata e temuta. Al di sopra, lontana ma sempre presente, la luna, che esercita sotto varie forme la sua perenne attrazione.

Dvořák impiega i collaudati strumenti del tardo-romanticismo per evidenziare – alle nostre orecchie – i due mondi che si contrappongono: melodie sognanti ed elegiache per la Natura, musica secolare e melodrammatica quella del mondo degli umani. 

I personaggi principali sono cinque: oltre alla protagonista Rusalka (indecifrabile creatura acquatica) abbiamo Vodník, che come lascia intuire la radice del nome (Voda=Acqua) è il Signore delle acque, nonché genitore (qualunque cosa significhi, nella fattispecie) di Rusalka e custode della purezza di ciò che vive nelle liquide profondità (Traulich und treu ist's nur in der Tiefe, cantano le wagneriane abitatrici del Reno); poi il Principe, classico esempio di figlio-di-papà, viziato, incostante e inconsistente, che trascinerà Rusalka alla perdizione, perdendo se stesso; quindi la Principessa straniera, che impersona la superbia e la presunzione di una che pensa che tutto le sia dovuto; e infine la strega Ježibaba, onnipotente nell’esaudire i desideri più improbabili, quanto nel porre ai beneficiari micidiali e quasi impossibili condizioni da rispettare, pena la totale perdizione.

Attorno a loro si muovono poi ninfe abitatrici del bosco, le sorelle di Rusalka e caratteri umani più o meno prosaici, se non insignificanti (invitati alla festa, cacciatore, guardia forestale e sguattero). 

Prima di passare ad una sommaria esegesi, ecco i riferimenti ad esecuzioni integrali rintracciabili in web:

1961: Chalabala-Šubrtová, Teatro Nazionale Praga (solo audio)

1986: Elder-Hannan, English National Opera

1996: Belohavek-Jenisova, Teatro Nazionale Praga 

2002: Conlon-Fleming, Opéra National de Paris

2008: WelserMöst-Nylund, Cleveland

2011: Anguélov-Strid, Teatro de Bellas Artes, Mexico

2017: Elder-Opolais, MET (solo audio)

2019: Ticciati-Matthews, Glyndebourne
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Il breve Preludio inizia in DO minore, con una veloce figurazione dei celli, sostenuti dai timpani, che introduce un languido motivo di violini e legni (motivo che, portato in modo maggiore, riudiremo più di una volta nel seguito, soprattutto associato a Rusalka):
Anche qui la tonalità vira presto al MIb maggiore che evoca tradizionalmente la Natura, con i corni che classicamente rappresentano le voci del bosco. Verso la conclusione fa la sua comparsa una figura di 4 note cromaticamente ascendenti, nei legni, che capiremo evocare l’acqua e il suo Signore:

Il primo dei tre atti dell’opera (di struttura tripartita, pur senza soluzione di continuità) si apre con una scenetta che ricorda l’inizio del Rheingold, ma totalmente depurata di ogni carattere drammatico: mentre la luna riflette la sua luce sulla superficie del lago, ecco le (tre!) ninfe del bosco esibirsi in canti e balli (Zvědavě se hloubku dívá, LA maggiore):

Incuriosito, ecco Vodník emergere con il busto dall’acqua e cercare, con modi bonari e goffe movenze, di acchiappare ora l’una ora l’altra delle ninfe che gli sfuggono divertite, dopo averlo innocentemente adescato.

Un lungo arpeggio ci annuncia la presenza di Rusalka, che è fuori dall’acqua (e questo è già indice della sua attitudine ribelle) e confessa al padre (in orchestra si ode il languido tema di apertura del Preludio) il suo desiderio di abbandonare il suo habitat naturale per assumere fattezze umane e soprattutto avere un’anima, che gli umani conservano anche dopo la morte, nell’aldilà. Vodník ne è colpito, avverte la figlia che avere un’anima è un peccato (filosofia di Anassimandro…) 

Lei ora fa la sua confessione (Sem často přichází, in FA maggiore):

Racconta di provare amore per un essere umano (il Principe che lei vede – e… avvolge - ogni giorno, quando lui si bagna nel lago) al che il padre si dispera per l’imminente perdita di una figlia, ma allo stesso tempo non si oppone alla sua volontà, anzi è lui stesso a suggerire a Rusalka di rivolgersi alla strega perché la aiuti ad esaudire il suo desiderio.

Měsíčku ne nebi hlubokém, l’aria (o romanza, o ballata, o canzone, come la si voglia definire, in SOLb maggiore, 3/8) più famosa dell’opera è la preghiera che Rusalka rivolge al chiaro di luna, implorando di poter essere vista e amata dal Principe:

Al termine delle due strofe fa capolino la figurazione cromatica udita nel Preludio, a ricordarci che è l’acqua che alla fine si riprenderà la sfortunata ondina.

Che adesso, mentre il padre ancora si dispera, chiama la strega, che appare sulla soglia della sua stamberga. In questa seconda parte dell’atto facciamo la conoscenza di Ježibaba, che rappresenta più o meno l’anello di congiunzione fra il naturale e il soprannaturale: lei è umana ma conosce segreti ignoti agli umani e sfrutta queste conoscenze per accontentare (e ricattare!) chiunque le si rivolga per ottenere da lei ciò che non può procurarsi con le proprie capacità.

Rusalka, preceduta dal motivo di apertura del preludio, le spiega la sua condizione, il suo insopprimibile desiderio e la fiducia che lei nutre nei suoi poteri magici (Staletá moudrost tvá všechno ví, FA# minore e relativa LA maggiore):

Ma anche per Rusalka – che pure umana non è, ma chiede di diventarlo - non fa eccezioni o favoritismi: se proprio ci tiene, potrà diventare umana e soddisfare così quei desideri (anima e/o eros?) che le sono negati dalla sua condizione. Ma, attenzione, in cambio dovrà accettare clausole contrattuali assai pesanti: oltre a cedere alla strega il suo abito di ondina (un sistema che Ježibaba evidentemente impiega per arricchire il suo patrimonio di conoscenze e prerogative) Rusalka dovrà rassegnarsi a perdere la sua voce (curiosa assurdità: un essere acquatico che non dovrebbe proprio averla per natura!) ma soprattutto ad essere punita con il ritorno alle liquide profondità nel caso in cui la sua storia d’amore finisca male; e finirebbe male anche per il suo innamorato, destinato a morte certa! 

Rusalka si dice pronta a tutto, così la strega prepara la sua infernale pozione (Čury mury fuk, SI minore) elencandone i magici ingredienti:

Poi ingiunge all'ondina di bersi d’un sol fiato tutta la brodaglia, mentre dalle profondità del lago salgono i lamenti di Vodnik per la perdita della figlia…

Eccoci quindi alla terza e conclusiva sezione dell’Atto I: è ormai mattino ed arrivano i cacciatori (uno canta anche pochi versi, in due riprese) che precedono il loro Principe. Il quale, già in preda a suggestioni fiabesche, li congeda per rimanere da solo ad aspettare… Rusalka, che guarda caso in quel momento esce – ormai umanizzata, ma pure muta – dalla dimora della strega. L’innamoramento è ovviamente a prima vista, ma ad una sola voce (Vidino divná, přesladká, in RE maggiore) preceduta dal dolce motivo che aveva aperto il Preludio: 

È una classica aria da tenore lirico ma, come per l’aria alla luna di Rusalka, anche qui, fra le due strofe, si fa risentire il motivo acquatico, freddo presentimento per ciò che accadrà nel seguito. Mentre le sorelle si chiedono addolorate dove se ne andrà e il padre risponde che vagherà per monti, prati e valli, la muta Rusalka è accompagnata verso il castello dal Principe, che chiude l’atto con un’ultima aria (Vím že jsi kouzlo, in LAb maggiore) che riprende anche un passaggio del Preludio:

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L’Atto secondo comprende quattro sezioni, separate da un ballo. Siamo nei pressi del castello del Principe e la guardia forestale si intrattiene con un giovane sguattero che lo ragguaglia di ciò che sta per accadere quella sera: il Principe dà una festa per annunciare il suo matrimonio con una creatura misteriosa, di cui si è innamorato. Questo gradevole siparietto – dove fa capolino una citazione, forse non involontaria dato il contesto, del Finale della Renana - dà modo a baritono e soprano-en-travesti di godere di uno dei due momenti di gloria a loro riservati.

La seconda scena ci porta dentro al castello, dove troviamo il Principe che cerca di riscaldare la fredda e muta Rusalka. Mirabile l’introduzione orchestrale alla sua aria in LAb maggiore (Již týden dliš mi poboku):

E questa lunga aria la riprende e la amplia:

Il Principe manifesta con passione e trasporto il suo stato d’animo combattuto fra il desiderio di Rusalka e le perplessità sollevate dal comportamento della giovane, sempre muta e apparentemente fredda. Si lamenta di non poter penetrare i suoi segreti e si domanda se il matrimonio porterà loro la completa felicità…  

Arriva la Principessa straniera, furiosa alla vista del Principe con Rusalka: dapprima sovrappone le sue imprecazioni all’ultima implorazione del Principe all'ondina, poi si intromette sfacciatamente fra i due, accusando il Principe di inosservanza dei suoi doveri. E il Principe mostra tutta l’inconsistenza e l’incostanza dei suoi sentimenti con un’esternazione in LA minore (Leč oči její říci zapomněly):

…con la quale si scusa con la trionfante Principessa per poi, dopo aver ingiunto a Rusalka di ritirarsi, cominciare addirittura a corteggiarla!   

Un delizioso interludio orchestrale, che riprende il motivo di apertura del Preludio, sottolinea la tristezza di Rusalka, ormai rassegnata a perdere il Principe, che vede allontanarsi al braccio della nuova arrivata. La luna torna ad affacciarsi, mentre si odono la prime note della festa danzante che sta per cominciare.

Dato l’ambiente, la festa non può aprirsi che con una polacca in MIb maggiore (in effetti richiama vagamente quella ciajkovskiana dell’Onegin):

La musica della danza ha una struttura a Rondo: Polacca – Prima danza – Polacca – Seconda danza – Polacca – Coda, con le due danze che tendenzialmente modulano alla sottodominante LAb maggiore.

Ma improvvisamente (preceduto dal motivo cromatico dell’acqua) appare Vodnik, arrivando dal lago, che ancora non si dà pace per la sorte della figlia, di cui intuisce il dramma. E lo fa con un’accorata aria bipartita (Celý svět nedá ti, nedá) che principia in MI minore per poi sfociare in una stupefacente coda in REb maggiore:

Vodnik chiude la sua aria con un nuovo, disperato rimpianto per l’errore commesso dalla figlia, mentre il coro degli invitati canta (Květiny bílé po cestě) i suoi voti augurali per gli sposi (Lohengrin…) È una graziosa melodia in SI maggiore, al termine della quale ancora Vodnik sovrappone la sua voce - ma con lunghezze di note più ampie - a quelle del coro che riprende la melodia nuziale: è il suo accorato vaticinio (Na vodách bílý leknín sní) per la sorte che attende la figlia:

 

Un drammatico sfogo dell’orchestra introduce l’incontro del padre con la figlia che – riacquistata miracolosamente la voce - gli confessa tutta la sua delusione e l’amarezza per l’avventura umana che - purtroppo per lei, e a causa della sua natura non-umana - sta prendendo una brutta piega. Il motivo introduttivo del Preludio anticipa l'aria Ó marno, marno, marno il suo amaro sfogo, espresso con un agitato passaggio in SOL minore:

Poi, mentre si odono le salite cromatiche che ricordano l’acqua, con una straziante invocazione, implora il padre di aiutarla ad uscire da quella insopportabile situazione.

Tornano il Principe e la Principessa per la scena madre che chiude l’atto: in un melodrammatico duetto fatto di botte-e-risposte lei constata il cambiamento di atteggiamento del Principe nei suoi confronti, lui le esterna tutto il suo amore, nemmeno sa come spiegare, se non definendolo un capriccio, il suo improvviso cambio di atteggiamento nei confronti di Rusalka. A questo punto lei lo mette perfidamente alla prova con un passaggio in LA minore (Až požár můj vás popálí) che poi sfocia in un romantico e ammaliante LA maggiore (Až obejmou vás lokty slíčné):

Lui ormai ha ceduto e le dichiara di voler dimenticare Rusalka per lei, così cantano a due voci (per la prima volta) la loro passione, stringendosi in un abbraccio appassionato. Ma Rusalka irrompe sulla scena, frapponendosi tra i due; ed anche Vodnik interviene, manifestando il suo disprezzo per il Principe fedifrago, che supplica la Principessa di aiutarlo ad uscire da questo lacerante dilemma.

Per tutta risposta, la Principessa lo pianta in asso, mandandolo proprio all’inferno, giù negli abissi, insieme alla creatura dalla quale si era fatto ammaliare (V hlubinu pekla bezejmennou):

12 battute orchestrali chiudono precipitosamente l’atto, con un finale FA# all’unisono.
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L’Introduzione all’Atto terzo ci riporta alla scena con la quale l’opera si era aperta: le rive del lago, la notte incombente, l'immancabile presenza della luna. Ma accanto alle dolci sonorità della Natura compaiono passaggi assai concitati: è Rusalka, palesemente sfiorita, che non si dà pace per essersi cacciata in quest’avventura che l’ha gettata in un vicolo cieco: non può più vivere tra gli umani né tornare alla sua vita pre-umana. Lo canta con una lunga e appassionata aria In FA maggiore ma con diverse modulazioni (Mladosti své pozbavenache accosta a sua volta passaggi languidi ad altri che sottolineano il suo strazio e il desiderio di morte:

È la strega Ježibaba che, dopo averla irrisa per il fallimento della sua velleitaria iniziativa, ne raccoglie il pentimento e le promette di risolvere i suoi problemi a patto che lei uccida – le porge un coltello – quell’uomo che l’ha tradita (Lidskou krví musíš smýti, in SI minore):

È la stessa natura umana che reclama sangue! proclama la strega.

Rusalka rifiuta inorridita quell’oscena proposta, così, mentre la strega rincara la dose su di lei, liquidandola come una totale nullità e se ne torna a casa sua, lei, accompagnandosi con la languida melodia che aveva aperto il Preludio, canta la sua rassegnazione (Vyrvána životu) invocando infine su di sé anche la maledizione:

Maledizione che puntualmente le arriva dalle sorelle che intonano, dapprima a cappella, un coro (Odešla jsi do světa) apparentemente sereno:

Ma le parole delle ondine suonano come inappellabile condanna: Rusalka non potrà più trovar posto fra loro, dopo il peccato commesso con il desiderio di umanizzarsi.

Un secondo siparietto – dopo quello dell’inizio del second’atto – vede ora tornare in scena la guardia forestale e lo sguattero, piuttosto recalcitrante a sbrigare l’incarico avuto dalla badante del principe: chiedere alla strega consigli su come guarire la malattia psicologica del protetto, vittima delle arti magiche di Rusalka.

Ma mentre il ragazzo porta tutto tremante la sua ambasciata alla strega, Vodnik emerge dalle acque per difendere la figlia, vittima del tradimento del Principe, e mette in fuga lui e la guardia, mentre la strega se ne va sghignazzando selvaggiamente.

Tornano ora le tre ninfe del bosco, ciascuna vantando immodestamente le proprie prerogative di bellezza e, come all’inizio dell’opera, cominciando ad adulare Vodnik. Ma lui le ragguaglia sulla tragica vicenda di Rusalka, al che le tre fuggono spaventate e addolorate.

Siamo finalmente all’epilogo: il Principe arriva sul posto, alla ricerca spasmodica di Rusalka (Ode dne ke dni touhou štván, in FA minore, agitato):

Poi ancora, mentre l’orchestra ricrea un’atmosfera idilliaca, appassionatamente la invoca, facendo appello alle voci della foresta, fino a stramazzare esausto. E proprio allora, preceduta da dolci arpeggi e poi accompagnata dall’incantevole motivo che aveva aperto il Preludio, Rusalka gli appare dinanzi.  

Il principe la guarda stupito e interdetto, le chiede se sia viva o morta; lei gli risponde che è divenuta uno spirito maledetto, che ormai potrà solo recargli la morte (Živa ni mrtva, žena ni víla):

Lui continua a chiederle perdono per il suo comportamento e ad implorarla di tornare con lui. Con la tonalità che modula ad un dolcissimo quanto rassegnato MI maggiore, lei rimpiange i brevi momenti del loro primo incontro, ma gli conferma che ciò comporterebbe per lui la perdita della vita (Proč volal jsi mne v náruč svou):

Il canto di Rusalka si chiude sul DO# minore, enarmonicamente trasportato in REb maggiore, nella quale tonalità il Principe decide comunque di abbandonarsi al suo bacio (Líbej mne, líbej, mír mi přej):

Ancora un ultimo scambio di battute fra i due, sempre in REb maggiore: lei che rinnova l’annuncio della tragica fine per lui, che invece la invoca, pur di morire avvolto dal suo abbraccio e dai suoi baci (Všechno chci ti, všechno chci ti dát):

Una nuova enarmonia ci porta a DO# minore: è Vodnik che, dal profondo, su un motivo di marcia funebre dell’orchestra, manifesta il suo rammarico e la sua disperazione per l’irreparabilità di ciò che è accaduto.

Rusalka, prima di immergersi per l’eternità, e mentre si torna a REb, chiede misericordia a Dio per il Principe (Za tvou lásku, za tu krásu tvou):

Seguono dieci battute di Grandioso, appassionato, e infine tre sull’accordo perfetto di REb maggiore (un simbolo anche questo!) chiudono l‘opera in Adagio, pianissimo. 
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Bene, martedi 6 giugno staremo a vedere e sentire. Qualche settimana fa è comparsa sul NYT un’interessante anticipazione di questa produzione, con commenti e interviste alla Dante e al Maestro Hanus. In particolare la regista ha anticipato il suo Konzept (come dicono i crucchi) incentrato sulle tematiche di grande attualità: flussi migratori, problemi di integrazione (o di sostituzione etnica???) e fenomeni di intolleranza.

Vanessa Sannino ha da parte sua anticipato bozzetti dei costumi dei principali personaggi:

Sul fronte musicale, Hanus e Bezsmertna hanno già sufficiente esperienza di quest’opera, ergo ci dovremmo aspettare uno spettacolo di buon livello.

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