Ieri sera al
Piermarini il lutto nazionale si è chiuso giusto in tempo per garantire l’unica
recita, in forma concertante, di Carlo il Calvo di Nicola Porpora. E così scongiurare anche prevedibili
contestazioni – tipo Regio di Torino - in caso di richiesta del minuto di
raccoglimento.
Per curiosa coincidenza il soggetto dell’opera, da risibile fumettone pseudo-storico, è diventato di immanente attualità, proprio a fronte della scomparsa del tycoon: la spartizione del bottino della sua colossale eredità, politica e materiale!
Come prevedibile (e già successo a Vienna in passato) l’esecuzione senza messinscena ha consigliato/comportato un’ampia sforbiciata ai recitativi secchi: il vantaggio è ovviamente la massima concisione e la prevalenza del flusso puramente musicale; ma a scapito della piena comprensibilità della trama. Certo, chi fra gli spettatori non si è adeguatamente preparato in anticipo, ha solo potuto limitarsi a godere delle note di Porpora (cosa comunque sempre gratificante); oppure ha cercato aiuto nel testo pubblicato sul programma di sala per seguire lo sviluppo del plot, in assenza del servizio (sempre precario peraltro) legato ai piccoli display in dotazione al teatro.
E ai suoni ha provveduto l’Orchestra ellenica Armonia Atenea, guidata dal suo Direttore George Petrou, indiscusso specialista del barocco, già protagonista dell’esecuzione di Bayreuth del 2020 in forma scenica (oltre che di quella di Vienna in forma di concerto). Un ensemble ieri costituito da 12 archi principali (6-3-3) più due celli e un basso per il continuo (con fagotto) e da 6 fiati (2 oboi, 2 corni, 2 trombe) cui aggiungere timpani e cembalo. In tutto quindi 24 elementi.
Della citata esecuzione erano presenti quattro dei sette interpreti, precisamente: il controtenore Franco Fagioli (Adalgiso); il soprano Julia Lezhneva (Gildippe); il controtenore Max Emanuel Cenci (Lottario) e il soprano Suzanne Jerome (Giuditta). Ai quali si sono aggiunti qui il mezzosoprano Ambroisine Bré (Edvige); il controtenore Dennis Orellana (Berardo); e il tenore Stefan Bonnick (Asprando).
Atto I, scena 9, Giuditta, Pensa, che figlia sei;
Atto II, scena 1, Gildippe, Se veder potessi il core;
Atto II, scena 4, Asprando, Temer della sorte;
Atto III, scena 1, Edvige, Quello che sente il cuore;
Atto III, scena 7, Giuditta, Quel che miri, o figlio;
Atto III, scena 8, Adalgiso, Con placido contento.
Atto II, scena 9, Gildippe, Amore è un certo foco.
Atto II, scena 13, Lottario, Se tu la reggi al volo (da Ezio);
Atto III, scena ultima, Gildippe, Come nave in mezzo all’onde (da Siface).
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Interpreti tutti all’altezza, con punte di diamante la Gildippe di Julia Lezhneva e l’Adalgiso di Franco Fagioli, davvero strepitosi (mirabile il loro duetto del terz’atto, un autentico tesoro musicale). Ma sugli scudi anche il Lottario di Max Emanuel Cenci e tutti gli altri interpreti, sempre accolti da regolari applausi a scena aperta al temine di ciascuna aria.
Alla fine, molti minuti di applausi all’intera compagnia (cui si è mescolato inizialmente un isolato quanto ingiustificato dissenso dalla seconda galleria, o ho sentito male?) a testimonianza dell’interesse e del gradimento suscitati da questa coraggiosa proposta del Teatro.
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