Lo stato
della pianura attorno a Ravenna è ancora ben lontano dalla normalità, mentre la
politica litiga su chi debba occuparsi del problema… (se no, che
italiani saremmo?)
Il Ravenna Festival sfida tutte le
disgrazie e stoicamente procede nella sua programmazione. Ieri sera l’Orchestra
Cherubini (del Maeschstre co-padrone di casa) ha tenuto un
gran bel concerto, sotto la direzione del 49enne Julian Rachlin (austriaco
di origini lituane, che alterna la bacchetta con gli archetti di violino e
viola) e con la partecipazione di Yefim Bronfman, 65enne pianista uzbeko-israeliano-statunitense.
PalaDeAndré purtroppo occupato per non
più di due terzi dei posti, già in partenza fortemente ridotti rispetto alla
capienza nominale…
Programma aperto da Rimski-Korsakov,
con il suo breve Preludio dell’opera (del 1905) che narra della leggendaria Kitež, la città
invisibile. La
versione da concerto è un poco allungata rispetto a quella che apre l’opera: sono
comunque poco più di 4 minuti (101 battute) di musica evocante il mistero della
nebbia dorata che avvolge, rendendola invisibile e poi improvvisamente mostrandola
agli occhi spaventati degli invasori tatari, la città divenuta simbolo della
resistenza russa ai nemici orientali.
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Ecco poi Bronfman proporci quello che da
molti è considerato (Imperatore permettendo) il più prezioso dei 5
concerti pianistici di Beethoven: il Quarto, in SOL
maggiore. Lui passa per essere un demolitore di
tastiere, perchè si dice usi il pianoforte come percussione… ma con
questo Beethoven quasi dimesso e introverso ha mostrato quanto sia capace di
leggerezza e trasparenza di suono, calcando un po’ la mano solo nella cadenza
dell’Allegro moderato. Rachlin lo ha ben supportato, salvo qualche sporadico
eccesso di volume, che si può perdonare, dato l’ambiente non proprio da auditorium
del PalaDeAndré.
Poi Bronfman, acclamato dal pubblico, ha
però tirato fuori le unghie con due bis garibaldini (qui siamo in zona…):
il Rachmaninov dell’Op.23 n°5 e il rivoluzionario Chopin dello Studio
n°12 Op.10.
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La serata si è chiusa sontuosamente con la
tremenda (dal punto di vista di chi la deve suonare…) Quarta Sinfonia
di Ciajkovski. Rachlin è da elogiare anche solo per
aver diretto con la partitura appoggiata… nella sua memoria, il che testimonia
della cura che le ha riservato.
La Cherubini dal canto suo ha mostrato
di non temere prove impegnative come questa: qualche pecca, soprattutto in alcuni
non perfetti impasti di suono fra le sezioni, nulla toglie ai meriti di questi
ragazzi, accolti con grande calore dal loro pubblico di casa.
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