Altra puntata del mio personale programma al ROF-2011, con La scala di seta, in un Teatro Rossini ancora affollatissimo.
Questa farsa del Rossini giovane (20 anni o giù di lì) è un'altra delle sue opere che hanno avuto fortune non proprio luminose. A parte la pregevole e popolare Sinfonia, eseguita spesso come antipasto di concerti o incisa per qualche antologia, pochissime sono le rappresentazioni complete. Invece è il titolo più presente nelle 32 edizioni del ROF: fu messa in scena per la prima volta nel 1988 (con la coppia Serra-Bartoli) poi ancora con lo stesso allestimento (Scaparro) e diverso cast nel 1990. Fu eseguita nel 1992 in forma di concerto, poi nuova produzione nel 2000 (De Filippo) prima di quella attuale di Michieletto, presentata nel 2009.
Il soggetto – assai vicino a quello del Matrimonio segreto di Cimarosa – è la classica commedia degli equivoci e dei sotterfugi, con gente che si nasconde in gabinetti, che scala balconi, che spia ed è spiata, che prende fischi-per-fiaschi, e così via parodiando. Immancabile il lieto fine, dopo la classica scena-madre (un gran concertato) dove tutti gli equivoci vengono spiegati, dove quasi tutti i personaggi hanno il loro contentino, salvo il beota di turno che fa soltanto la figura del pirla, per far divertire gli spettatori.
Consta di otto cosiddetti numeri, precisamente quattro arie (di altrettanti protagonisti principali: tenore, mezzosoprano, soprano e buffo) più un terzetto, un duetto, un quartetto e il concertato finale. In questa edizione ROF viene aggiunta una quinta aria (Alle voci dell'amore) per il protagonista basso, portata di peso dentro l'opera dall'esterno (si tratta di un'aria da concerto di Rossini, dal titolo originale Alle voci della gloria). La motivazione di tale scelta (ciò si faceva normalmente ai tempi di Rossini) esposta da Alberto Zedda sul programma di sala è come minimo singolare, per non dir di peggio; poiché starebbe benissimo in bocca ad un sovrintendente - che deve preoccuparsi della cassetta e dei buoni rapporti con un tal cantante – mentre stona assai in bocca all'editore-critico-principe del ROF! Al quale si potrebbe allora obiettare che l'aria (Qual tenero diletto, da L'inganno felice) fatta cantare al secondo tenore del cast in questa simpatica produzione svizzera sia anche meglio, come musica e come effetto teatrale…
Ad ogni buon conto quella che si ascolta è musica sopraffina, dalla spigliata Introduzione in FA maggiore, fino al bellissimo finale, che si apre con un Andante, misterioso, ma sognante, in RE maggiore, perfettamente attagliato allo scenario notturno. Sempre nel finale, prima che Blansac canti il suo È mezzanotte, troviamo un singolare imprestito: udiamo infatti dal flauto una deliziosa introduzione in SIb (Andantino in 2/4) che è copiata pari-pari da una composizione del Rossini dodicenne (!): precisamente dal terzo movimento della Sonata a quattro, n°3 (Moderato, 2/4 DO maggiore) del 1804.
Quanto agli interpreti, ottima prova della piccola Orchestra Rossini, ben guidata dal corpulento Josè Miguel Pérez-Sierra.
Sul fronte del canto, discreta prestazione di tutti, chi più chi meno in difficoltà nelle parti più virtuosistiche: Hila Baggio (Giulia) con qualche urletto di troppo (ma bene negli acuti spiegati) Paolo Bordogna (Germano) con qualche problema di intonazione sulle note alte e Juan Francisco Gatell (Dorvil) non sempre pulito.
Simone Alberghini ottimo per presenza scenica, appena discreto sul lato canto: nell'aria posticcia ha fatto più il guitto che non il basso.
Chi forse se l'è cavata meglio è stata Josè Maria Lo Monaco (Lucilla) che ha mostrato sicurezza e bella espressione.
John Zuckerman ha degnamente impersonato l'ingenuo Dormont.
Alla fine grande successo per tutti, e per Bordogna in particolare.
La regìa di Damiano Michieletto, in una scena tutta aperta, coglie alla perfezione lo spirito dell'opera. Gli perdoneremo qualche sconfinamento nell'avanspettacolo, ma evidentemente il regista, con le farse, si trova perfettamente a suo agio (smile!)
Fuori, Pesaro è ancora in pieno clima ferragostano, strade, bar e ristoranti ricolmi di gente, la sfera sventrata di Pomodoro in Piazza della Libertà circondata da frotte di ragazzini e la luna, ancora bassa sull'orizzonte, ad est, che stende sul mare appena increspato la sua particolare scala di seta.
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