Ieri al Regio-Torino quinta delle nove recite di un dittico abbastanza insolito: al dramma verista mascagnano viene
infatti affiancato il balletto (precisamente: commedia coreografica) La giara
di Alfredo Casella. Effettivamente un
punto di contatto fra le due opere esiste (meglio dire: esisterebbe, a fronte
di ciò che si vede a Torino): la Sicilia, dalla quale provengono i due autori
delle opere letterarie ispiratrici, e della quale si mettono in scena -
magari inventandoli - alcuni tratti naturalistici ed antropologici.
Il soggetto della Giara è tratto dalla
famosa novella di Luigi Pirandello,
che narra la bizzarra vicenda di Zì Dima,
un anziano artigiano esperto in riparazioni di giare e oggetti consimili,
chiamato ad aggiustarne una di dimensioni enormi a casa del ricco possidente Don Lolò. Lui per sistemarla come nuova
vi si introduce all’interno, e così ne rimane fatalmente imprigionato. Dopo un
braccio di ferro con Lolò che pretenderebbe il pagamento della giara in cambio
della sua liberazione, la storia si conclude con lo scorno del padrone di casa
e il trionfo dell’artigiano.
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I - a)
Preludio b) Danza siciliana
Preludio
(28”)
Andantino dolce, quasi pastorale
(1’53”)
Un poco più lento, quasi adagio
(3’02”)
Allegro grottesco ed animato (Zi’ Dima
passa al procenio e scompare)
(3’20”)
Tempo primo
Chiòvu (Chiodo, danza popolare siciliana)
(5’00”) Allegro vivace (Scena:
aia siciliana;
entrano i contadini)
Danza
generale
(5’40”) Allegro vivace
(6’19”) Lontano - Avvicinandosi - Brillante e giocoso
(7’17”) Sempre più forte, ma senza affrettare - Con tutta la
forza - Calmato
(8’20”) Lontano - Avvicinandosi - Giocoso
(8’55”) Sempre più brillante e fortissimo - Stringendo
(9’33”) Vivace (Irrompono
tre ragazze spaurite)
(9’50”) Grave, funebre (La
grande giara spaccata; tutti piangono; strazio generale)
(10’51”) Vivace (Un
contadino chiama tre volte Don Lolò)
(11’16”) Allegro drammatico (Don Lolò appare e scende; scena di furore; finimondo; contadini
atterriti)
(12’50”) Poco a poco stringendo (Entra Nela)
(13’17”) Vivace grazioso (Nela riesce a placare le ire del genitore)
(14’13”) Allegro vivace e grottesco (Entra Zi’ Dima; i contadini lo accolgono come a una messa)
(14’32”) Allegro vivace e rustico (Tutti
lo circondano e gli raccontano il fatto; lo conducono davanti alla giara)
(15’21”) Lento (Zi’ Dima
esamina la giara; silenzio religioso)
(15’38”) Di nuovo animando (Zi’
Dima annuncia che riparerà la giara; “Evviva Zi’ Dima”)
(15’53”) Stringendo (Don
Lolò si spazientisce e scaccia i paesani; tutti fuggono; Don Lolò esce con Nela)
(16’22”) Andante moderato (Zi’
Dima prepara la riparazione; si fa notte; fora i pezzi col trapano)
(17’16”) Vivace (Le tre
ragazze spiano Zi’ Dima)
(17’40”) Andante moderato (Zi’
Dima riprende il lavoro)
(17’56”) Vivace (Le tre
ragazze riappaiono; Zi’ Dima non le vede)
(18’13”) Andante moderato (Zi’
Dima riprende ancora il lavoro)
(18’30”) Allegro animato (Rientrano
giocosamente i contadini)
(18’52”) Stringendo (Zi’
Dima viene introdotto nella giara, poi chiusa con lembo rotto)
(19’07”) Lento molto e misterioso (La giara sembra nuova; i contadini sono ammirati)
(19’32”) Pesante ed allegro (I contadini cercano si estrarre Zi’ Dima, ma la cosa non va)
(19’42”) Agitato (Zi’
Dima urla; nuovi tentativi dei contadini; nuove urla del vecchio; sforzi eroici)
(20’01”) Allegro vivacissimo (Arriva Don Lolò stravolto e fa ruzzolare a terra i salvatori; disputa
violentissima fra padrone e contadini)
(20’24”) Alla breve, stringendo (I contadini vogliono spaccare la giara per liberare Zi’ Dima; Don Lolò
non lo permette: prima Zi’ Dima deve pagare il danno; baruffa generale)
(20’47”) Prestissimo (Don
Lolò, dispersi i contadini, risale in casa)
II - a) “La storia della fanciulla rapita dai pirati”
b) Danza di Nela c) Entrata dei contadini d) Brindisi dei contadini e) Danza
generale f) Finale
(21’08”) Allegro animato (Un
contadino torna, accende la pipa a Zi’ Dima e lo tranquillizza)
(21’22”) Lento, calmissimo (Notte;
chiaro di luna; calma; dalla giara escono le volute di fumo della pipa)
(21’55”) “La storia della fanciulla rapita dai pirati” (Dal fondo della campagna s’innalza un canto
popolare) (testo di Alberto Favara,
25 battute musicali in FA#
maggiore cantate dal tenore)
(24’00”) Vivacissimo e leggero (Nela scende dalla casa; danza attorno alla giara; chiama i contadini)
(24’00”) Vivacissimo e leggero (Nela scende dalla casa; danza attorno alla giara; chiama i contadini)
(25’29”) Allargando (Entrano
tutti i contadini festosamente)
(25’35”) Pesante (Viene
portato da bere)
(25’55”) Allegro deciso (Brindisi
dei contadini che acclamano Zi’ Dima)
Danza
generale
(26’39”) Allegro rude e selvaggio (I contadini ebbri danzano intorno alla giara)
(29’57”) Orgiastico e brutale (Don Lolò, destato dal baccano, si affaccia e vede la scena)
(30’14”) Allegro vivacissimo (Don Lolò scende come toro infuriato; spavento generale)
(30’26”) In due (Don Lolò
abbranca la giara e la fa ruzzolare giù dall’altura; terrore dei contadini che
si precipitano in soccorso di Zi’ Dima)
(30’47”) Allegretto molto moderato e rustico (Rientrano i contadini, innalzando in trionfo
Zi’ Dima liberato)
Finale
(31’51”) Prestissimo (Don
Lolò, disperato, è fuggito; Nela guida la danza generale)
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Non ci
vuol molto a concludere che quest’opera si basi su tre pilastri strutturali,
già sospettabili nel genere
attribuitole dall’Autore: commedia
coreografica. Che comporta quindi il carattere di commedia, cioè di soggetto letterario, con tanto di trama,
personaggi e azioni; e comporta caratteri di coreografia, sostanzialmente di danza
e di pantomimica. Ebbene, l’ineffabile
regista-coreografo siciliano (si noti!) Roberto
Zappalà cosa ti combina? Tiene buona solo la danza e butta nel cesso la
commedia e la pantomimica! E per raggiungere questo mirabile risultato si serve pure di un Dramaturg (Nello Calabrò). Apperò, complimenti! Il suo balletto poteva e potrebbe benissimo
essere indifferentemente appiccicato alla musica di Petruška o del Faune... Perchè
scovarci tracce di giare, di Don Lolò, di Nela e di... Sicilia è impresa proprio disperata. Ecco perchè alcuni sparuti ma sonorissimi buh piovuti dall’anfiteatro all’abbasarsi del sipario non mi son
parsi per nulla immeritati. Insomma, una Giara
davvero fatta a pezzi! Peccato
per i tanti bambini che i genitori avevano magari portato a teatro proprio perchè
vedessero rappresentata quella storia imparata a scuola...
Battistoni (si dà sempre pose che finiscono per renderlo antipatico) ha diretto però con apprezzabile cura questa partitura in cui risuonano, oltre ad atmosfere sicule, anche accenti (vecchi di 10 anni almeno) stravinskiani. Marco Berti da lontano ha efficacemente cantato la canzoncina riservata al tenore.
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Ecco poi la sempreverde Cavalleria. Qui le cose sono andate decisamente meglio, in quanto abbiamo appunto visto Cavalleria e non, che so... Pagliacci!!! Merito di Gabriele Lavia (che i Pagliacci proprio qui li ha già fatti, e ben... distinguibili!) Approccio assolutamente rigoroso (i soliti schizzinosi lo definiranno... soporoso, ma peggio per loro) con la Sicilia (magari non proprio quella di Vizzini, come ammette lo stesso regista) ben rappresentata dalavia lava solida (nera come la tragedia) e...
liquida (rossa come il vino e il sangue che scorrono a fiotti). Movimenti di
masse ben gestiti; moderato ricorso a stereotipi stantii (una Madonna e un
Cristo, nulla più); e grande cura della recitazione per i protagonisti. Insomma,
uno spettacolo assolutamente dignitoso e (parlo per me) del tutto soddisfacente.
Vicissitudini di ogni tipo hanno fatto sì che il cast, rispetto alle originali scritture, sia stato quasi rivoluzionato: niente Danielona Barcellona per Santuzza (le è subentrata Sonia Ganassi) e niente Carlo Ventre per Turiddu (reincarnatosi in Marco Berti). Poi anche Marco Vratogna si è dato malato (tornerà forse per due appuntamenti) e quindi lo stoico Gëzim Myshketa si è dovuto sobbarcare finora tutte le recite come Alfio.
Devo dire che tutti tre i protagonisti se la sono cavata più che discretamente, così come la Lola di Clarissa Leonardi e la comprimaria Lucia di Michela Bregantin. Onorevole la prestazione del Coro di Andrea Secchi.
Battistoni ha diretto con sufficiente sensibilità e attenzione ai particolari, strappando applausi per sè e per l’Orchestra dopo il celebre Intermezzo.
Battistoni (si dà sempre pose che finiscono per renderlo antipatico) ha diretto però con apprezzabile cura questa partitura in cui risuonano, oltre ad atmosfere sicule, anche accenti (vecchi di 10 anni almeno) stravinskiani. Marco Berti da lontano ha efficacemente cantato la canzoncina riservata al tenore.
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Ecco poi la sempreverde Cavalleria. Qui le cose sono andate decisamente meglio, in quanto abbiamo appunto visto Cavalleria e non, che so... Pagliacci!!! Merito di Gabriele Lavia (che i Pagliacci proprio qui li ha già fatti, e ben... distinguibili!) Approccio assolutamente rigoroso (i soliti schizzinosi lo definiranno... soporoso, ma peggio per loro) con la Sicilia (magari non proprio quella di Vizzini, come ammette lo stesso regista) ben rappresentata da
Vicissitudini di ogni tipo hanno fatto sì che il cast, rispetto alle originali scritture, sia stato quasi rivoluzionato: niente Danielona Barcellona per Santuzza (le è subentrata Sonia Ganassi) e niente Carlo Ventre per Turiddu (reincarnatosi in Marco Berti). Poi anche Marco Vratogna si è dato malato (tornerà forse per due appuntamenti) e quindi lo stoico Gëzim Myshketa si è dovuto sobbarcare finora tutte le recite come Alfio.
Devo dire che tutti tre i protagonisti se la sono cavata più che discretamente, così come la Lola di Clarissa Leonardi e la comprimaria Lucia di Michela Bregantin. Onorevole la prestazione del Coro di Andrea Secchi.
Battistoni ha diretto con sufficiente sensibilità e attenzione ai particolari, strappando applausi per sè e per l’Orchestra dopo il celebre Intermezzo.
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Teatro non al completo, ma prodigo di consensi per tutti.
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