Il monumentale PalaDeAndré di Ravenna - letteralmente preso d’assalto! - ha
ospitato ier sera il concerto
inaugurale di Ravenna-Festival-2019,
protagonisti il consorte della padrona di casa Riccardo Muti ed un ospite davvero d’eccezione, Maurizio Pollini.
I due, che si ritrovavano insieme dal
2013 (Chicago) hanno dato vita alla prima parte del concerto, occupata da due
opere del Mozart quasi trentenne, che stava entrando nel pieno della sua grande
stagione viennese. Il K449, in MIb maggiore, del 1784; e
l’ancor più celebre K466, in RE minore, del 1785. Due concerti assai diversi per
impostazione e contenuti: il primo forse ancora legato alla tradizione più
consolidata; il secondo decisamente innovativo e proiettato verso il
romanticismo.
Non ci sono parole per esprimere la
meraviglia, prima ancora dell’emozione, che si prova di fronte a Pollini, questo
ometto 77enne che suona per quasi un’ora filata come avesse 20 anni. Con la stessa passione e con lo stesso cipiglio che mostrava quasi 40 anni fa in
queste due indimenticabili esecuzioni (K449 e K466)
insieme ai Wiener Philharmoniker. Un
musicista, un sommo artista, ma prima ancora un Uomo, un esempio per tutti noi del quale non possiamo che essergli
eternamente grati.
Gratitudine rappresentata simbolicamente
dal premio alla carriera che la maitresse
del Ravenna-Festival, Cristina Mazzavillani
Muti, ha consegnato a Pollini al termine di questa sua straordinaria performance.
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La
serata siè conclusa con Mendelssohn e
la sua Ouverture da Concerto Meeresstille und glückliche
Fahrt (Calma di mare e viaggio felice) che in
origine avrebbe dovuto aprire il concerto. Musica quanto mai appropriata alle
circostanze: il mare qui di casa, spesso così piattamente calmo al
mattino, prima dell’arrivo delle forti brezze da sud-est che lo sferzano fino a
sera; e il mare più lontano, ma pur sempre nostrum, protagonista suo
malgrado di viaggi tutt’altro che felici. E poi (in sostituzione dell’inizialmente
programmata Isola dei morti) un brano
pieno di... vita, il Bolerodiravel!
La rinnovata Orchestra Cherubini per tutta la serata ha risposto assai bene alle sollecitazioni del suo fondatore (che ha qualche mese più di Pollini, ma sembra parecchio più giovane...) mostrando bella trasparenza di suono e - nel brano conclusivo - grande affiatamento fra le diverse sezioni chiamate a disegnare questo instancabile crescendo raveliano.
Serata - almeno per la prima parte - da collocare
nell’ideale cassetto delle più preziose reliquie.
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